L’inarrestabile ascesa dell’e-commerce e i ritardi dell’Italia

Il rapido sviluppo del commercio elettronico negli ultimi anni, ed in particolare a seguito delle restrizioni imposte dalla pandemia da Covid-19, sta contribuendo a rivoluzionare il mercato della vendita al dettaglio. In questo contesto, e con la penetrazione di Internet a livello globale destinata a raddoppiare nei prossimi anni, il commercio elettronico si sta affermando sempre più come uno strumento imprescindibile per le imprese; tanto nell’aumentare il proprio volume di vendite quanto come mezzo per raggiungere nuovi mercati.

 

Larticolo è disponibile anche in inglese

The unstoppable rise of e-commerce and Italy’s shortcomings

 

Il commercio elettronico avanza a tassi di crescita annuali a doppia cifra

L’e-commerce in Italia si sta sviluppando velocemente, il numero di web shopper è in costante aumento e il settore sta facendo registrare tassi di crescita annuali a doppia cifra dal 2014, anche grazie ad un mercato divenuto via via sempre più sofisticato. I principali fattori che alimentano la crescita dell’e-commerce in Italia sono: una migliore infrastruttura di accesso a Internet e una più ampia disponibilità di connessioni a banda larga; uno dei più alti tassi di diffusione di cellulari e smartphone al mondo; il crescente riconoscimento dell’e-commerce come strumento utile a servire e supportare i clienti in modo più economico ed efficiente; il miglioramento della sicurezza nelle transazioni.

E-commerce: i dati dell’Eurispes

Il Covid-19 ha dunque portato ad un drastico aumento nell’uso dei canali digitali per l’acquisto di beni e servizi. Questo aspetto viene ben evidenziato da una recente indagine condotta dall’Eurispes volta ad analizzare il modo in cui la pandemia ha modificato le abitudini e gli stili di vita dei cittadini: emerge come la pandemia ha spinto, per la prima volta, il 21,9% degli italiani ad ordinare la spesa on-line ed il 13,1% ad acquistare i propri farmaci su Internet. Il 30,7% della popolazione ha iniziato ad utilizzare piattaforme di supporto per la comunicazione quali Zoom o Skype, e il 13,1% ha deciso di acquistare un abbonamento ad una piattaforma streaming. Nonostante la crescita fatta registrare nell’ultimo anno, i livelli di diffusione dell’e-commerce restano comunque al di sotto della media europea: circa un terzo del campione intervistato afferma infatti di non effettuare mai acquisti on-line. Ciò è particolarmente vero per gli over 64, fascia di età nella quale la percentuale sale al 59%.

Il valore del settore in Italia

In Italia, il valore totale degli acquisiti on-line, secondo un’analisi condotta dall’ICE su dati Statista, nel 2019, è stato pari a 441 miliardi di euro, in crescita del 14% rispetto al 2018 ed equivalente a circa il 20% del Pil nazionale. Più nello specifico, il commercio B2C (Business to Client), nel 2019, ha raggiunto 31,6 miliardi, in aumento del 15% rispetto all’anno precedente. Di questi, 18,1 miliardi sono legati alla vendita di prodotti fisici mentre 13,5 miliardi alla vendita di servizi. Per quanto riguarda questi ultimi, 10,9 miliardi derivano dal settore turismo e trasporti mentre 1,5 miliardi da acquisti di assicurazioni on-line. Passando ai beni fisici, al primo posto ci sono i prodotti dell’informatica e dell’elettronica con 5,3 miliardi, seguono il comparto dell’abbigliamento con 3,3 miliardi, l’arredamento con 1,7 miliardi e il settore alimentare con 1,6 miliardi. Per quanto riguarda l’export digitale B2C, esso nel 2019 ha raggiunto gli 11,8 miliardi di euro (in crescita del 15% rispetto all’anno precedente). La quota dell’export digitale B2C è pari a circa il 2,5% dell’export tradizionale. Il 66% dell’export B2C è rappresentato dal settore della moda (7,8 miliardi di euro che corrispondono al 14,5% dell’export totale del settore), l’11% è dato dall’agroalimentare (1,3 miliardi di euro equivalenti al 3% dell’export totale) e l’8% è rappresentato dall’arredamento (1 miliardo di euro per il 10% dell’export di settore) mentre per tutti gli altri settori il commercio B2C ha un peso altamente residuale.

