Immaginiamo una città un po’ più grande di Firenze e Bologna e un po’ meno di Genova, che, nell’arco di appena dieci anni, perda completamente tutta la sua popolazione, scomparendo. E’ la dimensione impressionante dei morti causati dall’alcol in Italia dal 2008 al 2017. Per l’esattezza, 435 mila decessi per malattie alcol-correlate, incidenti stradali, incidenti sul lavoro, incidenti domestici e omicidi e suicidi legati allo stato di alterazione psicofisica: 296.500 riguardano gli uomini e 139 mila le donne. Il dato balza fuori dall’Indagine sull’alcol realizzata da Eurispes in collaborazione con l’Enpam, l’Ente nazionale di assistenza e previdenza dei medici, e attesta che questa è la sostanza psicotropa che miete più vittime. Più del fumo, più delle droghe sintetiche e più della cocaina. Più di tutte queste, inoltre, crea dipendenza. Un fenomeno che appare in ascesa: si beve ovunque, a qualunque ora, sempre più lontano dai pasti e soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione. Il primo bicchiere, per oltre la metà dei giovani, è stato bevuto tra gli 11 e i 14 anni.
Osserva Alberto Oliveti, che dell’Enpam è il presidente: “C’è una cultura dello sballo in costante diffusione, influenzata dall’uso massivo delle nuove tecnologie e dei social network. Il medico di medicina generale,che presidia società e territorio capillarmente, può e deve assumersi il ruolo di playmaker”. E Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes: “Siamo tornati a occuparci di alcol con questa indagine ampia e articolata, a distanza di trent’anni dalla nostra prima ricerca. Ci vuole un impegno costante di prevenzione e sostegno delle famiglie interessate, come su quello culturale, della comunicazione e dell’informazione”. Vincenzo Macrì, che presiede l’osservatorio Salute Previdenza e legalità dell’Eurispes, annuncia poi che questa è la prima di una serie di ricerche che verranno effettuate su tutte le situazioni di dipendenza, non solo da alcol.
Va comunque osservato che oltre 6 italiani su 10 mettono l’alcol in relazione alla convivialità, al relax, al piacere e alla spensieratezza (63,4%); solo un quarto, al contrario, lo associa a concetti negativi, come la fuga dai problemi, la perdita di controllo e il pericolo (25,6%). La ricerca Eurispes Enpam comprende tre indagini campionarie, la prima attraverso la somministrazione di un questionario a 1.106 cittadini, la seconda si articola sull’analisi di 2.259 questionari validi, compilati da ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori, la terza rivolta invece è rivolta ai medici: 1000 questionari loro sottoposti e 507 considerati validi.
Ciascuno dei tre percorsi di ricerca disegna un quadro completo di come sono cambiate le abitudini del “bere” nel nostro Paese e di quanto diffuso e radicato sia il fenomeno fra i giovani. Sebbene il tema dell’alcolismo venga percepito dai cittadini italiani maggiorenni come problema sociale in modo meno netto rispetto a trent’anni fa (oggi lo ritiene un problema rilevante il 35,4% rispetto al 66% del 1984, anno della prima indagine Eurispes), emergono però frequenti eccessi nel consumo. Alla metà degli intervistati capita, infatti, di eccedere con l’alcol, anche se “qualche volta” (47,7%), ovvero il 14% in più rispetto al 2010 (22esimo Rapporto Italia, Eurispes). E lo si fa per diverse ragioni: il 28% per “piacere” (nel 2010 la quota era del 49,4%), un quarto per “stare meglio con gli altri” (il 12,1% in più rispetto al 2010), il 23,7% per “rilassarsi” (l’8,8% in più rispetto al 2010), il 9,2% per “affrontare una situazione complicata” (contro il 2,6%), il 2,2% per “reagire a un insuccesso” (contro l’1,2%).
Ma qual è sul tema l’opinione dei medici? Quattro su dieci di loro ritengono che gli alcolisti non possano essere categorizzati (39,4%), mentre per 3 su 10 si tratta di persone depresse o in difficoltà (31,8%), secondo il 23,5% sono invece soggetti socialmente inseriti e solo il 5,3% li identifica come persone sbandate. In generale, emerge una scarsissima correlazione tra emarginazione sociale e alcolismo e, anzi, per oltre 7 medici su 10, le motivazioni di chi ha dipendenza da alcol non sono legate a problemi o disagi, ma piuttosto ad una ricerca di divertimento e di “sballo”.
Tra gli aspetti più critici, il rapporto tra alcol e guida. Il 40% degli intervistati maggiorenni ammette di essersi messo alla guida dopo aver bevuto in modo eccessivo, a cui si aggiunge un decimo dei giovanissimi. Più di 8 italiani su 10 ritengono che lo Stato abbia fatto poco per contrastare il fenomeno dell’alcolismo (84,1%); tuttavia, una maggioranza non schiacciante (60%) si dice favorevole ad una regolamentazione del consumo, a fronte di numerose voci contrarie.
Si riduce l’età del primo bicchiere: come dicevamo, oltre la metà dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni lo ha bevuto tra gli 11 e i 14 anni (52,8%), e la maggioranza netta degli adolescenti tra gli 11 e i 19 anni beve alcolici: oltre la metà lo fa “qualche volta” (51,6%), l’8,2% “spesso”. In particolare, tra i 15-19enni la percentuale di chi beve “qualche volta” sale al 65% e solo 2 su 10 sono astemi. L’indagine rivela inoltre che la bevanda alcolica più consumata dai giovanissimi è la birra, seguita da vino, shottini e superalcolici.
Il consumo è sempre più extracasalingo, indipendente dal pasto e legato a momenti di divertimento e allo “sballo”: il 28,6% dei giovani beve al pub, il 21,4% in discoteca, solo due su dieci bevono a tavola. Il drink alcolico – osservano gli esperti – è considerato una sorta di “rito di passaggio sociale” che caratterizza la fine dell’infanzia. E il tradizionale divario tra i due sessi risulta oggi assai più contenuto rispetto al passato. Un terzo degli intervistati, inoltre, ha ammesso di aver giocato con gli amici a chi beve di più (33,1%) e una identica percentuale rivela di aver visto un amico o un conoscente riprendersi o farsi riprendere in video mentre beveva.
Alcol prima causa di morte tra i giovani. 435 mila vittime in 10 anni
di
redazione
