Selfie di Donne

Attraverso l’ascolto di un campione composto da 543 donne[1] su tutto il territorio nazionale e rappresentative della componente femminile italiana per età e area geografica di appartenenza, l’Eurispes ha cercato di offrire degli spunti di riflessione sulla condizione delle donne nel nostro Paese circa alcuni argomenti “chiave”: lavoro, consumi, stalking, valori e criticità.

Parola d’ordine: risparmiare. Nel corso del 2015 il 54,5% delle donne ha constatato una diminuzione del proprio potere d’acquisto. Un dato che va letto nel raffronto con i risultati dell’anno precedente quando, confermando un trend consolidato nelle diverse rilevazioni, a vedere diminuita la propria capacità di coprire le spese con le proprie entrate era la larga maggioranza delle donne (74,5%). Nonostante questo segnale importante di ripresa economica, le donne continuano a puntare sul risparmio e lo fanno in maniera più decisa rispetto agli uomini.

L’82,7% delle italiane infatti ha scelto con più frequenza di acquistare prodotti scontati durante il periodo dei saldi (contro l’80% del dato maschile). Il 71,1% delle donne sono disposte ad abbandonare le abitudini e a cambiare marca di un prodotto alimentare se, così facendo, può riempire il carrello del supermercato di prodotti più convenienti; gli uomini invece si avventurano a cambiare marca di un alimento nel 65% dei casi.

La tendenza femminile alla parsimonia è evidente anche quando si tratta di abbigliamento. Outlet e grandi magazzini sono la mèta preferita dalle italiane in vena di shopping: li sceglie il 78,2% delle donne a fronte del 74% degli uomini.

In larga maggioranza le italiane hanno ridotto le spese per il loro tempo libero (il 66,1%, un punto percentuale in più degli uomini); il 69,8%, ben 7 punti percentuali in più rispetto agli uomini, ha ridotto le spese per ristoranti e pizzerie: la pizza si fa in casa per amici e familiari e al ristorante si va solo in occasioni speciali. Rispetto agli uomini, le donne risentono di più della contrazione su spese per parrucchiere, estetista e articoli di profumeria: il 68% delle signore (a fronte del 64% degli uomini) ha scelto di far parsimonia sulla cura del proprio aspetto fisico, magari cercando punti vendita più economici oppure organizzandosi a casa.

Il divario maggiore con gli uomini si riscontra sulla riduzione d’acquisto di articoli tecnologici, per i quali le donne risparmiano nella misura di quasi 8 punti percentuali in più: il 73,3% può fare a meno del cellulare all’ultimo grido o dell’ultimo modello di I-pad, a fronte del 65,7% degli uomini.

Tuttavia, le donne sono meno attente alle offerte speciali online: un po’ per diffidenza, un po’ perché preferiscono l’acquisto non virtuale, il 42% delle donne usufruisce degli sconti su Internet, a fronte del 46,2% degli uomini abitués delle offerte speciali in Rete. Decisamente minoritaria la quota di quante hanno fatto ricorso a formule di baratto online: solo il 13,4% delle donne ricorre a questa forma di compravendita tramite Internet.

Tra le donne che cercano di ridimensionare le proprie uscite economiche si evidenziano differenti modalità: dalla riduzione di spesa per gli animali domestici (24,4%) alla riduzione delle spese mediche (34,4%) all’utilizzo dei mezzi pubblici per risparmiare sulla benzina (38,7%).

Alla maggioranza delle italiane, il 72,3%, piace l’acquisto di “prima mano”, tanto che solo una minoranza, il 27,7%, si rivolge al mercato dell’usato o al vintage. Lo preferisce invece il 30,7% degli uomini.

Una voce di spesa di cui le italiane riescono a fare a meno è quella relativa all’aiuto nelle pulizie o per i domestici: lavare i piatti, pulire i pavimenti, cucinare e stirare restano lavori soprattutto femminili (e non retribuiti), tanto che il 43,5% delle donne ha tagliato su questa uscita, mentre solo il 31% degli uomini vi rinuncia. Sfiora il 52% la percentuale delle italiane che hanno ridotto le spese per la baby sitter scegliendo evidentemente di far affidamento più sull’aiuto di nonni, zii e genitori amici per la cura dei bambini. Allo stesso modo, il 42,6% delle italiane ha rinunciato alla badante e si sobbarca anche le mansioni di cura ed assistenza ai familiari anziani.

