Molte erano le attese sul Consiglio europeo del 28 giugno scorso, in particolare sulla questione “migrazioni”, messa sul tavolo con forza dal Governo italiano. Ma è emersa una contraddizione di fondo, dal momento che il contratto Lega-5Stelle prevede il ricollocamento obbligatorio e automatico di tutti i richiedenti asilo nei vari Paesi dell’Unione, mentre il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, aveva dichiarato ai quattro venti la sua alleanza con i Paesi di Visegrad (Ungheria in testa) che non vogliono accogliere nemmeno un migrante. Per giunta, la richiesta di affrontare il tema “immigrazione”, anche se giusta, è stata avanzata in un momento poco opportuno, visti i venti di crisi in Germania e le difficoltà della Merkel, fino a ieri favorevole ad una politica comune e ad una revisione del Regolamento di Dublino nella direzione auspicata dagli italiani. Poi c’era da mettere in conto l’atteggiamento equivoco, o addirittura contrario, di Macron (l’europeista?).
Così, dopo il Vertice, anche la riforma del Regolamento di Dublino si è allontanata. Sono rimaste affermazioni di principio di appoggio all’Italia, che tuttavia avranno bisogno di atti concreti per misurare la vera volontà dell’Unione e diventare credibili agli occhi di un’opinione pubblica ormai scettica rispetto alle sue reali intenzioni ed alla sua capacità di azione. Diciamo che ancora una volta ci dovremmo accontentare (noi “europeisti”) di aver evitato il peggio, come la fine di Schengen, un rischio reale alla vigilia del Vertice, visto il clima, peggiorato, e le premesse che l’avevano accompagnato. Ciò però non basta più.
Non è vero che è l’Italia ad uscire sconfitta dal Vertice, ma l’Ue nel suo insieme che, per l’ennesima volta, di fronte a problemi veri e forti, dimostra il suo egoismo, la sua inesistenza, come entità politica, e la sua incapacità/impossibilità a decidere, sotto attacco com’è, sia sul fronte interno sia su quello esterno. Così, sconta le conseguenze della politica del rinvio, fonte di cui approfittano i “sovranisti” nazionali, per raccogliere consensi, abbondantemente, facendo leva sulle paure e sui problemi reali delle persone, offrendo loro ricette illusorie. Occorre evitare che ci sia un brusco risveglio per tutti.
C’è un’altra questione che, di rinvio in rinvio, era approdata all’ordine del giorno del Vertice: il futuro dell’Eurozona, tema ancora più grave di quello che ha monopolizzato l’attenzione dei media e lo spazio del Consiglio europeo. Ma tocca di meno l’immaginario collettivo, per cui si è preferito farlo slittare ancora (sembrava che la questione sarebbe stata trattata a dicembre 2017, poi è slittata a marzo 2018, poi a giugno, ora di nuovo dicembre…), a tutto vantaggio della politica economica tedesca. Un errore molto grave, da parte della Francia (Macron ne aveva fatto la sua bandiera un anno fa) e dell’Italia, uno dei Paesi che avrebbe più interesse a superare i limiti attuali della zona Euro. È su questo che bisognerebbe riaprire il confronto dentro l’Ue.
Il laboratorio Europa/Eurispes ha proposto al nostro Governo di promuovere una contrattazione su tutti i temi, organizzando un tavolo generale che possa valutare i vantaggi e gli svantaggi per ciascun Paese, senza eccezioni. Non si può essere intransigenti solo sulla spesa pubblica o sul debito, specialmente durante i periodi di crisi e/o con alta disoccupazione. Occorre tenere presenti anche le regole che l’Europa si è data, ma che alcuni Paesi non rispettano, come quella del surplus tra esportazioni e Prodotto interno lordo, che non dovrebbe superare il 6 per cento. Germania, Danimarca, Svezia sono invece all’8 per cento, l’Olanda addirittura al 9. Queste infrazioni non consentono ad altri Paesi, come il nostro, di esportare di più, migliorando i conti economici. Una siffatta riforma dell’Eurozona aiuterebbe a completare le riforme già avviate, a realizzare una governance economica comune dell’UEM e a superare, in tal modo, le conseguenze negative di cui soffrono molti suoi membri. Inoltre, renderebbe più democratico il processo decisionale dell’Eurozona. Sarebbe questa la premessa per trasformare l’Ue e poter risolvere al meglio anche la questione delle migrazioni, della politica sociale e molte altre ancora, sottoscrivendo un “Nuovo Patto comune”, in un auspicabile riequilibrio dell’assetto economico e politico attuale. Tutte le altre sono solo inutili scorciatoie.