La corsa all’oro di questo 2020 è senz’altro quella in atto, in tutto il mondo, per arrivare al vaccino per il nuovo coronavirus. Arrivarci innanzitutto, risultato per nulla scontato, e prima degli altri, in un gioco globale in cui anche le epidemie diventano un’arma da usare contro gli avversari. Basti pensare a Trump, che nel disperato tentativo di raggiungere il secondo mandato presidenziale, qualche giorno fa ha dichiarato che il vaccino sarà pronto in “3 o 4 settimane”, o alla corsa al brevetto di Putin della fine di agosto. Affermazioni che sono lontanissime dai tempi e dalle verifiche necessarie per la sicurezza di un vaccino prima di essere messo in commercio. Secondo una nota dell’Iss, sono 58 gli studi in corso sui vaccini anti Covid-19 nel mondo, di cui solo 7 arrivati alla fase 3, mentre in Italia sono 63 gli studi interventistici (45 autorizzati dall’Aifa), di cui il 92% con uno scopo terapeutico e l’8% con uno scopo preventivo. Tra questi, compare lo studio del vaccino italiano GRAd-COV2, che sarà pronto in primavera, “se tutto andrà bene”, secondo il direttore sanitario dell’istituto Spallanzani di Roma, che porta avanti la ricerca. Sarà un vaccino per tutti, a detta del presidente della Regione Zingaretti, ovvero non sarà soggetto alle logiche di mercato e alla vendita dei brevetti farmaceutici al miglior offerente, bensì alle necessità sanitarie del Paese.
Mentre la corsa al vaccino prosegue, non è affatto scontata la fiducia dei cittadini nella soluzione proposta da questi ultimi. Le diffuse teorie complottistiche di questi anni hanno alimentato la sfiducia nei vaccini, le stesse teorie che oggi si presentano in tutta la loro pericolosità sociale. Secondo un sondaggio di Bospar di qualche mese fa, se anche fosse disponibile un vaccino contro il coronavirus, un terzo degli americani (il 39,7%) non lo farebbe. Tra i meno inclini a vaccinarsi, gli intervistati tra 18 e 24 anni: in questa fascia di età solo il 57,8% si è dichiarato pronto a farsi il vaccino. E ciò accadeva a maggio, mentre il coronavirus negli Stati Uniti uccideva anche 2 mila persone in 24 ore, secondo le rilevazioni della Johns Hopkins University.
Anche in Italia la corrente antivax è storia vecchia, che risale a prima del 2015, anno in cui il Ministero della Salute pubblicava i dati sulle coperture vaccinali dei bambini a 24 mesi di età, dai quali emerse che i bambini vaccinati per poliomielite, tetano, difterite ed epatite B erano scesi sotto al 95%, ovvero al valore minimo previsto dall’obiettivo del piano nazionale di prevenzione (Pnpv).
Com’è la situazione oggi? Al di là delle manifestazioni negazioniste e complottiste di un manipolo di partecipanti che si dichiara contrario alle misure anticovid e ai vaccini, a livello nazionale si registra un fenomeno di fiducia selettiva.
L’istituto Eurispes ha fotografato una situazione di grande scetticismo nel Rapporto Italia 2017: qui i vaccini antinfluenzali raccolgono la fiducia del 57,8% degli italiani, a fronte di un 42,2% di non fiduciosi. Sono gli anziani i più fiduciosi nei vaccini antinfluenzali (68,7%), mentre gli intervistati tra i 25 e i 34 anni si dichiarano i più scettici (46,4%). Lo studio Eurispes denuncia una situazione diversa tra vaccini influenzali e pediatrici: il numero di quanti si fidano dei vaccini dell’infanzia è superiore a quanto rilevato per gli influenzali, arrivando al 73,9% di consensi (contro il 26,1% di non fiduciosi). Per i vaccini pediatrici sembra più diffusa la consapevolezza dei rischi che la mancata vaccinazione comporterebbe per i più piccoli, ma lascia comunque perplessi la non trascurabile percentuale di coloro che, a dispetto di quanto ribadito dalla comunità scientifica, negano l’importanza dei vaccini. Anche rispetto ai vaccini pediatrici la fiducia è direttamente proporzionale all’età degli intervistati, passando dal complessivo 67,7% dei giovanissimi (con un 32,3% di non fiduciosi) al 76,4% degli anziani (gli scettici sono il 23,6%).
Un altro studio della Commissione Europea State of vaccine confidence in the Eu 2018 rivela che in Italia la fiducia nei confronti delle vaccinazioni è molto alta: il 91,6% di coloro che si sono sottoposti allo studio (e il 93% dei medici di famiglia) sostiene infatti l’importanza per i bambini di essere vaccinati; il 90% promuove l’efficacia dei vaccini; l’85,3% appoggia la sicurezza dei vaccini; l’80,6% (e il 96,5% di media dei medici di base) dichiara che è importante che i bambini facciano il vaccino Mmr (morbillo, parotite, rosolia) e afferma che il vaccino è sicuro. Dati incoraggianti, sebbene la soglia raccomandata dall’Oms sia del 95% per limitare la circolazione di virus e batteri nella collettività e ottenere anche la cosiddetta immunità di gregge: infatti, se almeno il 95% della popolazione è vaccinata, si proteggono indirettamente anche coloro che, per motivi di salute, non è stato possibile sottoporre alla vaccinazione. Sulla sicurezza del vaccino antinfluenzale, invece, i dati cambiano in maniera significativa, confermando quanto emerso dallo studio del 2017 condotto da Eurispes: il 72% del campione si esprime in maniera favorevole (contro il 96% dei medici di famiglia), mentre sulla sua importanza concorda solo il 67,5% della popolazione, segno di una sfiducia ancora abbastanza diffusa tra gli utenti.
I dati non sono incoraggianti, se consideriamo che il vaccino antinfluenzale, secondo la comunità scientifica, è uno strumento fondamentale per affrontare i prossimi mesi, in quanto sarà decisivo per distinguere subito i sintomi del coronavirus da quelli di una normale influenza. A questo scopo, il vaccino antinfluenzale è fortemente consigliato questo autunno, mentre nella Regione Lazio un’ordinanza la rende obbligatoria per tutti i cittadini over 65 anni e tutto il personale sanitario della Regione. Quanti italiani accoglieranno l’invito a vaccinarsi per facilitare le diagnosi da coronavirus? A breve vedremo chi vincerà il derby tra scienza e scetticismo.