Lavoro, chiaroscuri al femminile. Quando c’è da rimboccarsi le maniche, le italiane non si tirano indietro e fanno salti mortali per conciliare scadenze professionali con orari familiari, tanto che una su cinque nell’ultimo anno ha svolto un secondo lavoro per “arrotondare” le entrate; le doppio-lavoriste sono soprattutto le 25-34enni (35,4%) nelle Isole (31,3%) e nel Nord-Est (30,4%).

Le donne che si sono rivolte invece a conoscenti per arrotondare lo stipendio svolgendo servizi come assistenza agli anziani, piccoli lavori di sartoria, baby sitting, pulizie e giardinaggio, ecc. sono il 20,3%.

Inoltre, il 28,4% delle donne negli ultimi 12 mesi ha lavorato senza contratto (con una prevalenza nelle fasce d’età più giovani dai 18 ai 34 anni) e il 29,3% ha svolto un lavoro meno qualificato rispetto alle sue reali competenze: 3 donne su 10, insomma, sono disposte a mettere nel cassetto qualifiche e curriculum vitae pur di portare a casa, in qualche modo, il proprio contributo economico.

Per le italiane il lavoro si declina ancora in minuscolo, sia per il livello di occupazione che esse riescono a raggiungere sia per le caratteristiche del tipo di lavoro. Ancora oggi lo squilibrio tra la popolazione lavorativa femminile e quella maschile permane, anche se il tasso di disoccupazione tocca molto anche gli uomini. Tuttavia, si possono riscontrare lievi segnali di miglioramento: se si considera il trend relativo al decennio 2003-2013 emerge che il mercato del lavoro si è gradualmente modificato nella sua composizione per genere, vedendo crescere in maniera significativa la presenza femminile, l’8% in più tra gli occupati, e calare l’occupazione maschile, passata dal 69,13% del 1993 al 64,81% del 2013 (Fonte: Gender Gap, Report 2015 – JobPricing). Una possibile spiegazione dell’aumento occupazionale femminile sta nel fatto che la donna si trova spesso a “doppiare” i lavori domestici o le incombenze prettamente legate al ruolo della moglie e della madre in famiglia, sia per la tradizionale presenza femminile nei servizi sia per la maggiore disposizione femminile ad accettare lavori caratterizzati da una retribuzione più bassa e con un maggiore tasso di precarietà. Il mercato del lavoro italiano è comunque in evoluzione e, nonostante il permanere di situazioni di criticità, esso si muove verso una sempre maggiore presenza femminile, anche in termini qualitativi. A questo si aggiunga che le donne cercano spazi anche all’estero: secondo l’Istat il 44% tra i cervelli in fuga negli ultimi tre anni è al femminile.

Il bisogno di liquidità. Alla domanda se loro in prima persona o le loro famiglie si siano trovate nella necessità di chiedere un prestito a banche e istituti di credito negli ultimi tre anni, quelli in cui più si è acutizzata la crisi, il 25,4% delle italiane dichiara di averne fatto richiesta e anche di averlo ottenuto, mentre un 6,6% ne avrebbe avuto bisogno ma non se l’è visto concedere dalla banca.

Le ragioni della richiesta per le donne sono riconducibili soprattutto alla necessità di coprire la rata del mutuo per la casa (44,3%). Il 21,8% ha usato il prestito per coprire le spese per le cure mediche, ben 4 punti in più rispetto agli uomini (17,9%).

Il 20,7% delle donne ricorre al prestito per affrontare la spesa di una ricorrenza speciale: dal battesimo al matrimonio la tradizione della festa va rispettata e le italiane, seppur più oculate che in passato, non rinunciano a spendere per abiti da cerimonia, rinfreschi, addobbi floreali e bomboniere.

Quello che colpisce è che quasi il 26% delle italiane si trovano costrette a chiedere un prestito per andare a coprire il saldo di debiti contratti in precedenza con altre banche e finanziarie, anche se in questo trend sono surclassate dagli uomini che ricorrono a questa circostanza nel 33,2% dei casi.

Ancora più indicativo il dato se si considera che quasi il 34% delle italiane dichiara di ricorrere a un prestito per pagare i debiti accumulati, laddove però gli uomini raggiungono il 38,4%.

I primi passi nell’era della condivisione. Ancora pochissime le donne che si affidano alla filosofia della sharing economy e si concentrano tra le giovanissime dai 18 ai 24 anni. Solo l’8% delle italiane ha fatto ricorso almeno una volta al car-sharing e solo il 7,9% al bike-sharing. Più disinvolti gli uomini circa queste formule di spostamento, anche se in percentuali ancora relativamente basse (circa il 14% usa il car sharing e l’8,3% il bike sharing). I pregiudizi sono duri a morire e scambiarsi il passaggio o il viaggio condiviso con altri in Italia non ha preso piede: scomodo da organizzare e forse considerato non troppo sicuro, il ride-sharing conquista solo l’8,8% delle donne. Più lanciati (ma di poco) gli uomini (12%). Ancora meno “appetibile” la possibilità di viaggiare risparmiando sul costo dell’alloggio: solo il 3,7% delle donne ha praticato lo scambio casa o couchsurfing, a fronte del 5,4% degli uomini.