Sempre secondo l’ICE, il commercio B2B (Business to Business), in Italia, ha raggiunto i 410 miliardi di euro nel 2019 con una crescita annua del 14%. Oltre il 50% del valore generato dal commercio B2B è concentrato in sei comparti. Il settore automobilistico con 98,4 miliardi di euro rappresenta circa un quarto del valore totale delle vendite B2B in Italia. Gli altri principali settori legati alle vendite su piattaforme B2B sono: i prodotti di largo consumo con 77,9 miliardi di euro, il farmaceutico (20,5 miliardi), il tessile e abbigliamento (12,3 miliardi), gli elettrodomestici ed elettronica (8,2 miliardi). L’export digitale B2B nel 2019 ha invece raggiunto i 134 miliardi di euro. Esso rappresenta il 28% dell’export complessivo (online e offline), ed oltre un terzo del commercio B2B che avviene in Italia. Anche qui il comparto che pesa maggiormente sull’export B2B italiano è quello automobilistico che raggiunge un valore di 30 miliardi di euro, pari al 73% dell’export totale di settore. Seguono il tessile con un valore di 20 miliardi (38% dell’export di settore) e la meccanica con 15 miliardi (18% dell’export di settore).

Il ritardo dell’Italia

Nonostante il quadro fin qui delineato, nel nostro Paese lo sviluppo del commercio elettronico è rallentato da due elementi che potremmo definire sistemici. Il primo riguarda la carenza di infrastrutture mentre il secondo si lega alla mancanza di competenze tecniche specifiche. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’Italia è ancora molto indietro nella diffusione della banda larga fissa, dato che solamente il 19% delle PMI ha una velocità di connessione di 100 Mbit/s o superiore (US Department of Commerce) e molte non hanno fondi per aggiornare le loro infrastrutture digitali. Il secondo aspetto riguarda, come detto, la mancanza di competenze specifiche per l’utilizzo delle tecnologie digitali. Queste ultime, necessarie per la realizzazione di nuovi prodotti o a supporto dei processi decisionali come, ad esempio, l’uso di piattaforme collaborative in grado di facilitare lo scambio con clienti e fornitori, stanno acquisendo un ruolo sempre più centrale nell’aumentare la produttività, l’efficienza e la competitività delle imprese. In questo contesto, una delle principali barriere all’adozione di soluzioni legate alle nuove tecnologie digitali risiede, come accennato, nella mancanza di competenze e di risorse economiche da parte delle aziende, soprattutto se piccole o medie imprese. In un sondaggio condotto dall’ICE, emerge come circa il 40% delle aziende intervistate non creda che i benefici legati all’adozione di nuove tecnologie giustifichino l’investimento iniziale o che tali soluzioni possano effettivamente migliorare il processo di sviluppo di un prodotto. In relazione alla mancanza di competenze specifiche, si può inoltre evidenziare come dati pubblicati dalla Commissione Europea posizionano l’Italia all’ultimo posto, tra i paesi europei, per quanto riguarda le competenze digitali dei propri cittadini.

Maggiori investimenti in infrastrutture e competenze digitali sono dunque fondamentali non solo per aumentare la competitività delle nostre aziende ma anche per favorire una ripresa dell’export le cui prospettive di rilancio, soprattutto nel 2021, dipenderanno dalla crescita degli scambi con il Sud-Est asiatico, la Cina e l’India. In questo contesto, e data la crescita di nuove classi di ricchi in questi paesi, l’e-commerce, principalmente per gli scambi B2C, potrebbe costituire un ottimo mezzo per il rilancio delle aziende italiane; soprattutto nei settori dell’abbigliamento e dell’agroalimentare per cui sono previsti tassi di crescita intorno al 10%, grazie ad una sempre maggiore domanda da parte dei consumatori cinesi.

 

*ricercatore Eurispes.

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