Una coincidenza numerica che lascia di stucco: tanti sono gli italiani emigrati all’estero, quanti gli stranieri residenti in Italia. Va corretto solo qualche decimale.
Nel 2017 erano infatti 5 milioni e 114mila i nostri connazionali iscritti all’Aire, l’anagrafe di chi risiede oltre i confini della penisola. E 5 milioni e 144mila sono gli immigrati che risiedono in Italia. A riportarlo è il Centro di ricerche e studi Idos, che sottolinea come, purtroppo, ad andarsene siano i più giovani e i più colti, e quando si stabilizzano altrove, allora, si decidono a fare figli. Ma anche i giovani stranieri cresciuti in Italia, cominciano ad abbandonarla per metter su famiglia fuori, magari dopo aver ottenuto la naturalizzazione. Il nostro, insomma, non è un Paese per giovani. Altro che immigrati che vengono a rubare il posto ai ragazzi italiani, come recita un trito ritornello del populismo nostrano. Del resto, ormai, un italiano su quattro ha più di 65 anni.
Ma veniamo ai numeri. Secondo l’Istat, l’anno scorso se ne sono andati in 114mila, un dato che l’Idos ritiene ampiamente sottostimato, visto che gli iscritti all’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) per la prima volta, nel 2017, risultano essere 243mila: il fatto è che, molto spesso, chi se ne va non si cancella dall’anagrafe. E occorre notare che, l’anno scorso, ben 147mila immigrati sono diventati cittadini italiani, evitando che il calo divenisse voragine. Tra i 243mila iscritti all’Aire per la prima volta, ben un terzo (32,9 per cento) è minorenne (o emigrato o nato all’estero l’anno scorso) mentre il 18,5 per cento ha fra i 18 e i 29 anni. Dunque, la metà degli iscritti ha meno di trent’anni, tre su quattro meno di 45, mentre gli ultrasessantacinquenni sono appena il 7% (fra questi, gli espatriati in Portogallo o in Tunisia per avere la pensione esentasse). Tre emigrati su dieci hanno la laurea o un titolo post universitario, impoverendo così culturalmente il nostro Paese.
Sono ben 88mila gli italiani nati l’anno scorso all’estero. E, in totale, l’Idos calcola che sui citati oltre 5 milioni di connazionali oltreconfine, ben 2 milioni e 18mila siano quelli di seconda e terza generazione. Gli italiani, insomma, hanno una fecondità maggiore fuori che in patria. Un guaio, non riuscire a trattenere con occasioni di lavoro stimolanti e stabili le fasce d’età più fertili. Ma il fatto preoccupante è che entrambe le tendenze, lasciare il Paese da giovani e fare figli altrove, si stanno facendo strada anche fra gli stranieri in Italia: risultano, infatti, nel 2017, 44mila cancellazioni anagrafiche di immigrati, anche questo dato, per le ragioni di cui sopra, sottodimensionato.
E se ne vanno anche i giovani di origine straniera che sono diventati italiani per acquisizione: 25mila, per l’esattezza, tra il 2012 e il 2016, con età media 25 anni e per il cinquanta per cento nati da noi, tre quarti di loro vanno in un altro Paese dell’Unione europea, visto che hanno conquistato la libertà di circolazione. Anche loro pensano, purtroppo, che in Italia non vi sia futuro. «Frustrati nelle loro prospettive di realizzazione, esposti a sfruttamento e a lavori sottopagati, sia nativi che immigrati condividono sempre più il desiderio di andarsene – conclude Luca Di Sciullo, che dell’Idos è Presidente – Non c’è alternativa al rendere anche l’Italia un luogo competitivo di attrazione».