Gromyko, dalla Russia con amore: “Vicini, nonostante le sanzioni”

Le sanzioni economiche alla Russia, appena prorogate sino al 23 giugno 2019, “hanno dimostrato la loro irrilevanza e inutilità”. Hanno colpito “gli interessi economici e i sistemi di relazione” e dovrebbero essere eliminate al più presto, concentrando gli sforzi contro il terrorismo internazionale. Alexey Gromyko, direttore dell’Istituto per l’Europa dell’Accademia delle Scienze di Russia, specializzato in Relazioni internazionali, con particolare riferimento alla realtà britannica, ci ha rilasciato un’intervista a tutto campo. “Le interferenze militari francesi e britanniche in Libia nel 2011 sono state un atto irresponsabile e hanno avuto un effetto devastante”, con l’Italia fra i paesi più danneggiati. Italia che è particolarmente amata dai russi, che siano uomini d’affari, scienziati, cultori dell’arte o più semplicemente turisti. Gromyko, che fra i suoi numerosi incarichi guida i programmi europei della Fondazione Russkiy Mir e rappresenta la Federazione russa nel Consiglio Nato-Russia, tiene ad esaltare l’accordo di collaborazione con l’Eurispes che ha ormai quindici anni di vita. (Pubblichiamo anche la versione in inglese)

Il 6 luglio l’ambasciatore d’Italia in Russia, Pasquale Terracciano, celebrerà i cento anni delle relazioni italo-russe, 1918-2018. Si tratta di un grande evento, con una conferenza storico-scientifica organizzata in collaborazione con l’Istituto per l’Europa della Accademia russa delle Scienze IE-RAS e l’Università statale di Mosca per le Relazioni Internazionali MGIMO. I rapporti italo-russi saranno esaminati in un duplice aspetto, storico e contemporaneo. Come vede attualmente le relazioni tra i due Paesi?

La Russia e l’Italia sono vicini e partner europei di vecchia data. Culturalmente e come civiltà vantano una storia millenaria di relazioni. L’Italia è una delle destinazioni maggiormente preferite dai turisti, gli uomini d’affari, le persone amanti dell’arte, gli scienziati russi. Diplomaticamente ed economicamente Mosca e Roma hanno una fitta trama di interazioni. In entrambe le capitali c’è una comprensione fondamentale del fatto che siamo partner indispensabili e che i problemi devono essere risolti insieme.

In base alla sua esperienza ed alle sue conoscenze, qual è l’immagine dell’Italia in Russia e viceversa?

È quasi impossibile trovare un russo che non ammiri ‒ e, di solito, ammira ‒ l’Italia. L’Italia nel mio paese è considerata uno degli Stati più amichevoli e attraenti. Non sempre siamo alleati politici; la nostra storia comune ha le sue pagine bianche e nere. Tuttavia, la travolgente esperienza dei nostri rapporti, radicata nel Medioevo, ha reso i nostri popoli intrinsecamente vicini. Giudicando in base alla mia esperienza, in Italia un simile atteggiamento è reciproco. Negli ultimi anni, nonostante il difficile clima politico tra la Russia e l’Occidente, numerose voci italiane di comunità imprenditoriali, politiche, di esperti ed esponenti della società civile hanno sollecitato soluzioni comuni e una stretta cooperazione.

In quali settori specifici di attività la collaborazione tra Italia e Russia dovrebbe essere particolarmente rafforzata?

Ovviamente in economia, dove i nostri interessi sono profondamente intrecciati. Gli ambienti imprenditoriali italiani sono stati decisi e insistenti nel criticare l’interferenza politica nella cooperazione commerciale tra i due Paesi. Nonostante le sanzioni imposte alla Russia, le imprese italiane, sia quelle locali sia quelle transnazionali, hanno continuato e in molti casi hanno intensificato le partnership con le loro controparti russe. Nella sfera politica Mosca e Roma hanno un potenziale per riportare l’Europa all’idea di uno spazio economico e umanitario comune da Lisbona a Vladivostok.

