Manovra economica: manca una visione d’insieme per il Sud. Più investimenti ma diminuisce la spesa pubblica. Nessun piano di infrastrutturazione. Il sostegno al reddito? Un’incognita.
Approvata la legge di bilancio 2019, rivista dal Governo alla luce della bocciatura del testo da parte della Commissione Europea. Ebbene, sempre facendo ricorso al voto di fiducia, si è giunti al via libera da parte del Parlamento. Ma che cosa cambia per il Mezzogiorno? Quali sono i provvedimenti, tra quelli approvati, in grado di invertire la rotta e di ridurre il sostanziale gap, almeno sul fronte delle risorse impiegate, tra il Centro-Nord e le regioni meridionali?
Va precisato che non vanno considerati né il reddito di cittadinanza, né tanto meno la flat tax e Quota 100, le due misure identitarie, rispettivamente per M5S e Lega, che ne hanno fatto vessilli della propria azione politica, in quanto le risorse per i due provvedimenti, 13 miliardi complessivi, verranno appositamente trattati.
Esigenze di bilancio e di adattamento al diktat di Bruxelles (deficit dal 2,4% al 2,04%) hanno determinato il venir meno di 10 miliardi di euro di fondi utilizzabili per le varie misure della legge. Il Governo, proprio per ottenere il sì dalla Commissione Ue, ha dovuto presentare un maxi-emendamento, una specie di garanzia per la tenuta generale dei conti, con la riproposizione delle clausole di salvaguardia a partire dal 2020: in buona sostanza, se non verranno evitate, scatterà l’aumento dell’Iva e delle accise sui carburanti. È di 22 miliardi il costo delle clausole, se non rispettate. La manovra prevede un aumento delle uscite da parte dello Stato, da 852 a 869 miliardi, ed è per questo che ha carattere espansivo ed è difficile conferirle un connotato specifico perché contiene misure diverse, per ragioni e criteri che non rispondono a una strategia generale.
Ciò vale, a maggior ragione, per il Mezzogiorno, dove l’intervento più significativo appare quello della decontribuzione al 100% per chi assume, proprio al Sud, giovani under 35 o con più di 35 anni ma disoccupati da almeno sei mesi. Parallelamente, non può non stupire, in tale prospettiva, il taglio da 800 milioni per il Fondo di Sviluppo e coesione sociale: un segnale molto chiaro nella direzione di minori risorse allo sviluppo da incentivare nelle zone più svantaggiate del Paese. Incoraggiante, invece, il decreto semplificazione che contiene disposizioni urgenti per la sburocratizzazione, con l’obiettivo di eliminare oltre cento adempimenti per le imprese: una misura che viene incontro alle esigenze degli investitori, alle prese con difficoltà nelle autorizzazioni e nelle lungaggini degli adempimenti amministrativi.
Per quanto riguarda il bonus, nella fattispecie, il testo contiene la proroga del bonus Sud, 500 milioni di euro all’anno per il biennio 2029-2020 a sostegno di programmi nazionali e regionali che prevedano misure che favoriscano, in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Sardegna e Calabria, l’assunzione a tempo indeterminato di soggetti under 35.
Stando, comunque, alle cifre, la manovra approvata darebbe, secondo stime degli esperti, un impulso pari allo 0,3% del Pil nel 2019 sull’aumento previsto del prodotto lordo dell’1%, e di poco più dello 0,4% nel 2020 sul Pil allo 0,9% che è stato ipotizzato. Nel Centro-Nord, invece, i valori stimati risultano inferiori, quasi lo 0,2% nel 2019 e lo 0,24% nel 2020. Dall’esame dei singoli provvedimenti previsti dalla manovra, emerge che, a fronte di una crescita degli investimenti, sebbene non sostanziale, diminuiscono le risorse destinate alla spesa pubblica. Ad aggravare la situazione vi è il fatto che l’occupazione al Sud rimane precaria e che la spesa dei fondi comunitari non fa registrare alcuna accelerazione. Unico dato positivo è quello relativo agli investimenti che saliranno sia nel Centro-Nord (+6,2%) sia nel Centro-Sud (+3,8%). Non possono ancora essere considerate, da un punto di vista delle positive ripercussioni sul tessuto economico-produttivo e sulla crescita dei consumi, le misure relative al reddito di cittadinanza e alla flat tax di cui ancora non si conosce la portata.
Gli analisti, comunque, concordano su una previsione, ossia, che le risorse stanziate dal Governo non saranno sufficienti a garantire – cosi come preannunciato – i 780 euro promessi. È vero, però, che i fondi stanziati consentiranno di allargare la platea dei destinatari rispetto all’attuale reddito di inclusione, ma non di assicurare la soglia dei 780 euro. Di fatto, il reddito di cittadinanza, se approvato e quando sarà a regime, verrà assorbito per il 63% dalle regioni del Sud. Non ci sono, comunque, segnali che facciano presagire una ripresa dell’economia del Mezzogiorno in grado di immaginare una seppur lieve riduzione del divario tra le due economie. Gli investimenti previsti non garantiscono, infatti, una riduzione del fenomeno della fuga dei giovani dalle regioni meridionali, se è vero come è vero che, tra il 2016 e il 2017, hanno lasciato la loro terra 146 mila giovani. Negli ultimi 16 anni hanno, infatti, abbandonato il Sud 1 milione e 883mila residenti, e la metà sono giovani con una età compresa tra i 15 ed i 34 anni, e un quinto di questi è in possesso di laurea. Altri fattori che appesantiscono il Mezzogiorno, oltre a quello della criminalità organizzata, le carenze infrastrutturali, le inefficienze della Pubblica amministrazione e del sistema giudiziario, il lavoro nero. La manovra non prevede investimenti significativi sui trasporti ferroviari (taglio di 600 mln), sui collegamenti viari e sulla rete stradale e autostradale nelle regioni meridionali. Per quanto riguarda il sostegno al reddito e le politiche di inclusione sociale, non esiste un provvedimento ad hoc, dal momento che il Governo affida tutte le sue speranze nell’applicazione del reddito di cittadinanza, del quale non è possibile oggi prevedere le ricadute reali. La riforma dei centri per l’impiego – strutture fondamentali per l’interlocuzione con i disoccupati da collocare nel mondo del lavoro o da assistere con l’assegno di cittadinanza – richiede tempi e risorse ancora non quantificati.
Di fatto, cresce il numero dei poveri nel Paese – 5 milioni circa, di cui 2,4 milioni nel solo Mezzogiorno. Le famiglie in povertà assoluta sono passate dalle 700mila del 2016 alle 850mila del 2017. Le aspettative che, al Sud, l’introduzione del reddito di cittadinanza ha alimentato, sono immense e il pericolo è che al disagio possa aggiungersi anche la delusione sociale.
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