Burocrazia italiana al penultimo posto in Europa, meglio solo della Grecia. Il Governo Lega-M5S prova a riformarla con il decreto “concretezza”, da poco approvato.
«La burocrazia? Una difficoltà per ogni soluzione». Lo diceva il politico inglese dei primi del Novecento, Herbert Samuel. Sono forse cambiate le cose? No, almeno in Italia e a segnalare lo stato di inefficienza sono sia le imprese sia i cittadini, alle prese con lungaggini e ritardi che penalizzano non solo la qualità della vita ma anche l’andamento della produzione e dell’economia.
Certo, la sensazione che si ha è che la riorganizzazione della Pubblica amministrazione non sia considerata un problema centrale, e forse è per questo che non riscuote il consenso e l’attenzione generale. Un po’ come se si trattasse di un impegno cosi gravoso che nessun provvedimento o volontà politica potrebbe mai veramente risolvere. Nel frattempo, intanto, i dati raccolti da studi e ricerche effettuate sul livello dei servizi offerti dalla cosiddetta P.A non sono lusinghieri. Prendiamo, ad esempio, l’ultima in ordine di tempo, lo studio della Cgia di Mestre sui dati della Commissione europea relativi agli indici di qualità dei servizi offerti dagli uffici pubblici nei diciannove paesi dell’Eurozona. Ebbene, la classifica non concede nulla di buono: il nostro Paese è al penultimo posto e lo salva dall’ultima posizione, solo la Grecia. Primi in classifica, Finlandia, Lussemburgo e Paesi Bassi; a seguire, Germania, Irlanda, Austria, Belgio, Francia, Estonia, Portogallo, Malta, Cipro, Lituania, Slovenia, Spagna, Lettonia, Slovacchia, Italia, Grecia.
Va comunque detto che, nonostante risulti negativo il rendimento della pubblica amministrazione, esistono comunque settori che si distinguono per qualità. Ad esempio, il comparto della sanità al Nord, molti settori delle forze dell’Ordine, diversi centri di ricerca e istituti universitari, che garantiscono standard qualitativi eccellenti. Tutto questo fa capire che si tratta di un problema di sistema, di riorganizzazione strutturale e della mancata applicazione di criteri di efficacia. Quali sono le critiche che vengono mosse alla nostra burocrazia? La mancata individuazione di livelli di responsabilità, la scarsa trasparenza dei procedimenti amministrativi, l’incertezza giuridica, l’onerosità di molti adempimenti. Sì, perché alla scarsa qualità media dei servizi erogati dalla pubblica amministrazione si deve aggiungere, paradossalmente, l’alto costo degli stessi, dovuto per lo più alla carente digitalizzazione e all’elevato numero di addetti.
Un’altra indagine é quella condotta da Eurobarometro – Commissione europea – sulla complessità delle procedure amministrative denunciate dagli imprenditori dei 28 Paesi dell’Unione. Ebbene, l’Italia si colloca al quarto posto di questa graduatoria, con l’84% degli intervistati che si dichiara molto insoddisfatto dalla inefficienza della burocrazia, un problema, a sentir loro, poco considerato. Rispetto a noi, solo la Grecia, la Romania e la Francia presentano una situazione peggiore, mentre il dato medio dell’Unione europea si attesta intorno al 60%.
Ma in che modo il Governo M5S-Lega considera prioritario il problema della burocrazia? Se, da una parte, si constata la scarsa attrattività di questo argomento e la conseguente sua marginalizzazione da parte dei leader dei due schieramenti, non si può certo dire che il governo non si sia posto la questione, se è vero, come è vero, che lo scorso ottobre è stato approvato il disegno di legge (collegato alla legge di Bilancio 2019) “concretezza” che contiene le linee guida della riforma Bongiorno, dal nome del ministro della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno.
Ma quali sono gli aspetti qualificanti del testo? Diciamo subito che ci si ispira al principio della concretezza, e che il riassetto degli uffici pubblici prevede la riforma della dirigenza, la semplificazione delle procedure, il contrasto al diffuso fenomeno dell’assenteismo, nuove assunzioni. Per quanto riguarda la lotta ai cosiddetti “furbetti del cartellino” o del badge, il pacchetto prevede l’uso di impronte digitali o il riconoscimento dell’iride: misure forti che non poche polemiche hanno sollevato. In via più generale, l’obiettivo delle nuove norme è quello di individuare soluzioni concrete per garantire l’efficienza della pubblica amministrazione, il miglioramento immediato dell’organizzazione amministrativa e l’incremento della qualità dei servizi erogati ai cittadini.
Nella fattispecie, è stata prevista l’istituzione, presso il Dipartimento della funzione pubblica, del “Nucleo delle azioni concrete di miglioramento dell’efficienza amministrativa” (Nucleo della concretezza), che avrà una funzione di supporto alle attività delle pubbliche amministrazioni. Questo organismo verificherà l’attuazione delle disposizioni in materia di organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni, al fine di individuare eventuali azioni correttive. Tra le altre misure, l’obbligo per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché per le Agenzie e gli enti pubblici non economici, di elaborare il piano dei fabbisogni del personale, per assicurare il ricambio generazionale e la migliore organizzazione del lavoro e la possibilità di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di una spesa pari al 100% di quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente (turn over al 100%), ma anche la possibilità di procedere ad assunzioni nel triennio 2019-2021, in deroga a talune previsioni e secondo procedure semplificate.
Intenzioni più che condivisibili, e traguardi che potranno essere valutati solo dopo l’applicazione delle misure previste che dovrà attendere l’approvazione dei decreti attuativi. Un modo come un altro per dire che non c’é alcuna fretta e nessuna vera emergenza.