La polemica sul contante, su cui, prima della recente Stabilità tanto si è discusso, era in realtà completamente fuori bersaglio. Basti pensare che in Svezia e Danimarca, tra i Paesi al mondo con minor uso del contante, non c’è alcun limite a tale utilizzo. La questione è semmai quella di agevolare i sistemi di transazioni cashless, lasciando al contempo la libertà, a chi lo ritiene opportuno, di utilizzare anche forme di pagamento in contanti.
A tal proposito può essere opportuno ricordare che dallo scorso 9 dicembre è entrata in vigore in Italia la normativa europea che impone un tetto unico alle commissioni interbancarie per le transazioni con carta di credito e con bancomat. E inoltre la Legge di Stabilità appena emanata ha previsto il pagamento elettronico anche per mini importi (sotto i 30 Euro). Solo un cambiamento culturale verso i pagamenti cashless, che passi tramite un’agevolazione di tali sistemi di pagamento, potrà dunque avere effetti positivi su lotta all’evasione fiscale e al riciclaggio. Possiamo infatti mettere tutti i limiti del mondo al contante, ma come dimostrano i numerosi limiti e divieti sull’evasione fiscale, i limiti e divieti sono fatti per essere aggirati (altrimenti non avremmo in Italia un’evasione di 150 miliardi di Euro). Basti pensare del resto che la più pericolosa forma di riciclaggio (e finanziamento al terrorismo) è l’hawala, un sistema informale di pagamento in cui il contante neppure esiste, essendo basato su codici e compensazioni poi tra soggetti terzi. In tale contesto il mondo della banche si è accorto delle potenzialità del mobile payment e dei pagamenti attraverso smartphone, che, di fatto, diventerà una vera e propria carta di credito virtuale, con costi di transazione più bassi di quelli del normale circuito bancario. Dopo la realizzazione in Europa e in Italia dell’Area unica dei pagamenti in euro (Sepa) ora l’obiettivo è dunque spostare denaro tra persone fisiche utilizzando gli strumenti tecnologici disponibili. Con questi sistemi e non con i divieti si riduce l’uso del contante. Anche il Consorzio Cbi, di riferimento dell’ABI, sta creando del resto un grande data base che colleghi i numeri di telefono con l’identificativo del cliente, per cui, quando con lo smartphone verrà disposto il trasferimento di una certa somma, attraverso il data base, si opererà automaticamente il collegamento tra il telefono e il conto corrente. La frontiera è dunque quella dei servizi di pagamento via mobile basati su tecnologia peer to peer.
Il raddoppio dell’m-commerce traina del resto l’m-payment: infatti pagamenti e acquisti via Mobile crescono del 55% e mobile commerce e pagamenti via Mobile valgono circa 2 miliardi di euro nel 2014, laddove una ricerca degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano stima che nel 2017 salirà fino a 5 miliardi di euro. In Italia, del resto, gli smartphone si attestano a 45 milioni di unità e i tablet a 12 milioni e l’economia di Mobile e Apps ha superato i 25 miliardi di euro, pari all’1,6% del PIL e salirà a quota 40 miliardi nel 2016 (pari al 2,5% del Pil), trainata proprio dal Mobile Commerce e dal Mobile Payment. Come anche il sistema delle criptovalute (bitcoin in testa), il mobile payment consente dunque il passaggio da un sistema banco-circuito centrico a un sistema che ruota attorno al consumatore. La (grossa) differenza è che però in tale ultimo sistema anche le banche sono attori importanti (anche se non gli unici), seppur non market maker. La rilevanza del sistema appare inoltre evidente se si riflette in ordine al fatto che, a fronte dei 2 miliardi e mezzo e più di persone che utilizzano Internet (di cui circa 1 miliardo e mezzo possessori di smartphone), circa la metà della popolazione mondiale risulta non bancarizzata. Un segmento dunque molto significativo, per il quale il mobile potrebbe essere l’unico strumento per trasferire denaro. Secondo un rapporto del Center for Technology Innovation (CTI) dell’Università di Brookings, lo sviluppo della tecnologia mobile porterebbe infatti 220 milioni di persone in più dal settore informale (quale per esempio anche l’hawala) a quello formale, per un totale di mille miliardi di dollari nell’economia dei Paesi in via di sviluppo. E con senz’altro (aspetto non indifferente) maggiori controlli (ai fini antiriciclaggio e non solo) sulle transazioni finanziarie.