“Ponti, non muri sulle migrazioni”. Esperti italiani e russi a confronto

Migranti e immigrazione: è la carica dei 27. Tanti gli esperti accorsi all’appello dell’Università Mercatorum, dell’Eurispes, della Fondazione Anna Lindh, di Rete italiana Dialogo Euromediterraneo e di Russkiy Mir Foundation, per costruire un “Dialogo permanente sulle immigrazioni”. Un confronto internazionale dal quale non è emersa un’identità di vedute, ma la volontà di andare avanti, per affrontare la grande sfida del nostro tempo. C’è Giovanni Cannata, Magnifico Rettore dell’Università telematica, Marco Ricceri, segretario generale dell’Eurispes, Alexey A.Gromyko, direttore dell’Istituto per l’Europa dell’Accademia delle Scienze di Russia, Tullio Del Sette, che presiede l’Osservatorio Eurispes sulla Sicurezza. Ed etnologi, prefetti, economisti, analisti, rappresentanti sindacali.
È Giovanni Cannata che fa gli onori di casa illustrando alcune slides sull’immigrazione in Italia, la quale ha già una lunga vita se è vero che, dal 2010 al 2016, quasi 800mila stranieri hanno ottenuto la cittadinanza italiana, secondo i dati dell’Istituto di ricerche Idos. Parla dei rifugiati il Rettore, poco meno di 3 milioni in Europa e 247mila in Italia, un dato piuttosto contenuto rispetto al totale della popolazione: lo 0,4 per cento. E, della distribuzione percentuale degli immigrati regolari: la gran parte, ovvero il 66,4 per cento, lavora nel terziario, e, in particolare, il 23 per cento nei servizi alle famiglie. La maggioranza degli stranieri ha, inoltre, un titolo di studio più elevato, rispetto alle mansioni che ricopre. «Vi è una paura degli immigrati ˈa breveˈ, mentre manca una riflessione sul loro impatto a lungo termine – sottolinea Cannata –. L’Italia è un cantiere in ritardo. Per il futuro è necessario un controllo dei flussi, ma realizzando ponti, piuttosto che erigendo muri».
Marco Ricceri parla di “un fenomeno strutturale destinato a crescere”. Spiega così il segretario generale dell’Eurispes: «L’andamento demografico è calante, l’Unione europea ha bisogno di immigrati». La percezione della loro presenza è, però, ben superiore alla realtà e, in Italia, le maggiori tensioni sono nelle periferie: «Sono vissute, dunque, dai cittadini meno abbienti». Gromyko inizia ricordando che Ricceri è “dottore onorario” dell’Istituto che egli presiede, e l’Eurispes il suo primo partner italiano, e poi entra nel vivo del confronto: «Non muri, non barriere: dobbiamo attuare strategie di collaborazione sulle migrazioni. Risolviamo il problema, senza nasconderlo sotto il tappeto».
Ricorda che ben 50 milioni di russi sono emigrati, e che quindi il suo Paese conosce bene il problema. Quanto agli sbarchi, il flusso verso l’Italia si è ridotto di sei volte negli ultimi due anni, e oggi è la Spagna, con il 44 per cento, che ne detiene il primato. Cita poi il caso della nave Acquarius, e critica il progetto francese (condiviso dall’Italia) di spostarsi in Libia per analizzare direttamente lì la domanda di asilo politico. «Non è una prospettiva attuale – sostiene Gromyko, che qualcuno vuole come prossimo ministro in Russia –, in Libia è difficile creare filtri e selezionare immigrati. Anzi è impossibile, per ovvi motivi». Il problema dei rifugiati, secondo il nipote del famoso uomo politico dell’Unione sovietica, è più grave in Paesi come il Bangladesh, che da solo ne accoglie un milione, non nel nostro continente. È necessaria un’integrazione inter-etnica – osserva – ed elogia l’accordo Onu che in dicembre si siglerà a Marrakech, per la creazione di una strategia comune sull’immigrazione, accordo dal quale però si sono sfilati Usa, Australia e Ungheria.
Poi la parola passa al Generale Del Sette, che per un triennio ha guidato l’Arma dei Carabinieri. Ricorda la fuga di cervelli che l’Italia sta subendo, mentre l’immigrazione aumenta: «Su questo fenomeno c’è molta attenzione, ma anche preoccupazione. Si stimano mezzo milione di immigrati irregolari, e mentre tutti i reati subiscono una forte riduzione, lo stesso non si può dire per quelli commessi da stranieri; che siano predatori, o avvengano nel settore degli stupefacenti o, ancora, dello sfruttamento della prostituzione». Ricorda il boom degli sbarchi seguito alla crisi libica del 2011, creata allora dall’intervento della Francia e degli Usa, con una riluttante Italia, e accusa l’Unione europea di tergiversare rispetto alle richieste italiane. Elogia il Governo Gentiloni-Minniti, «che è riuscito finalmente a frenare il flusso dei barconi della morte» e le azioni dell’attuale esecutivo, il cui decreto legge, approvato il 24 settembre, «porterà una significativa stretta».

