Giordano Bruno ci avvia alla grande riflessione etica della modernità, che poi con Emanuele Kant si compie. L’inaudita idea cosmologica bruniana della pari dignità di tutti i centri porta in sé implicita l’idea kantiana del nesso emancipazione-responsabilità. A rimarcarlo è il filosofo Aldo Masullo, nel libro ‘Giordano Bruno maestro di anarchia’, in libreria per le Edizioni Saletta dell’Uva (Caserta, pp. 120, euro 10, https://www.salettadelluva.it). Il volume, in uscita proprio nell’anniversario del rogo di Campo dei Fiori (17 febbraio 1600), è pubblicato nella Collana ‘Le uova del Drago’ diretta da Gerardo Picardo, e presenta quattro approfondimenti sul pensiero inquieto del Nolano: ‘Il confusissimo secolo’, ‘Il mondo rinversato’, ‘Convertiamoci alla giustizia’ e ‘Il Bruno di Gentilee una critica di Sasso’.
In queste pagine di grande intensità, Masullo indaga il pensiero di un filosofo che gli ha fatto sempre compagnia. Ragione e fondamento della responsabilità non è il passato ma il futuro: il pensiero che dalla nostra decisione dipende il futuro non solo nostro ma di altri, o addirittura dell’umanità intera.
Scrive il professore emerito di Filosofia morale all’Università di Napoli: “La filosofia di Bruno, secondo cui ogni luogo dell’infinito universo è centro, e ogni uomo, in quanto vita di ragione, dunque libero, ha pari dignità con ogni altro, è la base speculativa dell’idea politica della democrazia. Tutti liberi in forza della ragione, che li caratterizza come uomini, gli individui sono costitutivamente comunicanti ossia, come scrive Bruno nello Spaccio della bestia trionfante, partecipi del «campo del Convitto, Concordia, Communione». Insomma l’umano è contrassegnato dalla non separatezza degl’individui, dalla loro relazione”.
Il Nolano pensa insieme l’idea cosmologica e il principio etico, che fondano la modernità politica, la forma democratica dell’ordine civile. Per lui ogni individuo umano, in quanto centro irriducibile tra infiniti centri irriducibili, con cui non può non essere sempre aperto a comunicare, è portatore di responsabilità piena. Ma proprio perciò nessun capo è assoluto. L’ordine umano è anarchico.
C’è ordine in una società, solo quando tutte le diversità sono ugualmente rispettate. La dignità umana comporta il rifiuto dell’unità e la ricerca dell’unione.
Capire Bruno è capire il suo tempo espresso nei suoi pensieri. Ma, poiché nel capire noi pensiamo secondo il nostro tempo, così com’esso nei nostri pensieri si esprime, una ed una sola criticamente legittima ‘attualizzazione’ di Bruno si può concepire, ovvero il confronto tra i suoi pensieri del suo tempo e i nostri pensieri del nostro tempo.
Allora, dato che il tempo di Bruno è la «crisi radicale», in cui nacque la modernità, e il nostro tempo la «crisi radicale», in cui la modernità agonizza, va attentamente considerato se possano cogliersi strutture problematiche di fondo, comuni – non certo per identità ma per analogia – all’uno e all’altro tempo, di volta in volta espresse nei pensieri di Bruno e nei nostri pensieri.
Nel caso in cui tali strutture effettivamente si presentassero, Bruno per noi non più soltanto rappresenterebbe un forte personaggio storico – pensatore geniale, strenuo polemista, radicale innovatore, raro carattere d’intellettuale fermezza (eroico, o forse patetico in un mondo di accomodante nicodemismo) – ma si rivelerebbe, nel suo tempo, il compagno di tutti noi, nel nostro tempo.
Il pensiero di Bruno è il canto della ragione, la quale non può rinunciare alla prospettiva in cui la sua essenza consiste. Se non pensiamo la questione dei ‘diritti umani’ come centrale struttura problematica del presente, non possiamo comprendere il nostro tempo nei nostri pensieri. Tra la struttura problematica del tempo di Bruno, in cui egli pensa la ragione intendendola come paritaria dignità degl’infiniti centri di soggettività, e la struttura problematica del tema dei ‘diritti umani’, in cui noi oggi pensiamo il nostro tempo, l’analogia è evidente. È questo uno dei motivi per cui Bruno, nel suo tempo, ci è compagno, nel nostro tempo.