La Repubblica dell’Uzbekistan, situata nel cuore dell’Asia Centrale, si caratterizza per una economia diversificata e dinamica e per una politica interna volta a favorire la modernizzazione e il progresso sociale. A seguito della scomparsa del leader storico Islam Karimov nel settembre 2016, presidente fin dall’indipendenza ottenuta nel 1991 dopo il crollo dell’Urss, l’ex primo ministro Shavkat Mirziyoyev è stato eletto alla guida del paese. Riuscendo a superare lo scetticismo generale, Mirziyoyev ha avviato riforme nel campo economico, giudiziario, e sociale e ha rafforzato le relazioni esistenti con le vicine repubbliche centroasiatiche.
L’Uzbekistan gode di una posizione geografica strategica nel cuore della regione centroasiatica ritenuta fondamentale nello scacchiere geopolitico internazionale e ha un passato storico che lo lega alla Russia durante il periodo sovietico. È proprio sotto l’Urss che l’Uzbekistan viene sottoposto ad una produzione intensiva del cosiddetto “oro bianco” (cotone) e del grano attraverso l’utilizzo smisurato di prodotti chimici e lo sfruttamento sconsiderato delle risorse idriche che hanno segnato visivamente il suolo uzbeko, come dimostrato dalla crisi ambientale del Lago Aral. Per ovviare ai problemi ambientali il governo di Tashkent ha avviato sin dal 1991 un processo di diversificazione agricola ed economica che attualmente sta avendo un grande impulso. L’obiettivo è quello di attirare investimenti diretti stranieri (FDIs), l’attenzione delle principali compagnie internazionali e l’esperienza di giovani manager e specialisti occidentali.
Il settore sicurezza dell’Uzbekistan è stato rafforzato per rispondere alla minaccia terroristica centroasiatica rappresentata dai Talebani del vicino Afghanistan, dal Vilayat Khorasan (Provincia del Khorasan) dello Stato Islamico maggiormente presente a livello propagandistico e ideologico, dal Movimento Islamico dell’Uzbekistan (IMU) e dalle diverse organizzazioni terroristiche afferenti al network di al-Qaeda. Tashkent ha quindi potenziato le forze di polizia e militari, la collaborazione con partner regionali e stranieri, e l’istituzione di programmi di sviluppo sociale per innalzare il livello educativo e qualitativo della vita dei cittadini e promuovere una forte identità nazionale che contrasti l’ideologia jihadista.
La forza militare uzbeka potrebbe rappresentare l’elemento di maggiore stabilità regionale evitando quindi il degenerare degli scontri e crisi in quest’area (come quelli con Tagikistan e Kirghizistan per le riserve idriche dell’Amu Darya e del Syr Darya) che condurrebbe ad un conflitto in Asia Centrale che coinvolgerebbe anche i paesi confinanti e comporterebbe un arresto nel processo di sviluppo economico fin qui ottenuto.
La stabilità politica, economica e sociale è stata fondamentale per far sì che il paese divenisse centrale nel progetto della Nuova Via della Seta avviato da Pechino nel 2013 che mira a connettere il continente euroasiatico attraverso una rotta terrestre e una marittima. La Cina è infatti il primo partner commerciale dell’Uzbekistan con uno scambio commerciale pari a 6,4 miliardi di dollari nel 2018 e un incremento del 35% annuo (2,87 miliardi di esportazioni uzbeke – 3,56 miliardi di importazioni dalla Cina). Sempre lo scorso anno, durante il Summit SCO di Qingdao, le due parti hanno firmato accordi per progetti di investimento pari a 6,86 miliardi di dollari di cui 3,11 miliardi di investimenti diretti. Attualmente più di 1.100 compagnie cinesi operano nel territorio uzbeko in diversi settori dell’economia e il loro volume degli investimenti ha superato nel 2018 il valore di 500 milioni di dollari.
La Strategia d’azione per le cinque direzioni prioritarie di sviluppo della Repubblica dell’Uzbekistan nel periodo 2017-2021 ha molti punti in comune con la Nuova Via della Seta e sottolinea la volontà di Tashkent e Pechino di collaborare a progetti nei settori delle nuove tecnologie e della realizzazione di parchi industriali per favorire l’interazione tra le due parti e raggiungere l’obiettivo comune di interconnessione di merci e uomini e di sviluppo economico.
