Gli investimenti per infrastrutture strategiche realizzate con fondi stranieri o sostenuti da Istituzioni o banche di altri paesi devono sempre essere valutati con attenzione, attraverso una lettura trasversale in termini di geopolitica e di geodiritto.
La gestione del rischio per gli investimenti stranieri impiegati nelle infrastrutture strategiche deve essere ancorata alla sicurezza nazionale del paese che di questi investimenti usufruisce.
Qualora la gestione del rischio non tenga in considerazione la sicurezza nazionale, eventuali contenziosi potrebbero ledere la sovranità del paese.
Richard Ullman e Tuchman Mathews, hanno incluso tra le minacce alla sicurezza nazionale non solo quelle di tipo militare ma anche quelle provenienti dalle organizzazioni criminali oltre che fenomeni globali quali la crescita della popolazione mondiale, la scarsità delle risorse ed il degrado ambientale.
Edoardo Camilli afferma che il concetto di sicurezza nazionale non può esaurirsi esclusivamente nella sicurezza dello Stato e nemmeno soltanto nella sicurezza del singolo individuo.
La nuova definizione del concetto di sicurezza nazionale comprende la protezione dello Stato-Nazione da minacce che mettano a repentaglio la sua indipendenza politica, l’integrità territoriale e la coesione sociopolitica.
La disponibilità di risorse economiche adeguate costituisce il prerequisito per il consolidamento delle politiche di sicurezza per la nazione.
Minacce di natura diversa, ma altrettanto insidiose, sono anche quelle riconducibili al profilo economico quali: debiti pubblici fuori controllo, gestione da parte di Istituzioni straniere di strutture strategiche nonché sanzioni ed embarghi.
Tra i vari nuovi fenomeni della globalizzazione, il Land Grabbing ovvero l’accaparramento di terreni su scala globale è ricomparso nel primo decennio del XXI secolo con investimenti o acquisti di grandi estensioni territoriali da parte di imprese transnazionali o governi stranieri per far fronte alla sicurezza alimentare dei propri paesi.
Il Land Grabbing non è un fenomeno negativo di per sé quando crea mutui vantaggi per i paesi; può, tuttavia, presentare rischi più elevati per la sovranità delle singole nazioni quando gli investimenti vengono effettuati da governi stranieri o imprese transnazionali a capitale statale, per via delle pressioni politiche, diplomatiche e militari conseguenti a disaccordi sul rispetto del contratto stipulato.
In questo senso, gli investimenti infrastrutturali cinesi in giro per il mondo per implementare la strategia Belt & Road sono numerosi e di elevato costo soprattutto per i paesi africani, del Sud-Est asiatico e dell’America Latina.
E ancora, gli investimenti costosi per paesi tutt’ora in via di sviluppo ovvero con economie non solide presentano un elevato rischio di insolvenza.
I primi problemi di insolvenza per i prestiti elargiti dalla Cina sono emersi in Sri Lanka che nel 2002 prese la decisione di costruire una grande infrastruttura portuale in Hambatota, con un prestito cinese di 1,1 miliardi di $. Nel 2010 il porto fu inaugurato ma l’investimento si rivelò, nelle mani dei locali, improduttivo a tal punto che lo Sri Lanka non poté far fronte al pagamento degli interessi sul debito contratto per l’infrastruttura portuale.
I cinesi stabilirono la soluzione del problema attraverso il pignoramento della infrastruttura strategica per 99 anni con l’aggiunta di 15.000 ettari di terreno adiacente al porto. Dal 2017, dunque, il governo del porto è nelle mani dello Stato cinese che lo potrà utilizzare anche per fini militari. Lo Sri Lanka, non potendo più pagare gli interessi sul debito contratto, ha perso un pezzo di sovranità del proprio territorio.
Il problema potrebbe ripetersi con le medesime modalità in giro per il mondo.
La Cina utilizza la diplomazia del debito per estendere la sua influenza e a detta degli Usa “bullizza” (Bullyng) i piccoli paesi, al Land Grabbing oggi si è aggiunto il Port Grabbing.
Il Parlamento dello Sri Lanka, ora nelle mani della parte avversa al presidente Rajapaksa che si accordò con i cinesi, sta investigando su fondi presumibilmente dati dall’Autorità Portuale cinese per la campagna per la rielezione dello stesso presidente Rajapaksa.
L’indice della corruzione percepita purtroppo fotografa lo Sri LanKa al 93° posto su 180 paesi e la corruzione è lo strumento principe, il grimaldello, utilizzato da tutti coloro, compresa la criminalità organizzata nazionale e transnazionale, che vogliono violare le strutture amministrative degli Stati.
L’inchiesta parlamentare sulla corruzione interna non avrà alcuna influenza sullo stato di fatto del porto di Hambatota ora gestito come “colonia cinese nello Sri Lanka”.
Le principali potenze mondiali dovranno destinare adeguate risorse umane, economiche e strumentali per tutelare la sicurezza nazionale e per farsi trovare pronte a superare ogni ostacolo che dovesse presentarsi a turbare la pacifica convivenza sociale e minacciare la sicurezza interna ed esterna dello Stato e della sua popolazione.
Il compito della strategia di sicurezza nazionale è quello di individuare le minacce ai valori-chiave della sicurezza nazionale, le vulnerabilità del sistema-paese nel rispondere a tali minacce delineando un piano d’azione di medio/lungo periodo per fronteggiare le minacce, ridurre le vulnerabilità e promuovere gli interessi nazionali.
Qualunque sia la strategia adottata, la gestione del rischio deve avere le sue radici nella sicurezza nazionale.
Il Generale Pasquale Preziosa è il Presidende dell’Osservatorio Sicurezza dell’Eurispes, il Proc. Agg. DNAA Dottor Giovanni Russo e il Prof. Avv. Roberto De Vita sono i Vice Presidenti