Più apprezzato dalle donne, che in media sono anche lettrici più assidue degli uomini, il book crossing: lo praticano il 15,8% delle italiane (contro il 10,4% degli italiani). A un buon libro non si rinuncia, soprattutto se gratuito e condiviso. In percentuali ancora davvero molto basse, le italiane si rilevano più attive nel co-working che è una realtà per il 5,7%, a fronte del 4,5% degli uomini.

Sul cibo di qualità non si discute. A tavola non hanno dubbi: il made in Italy è garanzia di gusto e genuinità, per questo acquista alimenti privilegiando l’origine nostrana l’82% delle donne (a fronte del 78,5% degli uomini).  Ancora più attente il 54% delle donne che comprano prodotti a marchio Dop, Igp e Doc, e il 41,3% (contro il 33% degli uomini) che comprano spesso prodotti biologici, anche se costano qualcosa in più.  Rigorose anche sul controllo dell’etichettatura e sulla provenienza dei prodotti che acquistano: il 75,5% delle donne non compra se prima non ha verificato le diciture sulla confezione degli alimenti. Inoltre, sono decisamente restìe a rinunciare al valore aggiunto garantito dall’origine di un prodotto a favore del prezzo più allettante, perché ritengono che questo significhi rinunciare alla qualità: il 69,4% delle italiane privilegia prodotti garantiti e di origine controllata rispetto al prezzo più conveniente.

La maggioranza delle italiane ho un occhio attento anche rispetto ai prodotti a km zero (57,3%).

Anche la spiccata predilezione per i prodotti di stagione (57,3%) segna la consapevolezza delle italiane che sanno come, ai fornelli come a tavola, genuinità e freschezza fanno rima con stagionalità degli ingredienti.

In effetti, sughi, risotti e zuppe già pronti, così come i surgelati da far sciogliere nel microonde, restano più appannaggio maschile che femminile: solo il 28,5% dichiara di farne ricorso a fronte del 34,3% degli uomini. Per quanto impegnate professionalmente e sempre di corsa, le italiane preferiscono dedicarsi personalmente alla preparazione del cibo, magari sbrigando contemporaneamente anche altre faccende domestiche.

Cambiare paese, il desiderio di vivere altrove. Alla domanda se andrebbero a vivere in un altro paese, quasi il 46% delle donne (e il 48,4% degli uomini) risponde di sì. Ma sono soprattutto le giovanissime diciotto-ventiquattrenni ad esprimersi positivamente (71,7%).

Le spinte più forti sono quelle dettate della ricerca di una maggiore libertà d’espressione (97%), la garanzia di una maggiore sicurezza (96%), un migliore clima politico (97,2%) e un clima culturale più vivace di quello italiano (94,5%).

Sebbene si attestino su quote elevate di risposta, le motivazioni economiche sembrerebbero essere per le donne meno indicative. Per l’86,7% infatti un valido motivo per cambiare paese sarebbe il minor costo della vita all’estero, per il 75,5% le maggiori opportunità di lavoro.

Se l’86,4% delle donne è attratto da maggiori garanzie sul futuro e l’87,8% da maggiori opportunità di studio e di lavoro per i figli, un’altissima percentuale di intervistate dichiara che la ragione è anche un’altra: il 97% sceglierebbe di cambiare patria per curiosità nei confronti di culture differenti.

La mèta più ambita tra le italiane è l’Australia, con il 17,7% delle preferenze, seguita da Regno Unito e Spagna (rispettivamente scelte dal 17,3% e dal 12% delle intervistate). Differenti i gusti degli uomini che invece prediligono come potenziali patrie d’elezione la Germania (17,2% ) poi l’Australia (16,5%) e quindi, quasi ex equo, Regno Unito (12,9%) e Stati Uniti (12,5%).

Eppure, solo una minoranza delle donne considera l’idea di trasferirsi in tarda età, una volta raggiunta la pensione, all’estero: appena il 37,8% contro il 45,2% degli uomini.