Vladimir Zorin, vicedirettore dell’Istituto di Etnologia e Antropologia dell’Accademia delle Scienze di Russia, ha ricordato che il suo Paese è il terzo al mondo, dopo Stati Uniti e Germania, per accoglienza di migranti, anche se la riduzione della crescita e la svalutazione del rublo hanno reso la Russia meno attrattiva a partire dal 2012. Sono però aumentate le migrazioni interne: del 10 per cento nel 2017. E sono diminuiti, del 7 per cento, i reati. Zorin ha sottolineato che in Russia vivono 192 etnie e che in Crimea, da mille anni, si è stabilizzata una comunità italiana.
Il tema del terrorismo è stato toccato da Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali Cesi, che ha smentito la diceria secondo cui i militanti dell’Isis arriverebbero via mare. «Vorrei che le organizzazioni terroristiche fossero create da fessi, che mettono una loro risorsa su una barca, col rischio che due ondate se la portino via. Non è così – ha spiegato –, l’80 per cento dei giovani che hanno commesso atti di terrorismo nei territori dell’Unione, non sono arrivati l’altro ieri, ma sono figli e nipoti di cittadini comunitari». Vivono spesso in periferie degradate, le loro famiglie hanno problemi di lavoro, e loro stessi hanno commesso piccoli crimini nell’adolescenza. È l’integrazione che non ha funzionato. Il fatto di essere presi in giro per la loro religione, può portarli in rete e far sì che vengano adescati dallo Stato islamico.
Il prefetto Alessandra Guidi, che coordina la Programmazione della sicurezza per il Ministero dell’Interno, ha auspicato una programmazione dei flussi su scala europea e non è sembrata molto favorevole all’abolizione della “protezione umanitaria”, che consentiva a molte persone di essere impegnate in attività lavorative. «Bisogna dare la possibilità a questi migranti di essere impegnati in lavori flessibili». Ha riportato poi il caso di un centro toscano dove il rifiuto ad accogliere una ventina di migranti ha portato alla chiusura di una scuola per mancanza di alunni.
Lo spunto è stato raccolto dall’economista Nicola Cacace, che ha ricordato l’assurdo dell’isola di Ventotene, dove la scuola media è stata chiusa perché gli abitanti hanno respinto la proposta del sindaco di far arrivare alcune famiglie immigrate. Vi sono ancora da vincere forti pregiudizi, lanciati dalla politica populista, amplificati dalla Rete e non contrastati dai media. La denatalità è il vero problema italiano, ha detto il professore, la quale impedisce la crescita «perché il Pil è fatto all’80 per cento di consumi e al 20 per cento di investimenti, e i consumi degli ultracinquantenni e dei sessantenni sono più bassi». Necessario dunque l’apporto degli immigrati, più giovani e più prolifici, per cercare di dare slancio ad un Paese, il nostro, che risulta essere il più vecchio del mondo assieme al Giappone.
L’obiettivo di colpire i trafficanti di esseri umani che organizzano i viaggi è stato messo al centro da Umberto Triulzi, professore del Dipartimento di Scienze economiche e sociali della Sapienza. «In Italia c’è un vuoto normativo, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è una norma troppo fiacca e va rinvigorita. Ma i trafficanti non vengono in barca. E allora bisogna rinforzare la Convenzione di Palermo contro la criminalità organizzata transnazionale».

