Paolo Rossi: il coraggio e l’umiltà

Paolo Rossi, una squadra, e un’intera generazione. Lui lo ricordiamo per la vittoria al Mondiale dell’82, che ci inorgoglì, regalandoci una felicità sorprendente. La stessa che mostrò – fuori di sé come non era mai accaduto – il presidente Pertini sbandierando la pipa sugli spalti dello stadio alla fine della partita decisiva.

Non ebbe una strada tutta in salita, anzi. La disavventura del calcio-scommesse e la squalifica per due anni, ad inizio carriera: sono eventi che segnano e possono stroncare carriere. Non però la sua. A distanza di tempo ricordava quei fatti con un tono che sapeva di fatalismo. Non era mestizia, piuttosto la consapevolezza di dover sostenere una prova, una delle tante nella vita.

A testa alta, con coraggio, senza lamentarsi troppo. Questo il modo di farlo. Lo stesso atteggiamento mostrato combattendo la malattia improvvisa. Un altro Mondiale, il più importante della vita forse, che non ha potuto vincere. Perché non era una partita aperta. Non bastava la caparbietà. Il risultato era già segnato.

Però, anche stavolta, nonostante il verdetto, non ha rinunciato a lottare con la solita testardaggine. La stessa mostrata sul campo verde. In provincia o nella grande ribalta nazionale, sentendosi in dovere di ricambiare quelli che per divertirsi pagavano un biglietto.

Sembrava stupirsi del fatto che avesse avuto tanto successo, non avendo – commentava – le caratteristiche del “centravanti classico”: potenza, altezza, forza. Però aveva capito quali fossero le sue risorse: intuito, velocità, guizzo folgorante. Bastavano per farcela, anzi in questo modo riusciva a sorprendere tutti. Con esse lasciava di stucco i difensori e faceva secco il portiere avversario.

Semplicemente aveva saputo mettere a frutto le qualità che possedeva, con pazienza e fatica. Lo ha fatto sui campi di calcio come nella vita. Sino a ieri. Era l’immagine più esaltante di una squadra forgiata allo stesso modo: abilità e abnegazione. Cara ai tifosi per i trofei vinti, certo. Ammirata un po’ da tutti, anche fuori dal mondo dello sport.

Abbiamo visto in quei ragazzi qualcosa di noi stessi. Per un attimo, vedendolo guizzare nelle difese tra marcantoni più grossi di lui, abbiamo avuto la sensazione che Paolo Rossi fosse proprio uno di noi. Uno come ci piacerebbe essere sempre, anche in questi tempi contrassegnati dal Covid. Capace di affrontare le difficoltà, e di saperlo fare con dignità e coraggio.

*Angelo Perrone, giurista, è stato pubblico ministero e giudice. Cura percorsi professionali formativi, si interessa prevalentemente di diritto penale, politiche per la giustizia, diritti civili e gestione delle Istituzioni. Autore di saggi, articoli e monografie. Ha fondato e dirige Pagine letterarie, rivista on line di cultura, arte, fotografia.

 

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