Progressiste, ma con riserva. Sui temi etici le italiane hanno idee chiare. Per quanto riguarda la tutela giuridica alle coppie di fatto indipendentemente dal sesso, oltre il 71% delle donne si dichiara favorevole, distanziando gli uomini di ben 7 punti percentuali (64,3%). Meno accolta la possibilità di legalizzare i matrimoni omosessuali, tema sul quale le italiane sono divise a metà: il 50,8% si dichiara favorevole (a fronte del 44,9% di favorevoli tra gli uomini) ma un cospicuo 49,2% di esse affermano di essere contrarie.

Più aperte degli uomini, ma ancora in misura marginale (il 31,2% delle donne favorevoli contro il 26,9% degli uomini), le donne sulla possibilità di adozioni per le coppie gay sono ancora reticenti: quasi il 69% delle italiane non si lascia convincere dall’idea di genitori solo al maschile o solo al femminile e resta saldamente ancorato alle figure genitoriali tradizionali.

Un certo progressismo in campo di diritti civili non si traduce in apertura mentale ad oltranza: le italiane sono più frenate quando al centro del dibattito etico vi è il loro corpo, tanto che solo il 36,3% delle donne si dichiarano favorevoli all’utero in affitto o maternità surrogata (rispetto al 40,6% degli uomini favorevoli).

Abbastanza emancipate, ma sempre meno degli uomini, sul ricorso alla pillola abortiva RU-486: le favorevoli raggiungono il 59,7%, ma oltre il 40% delle italiane non è d’accordo sul suo utilizzo. Tra gli uomini il consenso è più ampio (62,7%).

Anche nel caso dell’eutanasia le donne sono poco meno convinte degli uomini ma comunque in maggioranza sostengono favorevolmente il tema del fine vita: il 58,7% delle donne è favorevole alla legalizzazione della “dolce morte” nel nostro Paese (e lo è anche il 61% degli uomini).

E, a larga maggioranza, le donne si dichiarano favorevoli al testamento biologico (71,5%).

Di converso, oltre il 70% delle italiane sono contrarie alla possibilità di scegliere di porre termine alla propria esistenza coadiuvati da un medico: solo il 29,3% si dice favorevole al suicidio assistito, a fronte del 30,5% degli uomini.

Il sì all’utilizzo delle staminali per la ricerca e le cure all’avanguardia è quasi plebiscitario: si dichiarano favorevoli l’82% delle intervistate a fronte del 75,9% degli uomini.

Viceversa, non raggiungono la maggioranza (al contrario dei maschi) le italiane favorevoli alla liberalizzazione di hashish e marijuana (43,6% di favorevoli donne e 50,4% di favorevoli uomini) ma sono curiosamente di poco più aperte alla legalizzazione della prostituzione, per la quale superano il 51,6% dei consensi (a fronte del 63,4% di favorevoli al maschile).

Emancipate e progressiste sui temi etici, frenano quando nel dibattito entra in gioco il ruolo del corpo femminile e i diritti dei bambini: “nicchiano” sulla maternità surrogata ma aprono sulla legalizzazione della prostituzione. E mentre ritengono una necessità regolamentare attraverso unioni civili anche la condizione delle coppie omosessuali, quello dell’adozione resta ancora un tabù.

Tecnologiche… per svago. La dotazione tecnologica delle italiane fa registrare un uso abbastanza diffuso del computer fisso (50,6%) e di quello portatile (62,2%) anche se il dato è più basso di quello maschile (nel primo caso di 9 punti, nel secondo 5).

La consolle per i videogiochi è preferita dagli uomini (33,8%) ma una percentuale di italiane (28,5%) non disdegna di avere a casa una Playstation o la X-box, magari per giocare con i figli o in compagnia degli amici. Ancora una minoranza delle donne ascolta musica con lettore Mp3 o I-pod: il 37,6% rispetto al 42,3% degli uomini. Oltre il 43% delle italiane (così come degli italiani) possiede un tablet o un I-pad e una su cinque si fa conquistare dall’e-book. Alla tentazione di possedere una smart Tv cede solo il 22,7% delle italiane (a fronte del 32% degli uomini) e all’abbonamento a una Tv a pagamento solo il 36% (contro il 47,8% degli uomini. Mette tutti d’accordo lo smartphone: lo possiede il 75% delle donne a fronte del 76,4% degli uomini.

Tuttavia, se si guarda al dato complessivo del telefonino (anche non smartphone) l’8,7% delle italiane dichiara di non utilizzarlo affatto (a fronte del 5,2% degli uomini), mentre il 91,3% lo usa.