Una prospettiva diversa è stata offerta dai sindacati. Se è vero che gli immigrati, nella maggioranza “economici” e non richiedenti asilo, arrivano oggi con i barconi, ciò avviene perché non esistono sistemi legali per entrare nel nostro Paese. Lo hanno spiegato Kurosh Danesh, responsabile dell’Ufficio per le politiche dell’immigrazione della Cgil e Liliana Ocmin, che guida lo stesso ufficio per la Cisl, ed è responsabile anche del coordinamento donne. «È da più di sei anni che non si fa un decreto flussi per lavoro dipendente» ha ricordato la Ocmin che vorrebbe colpire anche la tratta delle donne, e spesso ragazzine, costrette a prostituirsi: «Vi sono 9 milioni di clienti in Italia: perché non vengono multati, come si fa nei Paesi nordici?»

Danesh è partito dal diritto di migrare, in un mondo in cui esiste la libertà di circolazione per merci e capitali. Dobbiamo sostenerlo, se vogliamo uno sviluppo più sano e più sicuro. «Riguardo al lavoro, la lotta cui assistiamo in Italia tra penultimo e ultimo, il migrante appunto, porta solo l’acqua al mulino di chi sfrutta tutti e due». Anche il rappresentante della Cgil ha sottolineato che dal 2012, ormai, sono chiusi i flussi legali.

Ugo Melchionda, esperto dell’Ocse, della rete internazionale “Religioni per la pace”, ha riproposto due fenomeni preoccupanti: l’iper-percezione della presenza degli immigrati, e in particolare di quelli di fede islamica, in tutta Europa (secondo i francesi sarebbero più del 30 per cento sul loro territorio, e, invece, sono circa l’8 per cento; secondo gli italiani, il 20 per cento, mentre risultano, in realtà, meno del 4) e poi l’incredibile serie di aggressioni a sfondo razzista: solo in Italia ne ha elencate 37 nel 2018, e questo sino all’11 settembre.
Anche Melchionda, come Gromyko, considera una grande opportunità il Global Compact for Migration proposto dall’Onu che sarà formalmente adottato a Marrakech nel summit dei capi di Stato e di governo del 10-11 dicembre di quest’anno. Un patto forte di 10 princìpi e 23 obiettivi per una migrazione sicura, ordinata e regolare, che però ha un limite: non è giuridicamente vincolante per ciascun Paese. Melchionda ha perciò proposto di creare un’agenzia indipendente che ne monitori l’andamento.

«La tanto narrata invasione dei migranti in Europa, in Italia in particolare, risulta priva di fondamento» ha affermato Marco Omizzolo, presidente dell’Associazione “Tempi moderni”, esperto di flussi migratori e processi di integrazione. Ha osservato, infatti, che con 5 milioni e 144mila migranti regolari, ossia l’8,5 per cento della popolazione, l’Italia è al quinto posto in Europa e all’undicesimo nel mondo per accoglienza. Quanto agli sbarchi, sono calati dell’80 per cento nei primi otto mesi di quest’anno, rispetto al 2017, secondo i dati dell’Onu. Omizzolo ha parlato di come i migranti vengano sfruttati in agricoltura, ricordando come il volume di affari dell’agromafia sia salito a 21,6 miliardi di euro, secondo l’ultimo dossier sul tema elaborato dall’ Eurispes.

Tutti gli interventi degli esperti russi concordavano sulla opportunità di regolamentare e difendere i diritti dei migranti e dei profughi, e sull’esigenza di spegnere tutti i focolai di guerra nel mondo. Tirando le conclusioni, Carmelo Cedrone, coordinatore del Laboratorio Europa dell’Eurispes, ha insistito sul fatto che l’Unione «adotti un’unica politica dell’immigrazione, come unica deve essere la sua politica estera».

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