Come valuta la collaborazione in essere tra Italia e Russia in particolare nell’ambito culturale e scientifico?

Le comunità italiane dei centri di relazioni e dei centri studi appartengono alla più alta categoria degli attori globali. L’Istituto per l’Europa ha molti partner in Italia e il nostro principale interlocutore è l’Eurispes. Abbiamo buoni rapporti con l’ISPI, l’Istituto per gli Studi di Politica internazionale e, specialmente di recente, con l’Istituto per gli Affari internazionali. Dal 1° gennaio 2018 l’Italia presiede l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e gli specialisti dei nostri Paesi sono attivi nel discutere le capacità e il potenziale di questa organizzazione per migliorare la situazione nel settore della sicurezza europea. Uno dei problemi contemporanei più difficili è la migrazione irregolare. Sulla piattaforma dell’Istituto per i Processi Migratori, di Civilizzazione e Linguistici (ILCMP) alla Fondazione Russkiy Mir, portiamo avanti un dialogo attivo con specialisti italiani. La stessa Fondazione Russkiy Mir ha dozzine di partner in Italia, tra cui importanti Università, nella promozione della lingua russa e della comune cooperazione culturale.

A seguito dei drammatici eventi in Ucraina e di Crimea, l’Unione europea ha stabilito una serie di sanzioni, appena confermate per un altro anno, nei confronti della Federazione russa, che ha risposto con altrettante sanzioni. L’Italia, come membro della Ue, ha partecipato ed approvato queste decisioni. Lei, fin dal 2015, ha sempre sostenuto che le sanzioni economiche sono un errore e dovrebbero essere abolite a livello internazionale perché colpiscono le persone, più che gli Stati ed i governi. Come è possibile, nelle condizioni politiche attuali, contribuire a correggere e migliorare questa situazione?

Come abbiamo sostenuto, le sanzioni hanno dimostrato la loro irrilevanza e inutilità. Nessun obiettivo politico è stato raggiunto da coloro che le hanno introdotte. Invece, sono stati colpiti gli interessi economici e i sistemi di relazione, rendendo più difficile per i nostri Paesi svilupparsi e affrontare le sfide moderne, prima di tutto il terrorismo internazionale. Le sanzioni dovrebbero essere eliminate al più presto possibile e la crisi ucraina non dovrebbe essere utilizzata come un motivo, o per dire meglio, come un pretesto per dare un colpo alla Russia. In realtà, la crisi ucraina è stata usata per ben noti scopi geopolitici anti-russi. L’Occidente dovrebbe adempiere ai propri obblighi e fare in modo che Kiev aderisca ai requisiti di Minsk-2. Inoltre, è molto importante elaborare una soluzione praticabile ed efficace per realizzare l’idea di una forza di mantenimento della pace a Donbas, che potrebbe essere una missione ibrida delle Nazioni Unite e dell’OSCE.

L’Italia con la Ue sostiene da tempo la Politica Europea di Vicinato (ENP) che però, secondo lei, non è riuscita finora a garantire la stabilità né nell’area orientale (Eastern Partnership), né nell’area mediterranea. Tutto ciò nonostante la volontà comune di avere ai confini dei vicini stabili e amici. Come è possibile costruire questa situazione di pacifica convivenza e possibile collaborazione?  Quale valore potrebbe avere a questo fine, per risolvere i problemi principali, il metodo della “cooperazione pragmatica” auspicato da più parti?

