Francia e Germania, in occasione della presentazione, ad inizio febbraio a Berlino, del Manifesto franco-tedesco di politica industriale europea, hanno chiarito le posture dei due Paesi rispetto alle regole a monte della politica industriale continentale e al futuro della concorrenza intra-Ue.
Nella stasi che segna da anni l’economia europea, si tratta di una mossa dinamica, dal profilo marcatamente primatista, in versione di un nuovo duopolio decisionale. Il Manifesto riflette l’entente franco-tedesca decisa con il Trattato di amicizia, firmato a gennaio da Merkel e Macron ad Aquisgrana, all’insegna di una nuova cooperazione franco-tedesca in vari àmbiti, dall’economia alla difesa e ispirato al cosiddetto Trattato dell’Eliseo, firmato, nel 1963, da Adenauer e de Gaulle.
Durante il faccia a faccia berlinese, i ministri economici tedesco, Altmaier, e francese, Le Maire, hanno detto al mondo e agli altri partner europei che si adopereranno senza indugi per una strategia industriale europea che renda il continente «preparato a un futuro di concorrenza dura sul piano globale».
Nel “Manifesto per la politica industriale” franco-tedesco si elencano tre “pilastri” per una convergenza europea. Il sostegno mirato a innovazioni tecnologiche, come la produzione di batterie elettriche o l’intelligenza artificiale; leggi che tutelino maggiormente le aziende del continente dallo shopping esterno e la riforma dell’Antitrust.
Secondo Le Maire, «L’Europa deve puntare sull’innovazione» con massicci investimenti pubblici e privati e deve rimanere un grande continente industriale «riunendo le sue forze migliori». è quindi necessario «essere capaci di svilupparci, sostenerci e proteggerci» cambiando «le regole europee che oggi sono superate» puntando ad un «adattamento delle regole europee che al momento sono superate e in questo memorandum facciamo delle proposte per trasformare il diritto della concorrenza europea».
La proposta franco-tedesca per modificare le regole Ue sulla concorrenza giunge a seguito dello stop a opera della commissaria europea alla concorrenza, Margrethe Vestager, alla fusione tra Siemens e Astolm, i due colossi industriali con asset che i governi di Germania e Francia vorrebbero consolidare in un’unica conglomerata (con fatturato di 15 miliardi) di caratura mondiale, come confermato da Le Maire all’Ecofin di febbraio.
Il profilo più interessante che presenta la proposta franco-tedesca è la possibilità di “appello” al Consiglio Ue rispetto alle decisioni di politica di concorrenza della Commissione Europea, in particolare quando vieta operazioni di fusione e concentrazione. Obiettivo dichiarato è che emergano “campioni europei sul mercato mondiale”, in grado di poter competere con grandi players statunitensi e cinesi.
Nel documento comune, si riversa lo spirito neosviluppista di Macron e in toto la strategia della Nationale Industriestrategie 2030 di Altmaier, che la Merkel propone come linea guida della politica industriale europea nei prossimi anni con due punti chiave che confliggono con le rigorose politiche antitrust intraeuropee, de facto considerate d’intralcio al nuovo e necessario gigantismo industriale paneuropeo. Uno è l’ingresso temporaneo, in casi estremi, dello Stato nel capitale delle imprese strategiche a rischio di acquisizione estera, prevedendo la creazione di un fondo anti-scalate. Il secondo è addirittura il ricorso, se necessario, a interventi statali per «compensare gli effetti negativi della concorrenza», ripristinando condizioni di parità su prezzi dell’energia elettrica, importo delle imposte sulle società, contributi sociali.
Indubbiamente l’esigenza di creare una dimensione industriale europea competitiva a livello globale è molto sentita nei paesi dell’Unione. Oggi, le imprese europee si misurano troppo spesso con concorrenti che falsano la concorrenza, godendo spesso di poderosi sussidi nazionali. Bisognerà però intendersi meglio in Europa sulle strategie e con quali strumenti affrontare la sfida. La ricalibrazione delle regole europee proposte dal neodirettorio franco-tedesco può essere utile. Lo sono meno, però, gli strumenti operativi che riguardano l’uso improprio di sussidi o, peggio, l’imposizione dall’alto di fusioni posticce, nate da mere esigenze difensive. Esiste una via più cooperativamente allargata nell’Unione ovvero la maggior crescita del mercato unico europeo, anche in settori in cui per il momento l’Ue risulta svantaggiata.
Con la nuova legislatura, i paesi dell’Unione possono dar vita a una Commissione che, chiudendo una stagione dell’austerità che nessuno ormai rimpiange, agevoli lo sviluppo integrato di grandi imprese europee nelle tecnologie strategiche su cui si gioca la competizione globale attraverso gli investimenti, pubblici e privati, la ricerca pura e applicata, la maggiore sinergia tra imprese e Università realizzata attraverso commesse e progetti comuni. Occorre, in altre parole, far crescere di più il mercato unico europeo anche in settori in cui l’Unione risulta svantaggiata, attraverso la cooperazione fra i macro-attori imprenditoriali, tenendo presente il rispetto delle vocazioni industriali delle varie aree del continente. Non serve nessun anacronistico dirigismo burocratico ma possono essere funzionali allo scopo delle moral suasion serie e strutturate coordinate tra Consiglio, Commissione e Parlamento, per sinergie che si possono instaurare fra gli apparati industriali di tutti i paesi dell’Unione, non solo di Francia e Germania, impegnando l’Europa nelle complesse sfide industriali, energetiche, ambientali del ventunesimo secolo.