Il grande interesse cinese per l’Uzbekistan è giustificato dalle recenti riforme che lo rendono attrattivo dal punto di vista economico e dalla possibilità di accedere ad un mercato interno di circa 33 milioni di persone connesso con un mercato regionale superiore ai 100 milioni di consumatori a cui si può aggiungere quello dei paesi della Comunità di Stati Indipendenti (CSI) per un totale di 300 milioni di persone.
L’Uzbekistan gode di una assoluta indipendenza energetica: secondo i dati riportati da Oil & Gas Journal, il paese deterrebbe circa 594 milioni di barili di riserve petrolifere accertate (dato rimasto invariato sin dal 1996) distribuiti tra i principali giacimenti petroliferi localizzati nella regione sud-occidentale nel Bacino di Amu Darya e nel Bacino di Tadzhik-Fergana nella regione orientale. Le stime parlano inoltre di circa 1.841.000 miliardi di metri cubi di riserve di gas naturale con una produzione annua pari a 52,1 miliardi di metri cubi ed esportazioni pari a 9.401 miliardi.
L’Uzbekistan è inserito inoltre nella rete energetica regionale essendo attraversato dal gasdotto Asia Centrale-Cina che connette i depositi di gas naturale turkmeni con lo Xinjiang cinese trasportando un totale di 55 miliardi di metri cubi di gas annuo. Lo scorso anno il governo di Tashkent ha espresso la sua volontà di entrare a far parte del gasdotto TAPI (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India) considerato la pipeline energetica principale della Nuova Via della Seta, a dimostrazione della rilevanza economico-energetica della repubblica uzbeka e in generale della regione centroasiatica.
Alle risorse energetiche Tashkent può unire le significative riserve di minerali (oro, uranio, rame, argento, piombo, zinco, tungsteno e metalli rari) e risorse umane tali da poter attrarre gli investitori stranieri. Lo Stato uzbeko può in effetti contare su una giovane popolazione specializzata all’interno di istituti e Università volte a formare figure in grado di svolgere almeno due professioni richieste sul mercato del lavoro moderno con particolare attenzione ai settori dell’informazione e delle nuove tecnologie, e all’apprendimento di almeno due lingue straniere.
Fanno da cornice a questi dati economici l’istituzione delle Free Economic Zones (FEZ) di Navoi, Angren, Gijduvan, e Jizzakh, Khazorasp, Kokand, Urgut caratterizzate da posizione geografica strategica, presenza di infrastrutture per la produzione ed esportazione e legislazione fiscale vantaggiosa per gli investitori che, a seconda della quantità degli investimenti, permette esenzioni per un periodo che va dai 3 ai 15 anni.
In conclusione, la Repubblica dell’Uzbekistan sta vivendo da tempo un lungo processo di trasformazione interna volto a favorire il rafforzamento delle Istituzioni e della sicurezza nazionale e la diversificazione economica diminuendo la dipendenza dalle rendite del cotone e delle risorse energetiche e aprendo il paese a imprenditori stranieri. L’incertezza dimostrata da diverse agenzie di analisi e rating in merito al futuro del paese post-Karimov è stata contrastata dalla pronta elezione dell’attuale presidente Mirziyoyev e dalla serie di riforme in diversi settori. La posizione geografica che fa della Repubblica uzbeka punto focale della Nuova Via della Seta e luogo di interconnessione con l’intero mercato euroasiatico, le riserve naturali ed energetiche e la presenza di FEZ devono essere presi in considerazione dalle aziende straniere, e in special modo da quelle italiane, nella loro ricerca di un mercato dove direzionare le proprie esportazioni, investimenti e dove poter aprire uffici e filiali di produzione. Nella “corsa all’Asia Centrale” che vede Russia, Stati Uniti e Cina in pole position, l’Uzbekistan si presenta come una delle realtà più interessanti che non può essere trascurata dai paesi europei e come un mercato dinamico e commercialmente attrattivo in rapida crescita il cui sviluppo dipende sia dalla stabilità regionale centroasiatica e sia dalla presenza numerosa di diverse compagnie e investitori internazionali che possano quindi diversificare non solo l’economia nazionale ma anche gli equilibri economici e politici interni. L’auspicio è che l’Italia, le cui imprese godono di grande considerazione nel panorama imprenditoriale uzbeko per il loro know how e la qualità della loro produzione, possa essere sempre più presente in Uzbekistan in settori dinamici come quello dell’agribusiness, della realizzazione di infrastrutture, e delle nuove tecnologie.