Sanità a rischio, pesa la carenza di medici e l’assenza di chirurghi

medici

Il comparto sanitario è oggi preda di pesanti deficit numerici e funzionali che porteranno nel prossimo futuro ad un peggioramento graduale e inevitabile dell’assistenza all’ammalato. Questa presa di coscienza si concentra in primis sulla marcata carenza strutturale di medici ed infermieri, sia ospedalieri che territoriali. Tuttavia, è importante non solo analizzare gli step terminali della carriera medica ma agire su quelli iniziali della formazione. Vale a dire, non è sufficiente esclusivamente aumentare le assunzioni e/o reclutare medici pensionati e gettonisti, tra l’altro a fronte di un notevole dispendio economico, ma risulterebbe utile ed efficace modificare ciò che avviene all’inizio della carriera del medico stesso, magari orientando i giovani laureati verso percorsi di specializzazione ad oggi “schivati”.

Non basta aumentare le assunzioni o reclutare medici pensionati e gettonisti, bisogna modificare ciò che avviene all’inizio della carriera del medico 

La pandemia Covid ha rivelato l’insufficiente numero di specialisti presenti sul territorio nazionale. A tal proposito sono aumentate le borse di specializzazione in tutte le Università, in particolare nelle branche internistiche maggiormente legate alla patologia infettiva pandemica come Pneumologia, Malattie Infettive, Medicina Interna. Le branche chirurgiche hanno goduto meno di questa aumentata disponibilità di borse della Scuola di Specializzazione. Prendiamo però in esame alcuni dati statistici ed un punto di vista ben più ampio che possano dare una visione d’insieme di ciò che sta accadendo. Medicina di Emergenza-Urgenza, Anestesia-Rianimazione, Chirurgia, sono le branche mediche meno ambite dai giovani laureati in Medicina che vengono chiamati a scegliere la specialità in cui perfezionarsi. Delle oltre 16.000 borse di specializzazione messe a bando nell’Anno Accademico 2022-2023, oltre una su tre non è stata assegnata, ovvero restano vacanti 6.125 posti – il 38% di quelli disponibili (Eurostat 2023). Sono significativi i dati ACOI (Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani) relativi alla Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale che indicano il 50% delle borse non assegnate. Di contro, i nostri giovani medici preferiscono branche come Oculistica, Dermatologia, Chirurgia Plastica ed Estetica, Ginecologia-Ostetricia, specialità ospedaliere spesso affiancate dalla libera professione. Il grave deficit registrato nei Reparti di Rianimazione-Terapia Intensiva, di Chirurgia, di Pronto Soccorso è significativo perché, in una riduzione globale della figura professionale del medico, proprio le branche di area critica subiscono questa crisi, sia in un contesto lavorativo propriamente ospedaliero che nell’accesso alla Scuola di Specializzazione. 

Delle oltre 16.000 borse di specializzazione messe a bando nel 2022-23, oltre una su tre non è stata assegnata, restano vacanti 6.125 posti

Da qualche anno il concorso di specializzazione è nazionale: i candidati, dopo aver effettuato il test, possono scegliere il proprio ventaglio di sedi e specializzazioni. Oggi viene a crearsi un “paradosso”: le branche più complesse sono quelle in cui occorre un punteggio più basso per accedervi, alla luce di una competitività inferiore. Guido Quici (Presidente Federazione Cimo-Fesmed) afferma che «una persona che voglia diventare oculista ma abbia conseguito un punteggio basso ha due possibilità: “ripiegare” su anestesia, chirurgia o medicina d’urgenza, oppure attendere l’anno successivo e ripetere il test di ammissione. Queste branche sono talmente “pericolose” che il collega aspirante oculista preferirà rinunciare». Un altro aspetto che va affrontato è rappresentato dai problemi di reale sostenibilità degli specializzandi causati dalla graduatoria nazionale. In sintesi, il Medico Specializzando deve riuscire a vivere in una città quale Milano o Roma con la stessa retribuzione di un collega che si sta formando in una zona più marginale e, pertanto, con un costo-vita inferiore. Quici continua: «così accade che un potenziale oculista si ritrovi a formarsi come chirurgo generale perché la sede formativa risulta essere più comoda. In questo modo viene meno la valenza della predisposizione personale dei Medici in Formazione».

