Per capire il contesto in cui, anche in Italia, si sta sviluppando un dibattito di approfondimento su eventuali forme di riapertura di voluntary disclosure, è necessario avere uno sguardo su quelle che sono le esperienze internazionali. L’OCSE raccomanda del resto di adottare meccanismi di regolarizzazione permanente al fine di contrasto efficace alle evasioni fiscali internazionali.
Il programma di Voluntary Disclosure negli Stati Uniti è per esempio stato istituito nel 2009 e reiterato, in via strutturale, nel 2011. L’offshore Voluntary Disclosure Program non prevede esimenti in ambito penale. Tuttavia l’Amministrazione Finanziaria (la “famigerata” IRS) può intercedere presso il Dipartimento della Giustizia affinché il contribuente-evasore non venga perseguito penalmente.
Anche in Germania il programma di Voluntary Disclosure, introdotto nel 2011, rappresenta uno strumento permanente. La disclosure è in questo caso rivolta a tutti i contribuenti persone fisiche e non vi possono aderire i soggetti che sono oggetto di verifica. La regolarizzazione avviene pagando le imposte ordinariamente dovute maggiorate degli interessi annuali, prevedendosi altresì che, in caso di frode fiscale grave, oltre all’imposizione ordinaria, sia dovuta una somma pari al 5% delle tasse evase. Se poi si vuole avere anche una copertura penale bisognerà pagare anche una somma aggiuntiva, proporzionale alle imposte non dichiarate.
In Francia il programma di Disclosure è stato invece istituito, anche in questo caso in via strutturale (salvo proroga da parte del Ministero) nel 2013. Il programma è rivolto solo ai contribuenti persone fisiche e sono esclusi i contribuenti nei cui confronti sia iniziata una procedura di accertamento. Il contribuente è tenuto comunque a pagare tutte le imposte dovute, con maggiorazioni tra il 15% ed il 30%.
In Gran Bretagna esiste invece un sistema di adesione volontaria permanente sia per il sommerso detenuto all’estero che per qualsiasi altra irregolarità, anche domestica. La procedura di disclosure è permanente e può essere attivata anche se il contribuente è stato interessato da controlli da parte delle Autorità fiscali. In Spagna, infine, il contribuente che accede alla procedura (anche qui permanente) è tenuto a versare integralmente le imposte evase con gli interessi, nonché un “recargo”, ossia una somma addizionale tra il 5% ed il 20%, godendo anche di copertura penale.
In Italia sarebbe dunque possibile introdurre una procedura di collaborazione permanente, magari prevedendo un programma di disclosure annuale con facoltà di proroga, e con comunque, laddove prorogato, per ogni anno successivo, una maggiorazione di imposte e/o possibilità di limitazione del campo d’applicazione. Si potrebbe prevedere inoltre, oltre al pagamento di imposte, sanzioni ed interessi ordinarie, anche il pagamento di una sorta di addizionale legata al periodo intercorso fra la violazione e la richiesta di regolarizzazione. Insomma, una introduzione di un meccanismo permanente di disclosure non sarebbe, così impostata (con pagamento integrale e maggiorato delle imposte) un regalo agli evasori, ma un ulteriore strumento deflativo del contenzioso, con riduzione delle sanzioni, come ormai ce ne sono tanti nel nostro Ordinamento (adesione, mediazione, conciliazione, ravvedimento operoso), in grado, probabilmente, di convincere anche gli ultimi contribuenti “riottosi” al rientro dei capitali dall’estero.