Le donne più degli uomini usano il cellulare per comunicare tramite Whatsapp (77%), fare foto e video (70,6%) e inviarli/riceverli (70,2%), ma anche per essere sui Social (53,6%) e fare selfie (31%). Insomma il telefonino è dedicato soprattutto alla vita privata e allo svago. Solo una parte (39,5%) ne fa invece uno strumento di lavoro, al contrario degli uomini che lo usano nel 48% dei casi in ambito lavorativo. E solo il 23,2% utilizza il cellulare per gli acquisti on line.

Anche per quanto riguarda l’accesso e l’utilizzo di Internet, le donne sono in minoranza rispetto agli uomini: il 79,4% delle prime a fronte dell’83,5% dei secondi e ne fanno uso soprattutto per fare ricerche (97,2%), per guardare video su Youtube (62,5%) e per inviare o ricevere email (84,5%). Soprattutto amano essere presenti sui Social (72,5% rispetto al 65,8% degli uomini). Davvero poco interessate invece ai siti d’incontri (il 7,6%) che restano appannaggio maschile, anche se in misura contenuta (il 12,7% degli uomini).

Controllare il proprio conto corrente online è una pratica diffusa tra le donne (62,5%) e anche fare shopping sui siti di e-commerce (51,4%), ma ancora appare poco diffuso il pagamento online delle bollette (35,2%, contro un dato maschile del 42,1%).

Stalking: nome comune femminile. Sono 7 i punti percentuali di distacco, con gli uomini, delle donne che ammettono di essere state vittime di stalking nel corso degli ultimi 12 mesi: il 13,8% delle donne (con un picco della percentuale riferibile alle donne che vivono nelle regioni del Nord-Est) rispetto al 6,4% degli uomini. La percentuale di chi ha il coraggio di dichiarare una violenza psicologica subita è solitamente più bassa dell’ampiezza del fenomeno reale. Basti pensare che alla domanda indiretta, e quindi meno sensibile, se sia mai capitato di conoscere qualcuno che è stato vittima di stalking in tre casi su dieci la risposta è affermativa. Tuttavia, il dato femminile relativo alla domanda diretta è in aumento rispetto al 7,7% rilevato del 2015, segno forse che qualcosa sta cambiando nella consapevolezza delle donne.

La maggior parte delle italiane afferma che lo stalker era un ex fidanzato, un ex marito o un ex convivente, nel 22,7% dei casi. Tra la schiera dei potenziali “persecutori” seguono i colleghi di lavoro (il 17,3%), i conoscenti a vario titolo (14,7%), gli amici (10,7%), i parenti (6,7%) e il partner (6,7%).

Nell’indagine sulla “Violenza contro le donne” svolta a livello europeo nel marzo 2015, la FRA (European Union Agency for Fundamental Rights) ha intervistato 42.000 donne tra i 18 e i 74 anni nei 28 Stati membri dell’Unione. Circa il 31% delle donne europee è stata vittima di uno o più atti di violenza fisica dall’età di 15 anni. A subire, invece, comportamenti persecutori circa il 18% delle europee. Telefonate o messaggi offensivi hanno interessato ripetutamente circa il 14% delle donne. I comporamenti persecurori sono stati patiti, in circa 21% dei casi, in maniera continuata per oltre due anni e nel 23% degli episodi la vittima si è vista costretta a cambiare il proprio numero di telefono o l’indirizzo di posta. Per il timore di aggravare la situazione, il 74% delle donne non ha mai voluto denunciare gli episodi di violenza subìti. Più del 50% lamenta la mancanza di una legislazione specifica nel proprio paese volta a tutelare le donne e a condannare la violenza che si consuma fra le mura domestiche.

Il cyber-stalker: la persecuzione online. Ancora una volta, vittime privilegiate di molestie telefoniche e online sono le donne, con 9 punti percentuali di distacco sugli uomini: il 20% delle intervistate ha subìto molestie tramite Internet o cellulare (a fronte dell’11,8% degli uomini).

Altra questione preoccupante è quella della violazione della privacy. Alla domanda se qualcuno abbia mai pubblicato online frasi che rivelavano fatti personali contro la loro volontà, le donne rispondono affermativamente solo al 14,7%, ma sale la percentuale di chi si è vista pubblicare online foto a sua insaputa (27,4%) o video (18,6%).

A più del 21% delle italiane è capitato di essere stata contattata online in modo insistente e nel 10,2% dei casi hanno dichiarato di essere state vittime di violazione della privacy attraverso la diffusione di informazioni false e diffamatorie online nei loro confronti.

 

[1] Per alcune domande il dato femminile è stato confrontato con quello del campione maschile formato da 577 uomini.

 

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