La Politica Europea di Vicinato (ENP) è a pezzi. La cosiddetta “primavera araba”, che molti nell’Unione europea sostenevano con entusiasmo, è finita nel caos e nelle sofferenze umane su vasta scala, che fanno apparire come di piccole dimensioni i lati oscuri dei precedenti regimi politici. Le interferenze militari francesi e britanniche in Libia nel 2011 sono state un atto irresponsabile e hanno avuto effetti devastanti. Come conseguenza, l’Italia è diventata uno dei paesi più danneggiati da tali eventi. Anche la versione iniziale del Partenariato Orientale era sconsiderata, in quanto essenzialmente concepita come un progetto per costringere la Russia a uscire da questa regione. “O Europa o Russia” ‒ questa è stata una scelta sbagliata presentata agli Stati partecipanti al Partenariato Orientale. La crisi ucraina in misura significativa è diventata una conseguenza drammatica di questa logica. Quello che dovremmo provare a far rivivere non è la “coesistenza pacifica”, che ha caratterizzato i rapporti tra l’Unione Sovietica e l’Occidente durante il periodo della Guerra Fredda. Una “nuova guerra fredda” sarebbe un progetto autodistruttivo per l’Europa. Anche la cooperazione pragmatica non è sufficiente. Siamo in una stessa barca di civiltà e questo è molto più del pragmatismo.

Ritiene possibile, almeno nel medio periodo, un avvio di relazioni e di collaborazione tra l’Unione europea (Ue) e l’Unione Economica Euroasiatica EAEU, partecipata dalla Russia?

In effetti, a livello di esperti la cooperazione tecnica sta procedendo. Ma dovrebbe svilupparsi in un partenariato ufficiale e completo, perché entrambi i progetti di integrazione regionale sono una realtà e oggettivamente hanno bisogno l’uno dell’altro.

Italia e Russia partecipano entrambe ad importanti istituzioni e coordinamenti internazionali, come, ad esempio, le Nazioni Unite e i vertici G20. In quelle sedi, sia l’Italia che la Russia hanno approvato importanti impegni per affrontare le principali sfide globali, come i cambiamenti climatici, le disuguaglianze economiche e sociali, i flussi migratori. È possibile per i nostri due Paesi intensificare la cooperazione attuando questi impegni?

La Russia è membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e, insieme agli altri Stati membri, è responsabile della pace e della stabilità globali. L’Italia e la Russia partecipano al G20, che, dal mio punto di vista, è la seconda piattaforma globale più importante dopo l’ONU. Queste Istituzioni multilaterali sono gli attori focali in un mondo policentrico. La legge internazionale, basata sulla Carta delle Nazioni Unite, dovrebbe essere sostenuta da tutti i paesi. Sfortunatamente, a partire dall’invasione illegale della NATO in Jugoslavia e dal successivo precedente creato con il Kosovo, che ha aperto il vaso di Pandora nel fragile equilibrio tra diversi princìpi internazionali, gli impegni reciproci e gli accordi comuni sono stati spesso screditati. Il diritto della forza, invece della forza del diritto, è diventato uno strumento comune nella borsa degli attrezzi di molti Stati importanti. Mosca e Roma comprendono molto bene che un simile approccio è distruttivo.

Dal 2003, sono dunque ormai 15 anni, esiste un importante accordo di collaborazione culturale e scientifica tra Eurispes e l’Istituto per l’Europa IE-RAS, che ha prodotto continui scambi di informazioni, documenti e visite, seminari, conferenze. Lei è membro del Comitato Scientifico di Eurispes e il Presidente dell’Istituto italiano, prof. Gian Maria Fara, è membro del comitato direttivo della rivista ufficiale dell’IE-RAS, Europa Contemporanea. Come valuta questa esperienza comune?

Siamo orgogliosi di essere un vecchio partner dell’Eurispes e non vediamo l’ora di sviluppare ulteriormente la nostra cooperazione. Insieme abbiamo realizzato numerosi progetti sia in Italia che in Russia. Ad esempio, quest’anno stiamo pianificando, insieme all’Istituto ILCMP e con il sostegno della Fondazione Russkiy Mir, di condurre un’importante conferenza internazionale a Roma sulla migrazione. Siamo grati al Presidente, Professor Gian Maria Fara e al Segretario generale, Professor Marco Ricceri, per l’impegno nei confronti delle nostre cause e dei nostri obiettivi comuni.

 

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