Il lavoro umano non potrà mai essere sostituito completamente dai robot o dalle intelligenze artificiali. Al contrario, l’intelligenza artificiale creerà nuove possibilità e figura professionali.
È questa una delle conclusioni a cui sono giunti l’Aidp – l’Associazione Italiana per la Direzione del Personale – e lo studio legale Labwaw che hanno presentato il primo rapporto su Robot, Intelligenza Artificiale e Lavoro.
L’operazione di proporre una fotografia per cercare di comprendere in che modo le aziende italiane stiano vivendo e accogliendo i processi di digitalizzazione e robotizzazione nel Paese, ha permesso di far emergere con nettezza un sostrato di problematicità irrisolte e di produrre, al contempo, un’oggettiva valutazione sulle potenzialità delle nuove tecnologie.
Le recenti turbolenze occupazionali, la necessità di individuare nuovi modelli di complementarietà tra l’uomo e la macchina, unitamente a una percezione distorta, spesso negativa, circa l’ingresso in azienda di IA o di robot industriali, sono alcuni dei motivi che hanno spinto Aidp e Labwaw a indagare in tale direzione.
Scopriamo allora i dati principali evidenziati dal rapporto.
Per cominciare, viene ribadito il ruolo centrale della figura umana, attrice imprescindibile e perno indispensabile allo sviluppo industriale, inquadrata però, come vedremo, sotto una nuova luce.
La ricerca ha evidenziato che le aziende non robotizzate si nutrono di aspettative e stereotipi – circa l’introduzione di IA e robot – fin troppo spesso non conformi alla realtà, così come è diffusa la preoccupazione che il peso di questa nuova rivoluzione industriale possa ricadere tutto sulle spalle dei lavoratori.
In Italia, stando al rapporto, il 61% delle aziende è pronta però a introdurre sistemi di intelligenza artificiale e robot nelle proprie organizzazioni. Questo con la convinzione che possano rendere il lavoro meno faticoso e più sicuro; un driver in grado di aumentare l’efficienza e la produttività e quindi di raggiungere nuovi obiettivi di business.
In oltre la metà delle aziende sottoposte al sondaggio, che utilizzano i sistemi di IA, impiegano i robot per lo più a supporto del lavoro delle persone: in estensione e non in sostituzione delle attività umane. Nello specifico, nei casi in cui è stata certificata la “sostituzione” di una mansione, ne è seguita la creazione di una molteplicità di nuovi profili professionali (come ad esempio: production & quality controller, IT specialist, addetto alla gestione e alla manutenzione dei robot, ecc).
Un altro dato assai interessante riguarda proprio i lavoratori. Evidenti sono infatti i miglioramenti per i carichi di lavoro e per gli aspetti che riguardano la sicurezza. L’atteggiamento di chi lavora in aziende già robotizzate, inoltre, conferma tali vantaggi e smentisce le principali perplessità di chi non lavora in realtà robotizzate.
In conclusione, l’83% delle aziende robotizzate fornisce un bilancio assolutamente positivo dell’impatto che l’adozione di IA e robot ha avuto nelle proprie realtà organizzative.
Per tornare al postulato iniziale, manager e aziende sono straconvinti (89%) che i robot e le IA non potranno mai sostituire del tutto il lavoro delle persone: verranno a crearsi invece, come è sempre successo nel corso della storia, nuovi ruoli, nuove funzioni e nuove posizioni lavorative di cui spesso oggi neanche conosciamo il nome. Scompariranno, o meglio, subiranno una profonda trasformazione i lavori a più basso contenuto professionale: si passerà sempre più dalla manualità ad attività di concetto e, di conseguenza, si registrerà l’esclusione dal mercato del lavoro di chi è meno scolarizzato e qualificato.
Tali problematicità sono già presenti e ben diffuse già oggi, anche a causa di una mancata riflessione preventiva che sarebbe dovuta avvenire almeno una quindicina di anni fa.
Aidp e Labwaw indicano nella formazione continua di qualità una possibile strada per rispondere agli interrogativi industriali. Oggi, infatti, non esiste un sistema educativo in grado di riqualificare la forza lavoro e di formare tutte le figure che serviranno nei prossimi anni. In questo schema dove il mercato si adegua alla rivoluzione tecnologica senza scendere a compromessi con nessuno, è necessario compensare al più presto il differenziale tra la velocità dell’innovazione e la velocità dell’apprendimento, attraverso un potenziamento del sistema universitario e dei sistemi di placement.