Chirurghi addio: in Italia in 10 anni il loro numero si è dimezzato

Intanto, dai dati Eurostat risulta che i chirurghi in Italia erano 7.000 nel 2016, saranno 3.500 nel 2025 a causa dei pensionamenti e delle uscite volontarie. Su quest’ultimo punto i dati che emergono dal Congresso ACOI sono drammatici: il 41,8% dei chirurghi è pronto ad abbandonare la professione, soprattutto coloro che non ricoprono ruoli apicali. La passione lascia il posto alla frustrazione.

Negli ultimi anni gli ospedali hanno attinto ai medici cosiddetti “gettonisti” per far fronte alle difficoltà delle aree di emergenza-urgenza

Infine, negli ultimi anni gli ospedali hanno attinto ai medici cosiddetti “gettonisti” per far fronte alle difficoltà delle aree di emergenza-urgenza, medici a chiamata pagati molto meglio dei medici dipendenti degli stessi nosocomi. Ad oggi non vi sono chirurghi “a gettone” ma la direzione è proprio quella; con gli attuali numeri non potranno essere garantiti interventi chirurgici a lungo termine. Tutto ciò allontana il giovane laureato in Medicina dall’idea di affrontare un percorso formativo “rischioso” e “mal valorizzato”, a scapito della proprie attitudini professionali, spesso rivolgendo le proprie attenzioni verso specialità che fino a quel momento il candidato non avrebbe mai preso in considerazione, specialità considerate “tranquille” e “ben remunerate”. È palese come sia necessario rivedere il sistema della formazione, in primis, con uno sforzo per restituire serenità a chi svolge questa professione ed un tentativo di risoluzione del contenzioso medico-legale, aspetto di non secondaria importanza.

Il 41,8% dei chirurghi è pronto ad abbandonare la professione, la passione lascia il posto alla frustrazione

Le Scuole di Specializzazione di Area Critica (Chirurgia, Anestesia- Rianimazione, Medicina d’ Urgenza – Pronto Soccorso) devono necessariamente avvicinarsi agli studenti in modo meno didattico e più attivo e pragmatico. È necessario creare l’attrattiva negli studenti così che i più recettivi tra loro possano avvicinarsi alla specialità in questione e concentrarsi su di essa, allontanando i timori legati alle suddette branche e lasciando spazio alle proprie vocazioni professionali. Giunti all’entrata in Specializzazione, il giovane medico in formazione va responsabilizzato gradualmente, staccandolo sempre più dal sistema di tutoraggio, sistema che spesso lascia il medico specializzando congelato nella sua posizione iniziale per tutta la durata del corso di specializzazione. Questo sistema di “tutoraggio congelante” è maggiormente presente nelle Scuole Chirurgiche dove, ovviamente, l’abilità del medico in formazione viene acquisita nel corso degli anni eseguendo interventi chirurgici sempre più complessi. Appare chiaro come, conseguentemente a ciò, debba essere garantita una copertura legale che tenga conto della diversa difficoltà e rilevanza in termini di rischio clinico delle varie Specialità, così da poter consentire al giovane chirurgo o al giovane anestesista di apprendere manovre sempre più complesse in serena coscienza. Non di ultima importanza, le retribuzioni dovrebbero essere adeguate al rischio professionale delle diverse Specialità proprio in virtù del principio di maggiore complessità e maggior rischio di insuccessi in termini clinici di cui sopra enunciato, tipici delle branche di area critica piuttosto che di altre. È indubbio che la branca specialistica di Dermatologia, ad esempio, non presenti rischi correlati alla vita dell’ammalato come avviene in branche quali Chirurgia o Anestesia-Rianimazione, rischio legato alle patologie che vengono affrontate in queste ultime specialità e alle procedure che vengono eseguite sui pazienti, soprattutto in regime d’urgenza-emergenza.

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