HomeEconomiaAree interne e urbanizzazione: la rivincita delle piccole città?

Aree interne e urbanizzazione: la rivincita delle piccole città?

di
redazione

Le tendenze di città che cambiano (o sognano di cambiare)

Secondo le stime delle Nazioni Unite, il 55% della popolazione mondiale vive attualmente in aree urbane e si prevede che questa percentuale aumenterà al 68% entro il 2050. L’attrattività delle grandi città solleva però numerose criticità relative alla sostenibilità delle comunità rurali e dei piccoli centri urbani, che si trovano di fronte a spopolamento e invecchiamento demografico e alla difficoltà di riuscire a mantenere servizi essenziali come scuole e ospedali. Inoltre, il fenomeno presenta caratteristiche e dinamiche diverse fra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo, accentuando gli squilibri nelle aree più depresse del globo.

Le città in Italia rappresentano il 3,2% dei comuni, ma vi abita il 35,2% della popolazione

Anche l’Italia mostra un elevato grado di urbanizzazione: i comuni classificati come “zone rurali” (o zone scarsamente popolate) rappresentano il 63,8% dei comuni totali e in essi vive il 17% della popolazione; le “piccole città e sobborghi” costituiscono il 33% dei comuni e vi risiede il 47,9% della popolazione; nelle “città” che rappresentano solo il 3,2% dei comuni, vive il 35,2% della popolazione (dati Istat, 2023). La maggior parte della popolazione vive in comuni di medie (da 5.001 a 250.000 abitanti) e grandi dimensioni (oltre 250.000 abitanti), sebbene il Paese sia caratterizzato da piccoli comuni fino a 5.000 abitanti (54,7% del territorio): in questi ultimi risiede solo il 16,5% della popolazione. Il restante 83,5% degli italiani vive nei comuni medi (68,3%) e nei grandi comuni che, occupano territorialmente solo l’1,1% della superfice del Paese, ma ospitano il 15,2% della popolazione.

Nuove tendenze migratorie post-Covid: la rivincita delle piccole città

Tra le nuove tendenze migratorie emerse negli ultimi anni, spicca il crescente interesse verso i piccoli borghi italiani, un fenomeno che sembra sfidare il tradizionale flusso migratorio verso le grandi città.

Uno dei primi cambiamenti forzati indotto dalla pandemia è stato l’avvento dello smart working o telelavoro. L’avvento del lavoro da remoto ha scardinato la tradizionale necessità di vivere in prossimità del luogo di lavoro (fisicamente o in termini di collegamenti), aprendo la possibilità a nuove soluzioni abitative in cui i piccoli borghi sono iniziati ad apparire particolarmente attraenti. Molti lavoratori hanno scelto di tornare nei paesi di origine anche per ragioni di opportunità legate ai minori costi rispetto alle città sede di lavoro (ne sono un esempio i cosiddetti “Southworker”, circa 45.000 lavoratori che, pur essendo impiegati presso aziende del Nord, sono rientrate nelle città di origine al Sud per lavorare da remoto), altri hanno colto nello smart working un’occasione per un cambio radicale di vita.

Coniugare le opportunità della città con la vita meno frenetica del comune più piccolo

Rispetto al 2019, quando le dinamiche dei trasferimenti di residenza non erano influenzate dall’effetto Covid-19, molte grandi città di oltre 250.000 abitanti hanno chiuso l’anno con un saldo migratorio negativo, in crescita rispetto al 2019 (Torino -5,5%; Milano -4,16%; Roma -1,35%; Firenze – 1,91%), mentre moltissimi comuni di medie e piccole dimensioni hanno visto incrementare i flussi di residenti. Si affermano come vincenti città di medie dimensioni, come Pescara e Pordenone, ma anche piccole cittadine di campagna e montagna che hanno invertito la rotta pre-Covid, riuscendo a chiudere l’anno con saldi nettamente positivi.

Il successo di questi comuni è spesso dato dalla già buona dotazione di servizi, dalla loro posizione strategica rispetto alle grandi città e dai collegamenti efficienti. Chi decide di cambiare vita raramente lo fa per scegliere una vita prettamente bucolica, ma piuttosto cerca di coniugare le opportunità della città con la vita meno frenetica del comune più piccolo.

Piccole città: dove non ci sono servizi e infrastrutture, c’è spopolamento

Pur trattandosi di un fenomeno inedito rispetto alle tradizionali dinamiche migratorie, capace di scatenare fantasie di ripopolamento dei piccoli borghi interni senza la necessità di particolari politiche o investimenti, la realtà al termine dell’emergenza pandemica ha ridimensionato le aspettative. La maggior parte dei piccoli comuni rurali infatti, collocati nelle zone interne del Paese, non rispondendo ai requisiti di connettività e collegamenti infrastrutturali necessari alle esigenze dei lavoratori a distanza, continua inesorabilmente a perdere popolazione, soprattutto giovane. Inoltre, lo smartworking, che sembrava avere tutte le carte in regola per divenire una modalità di lavoro abituale, finita la pandemia è tornato ad essere marginale, impiegato solo in alcune situazioni particolari o per pochi giorni alla settimana.

Il Pnrr: nuove opportunità per i piccoli borghi

Il Pnrr stanzia oltre 1,5 miliardi di euro per investimenti e progetti dedicati al rilancio dei piccoli borghi. Si tratta di un programma ideato per sostenere lo sviluppo sociale ed economico di aree geografiche svantaggiate i cui principali àmbiti di intervento previsti sono: rigenerazione urbana, infrastrutture digitali, valorizzazione del patrimonio culturale, promozione del turismo sostenibile.

Nonostante gli sforzi profusi, la capacità delle piccole realtà di attirare nuovi residenti resta limitata. Le grandi città con i loro hinterland, continuano ad essere i principali poli attrattivi e l’emorragia demografica di cui soffrono i piccoli e medi comuni, specialmente nelle aree più rurali e interne, non sembra essere destinata ad arrestarsi nel breve periodo. Le politiche messe in campo per il rilancio dei piccoli borghi hanno, in molti casi, avuto effetti positivi sul turismo, spinte soprattutto dal crescente interesse per il turismo enogastronomico, ma sotto il profilo abitativo permangono problemi infrastrutturali e amministrativi: la connessione a banda larga, seppur in aumento, è ancora preclusa a moltissime aree del Paese, specialmente rurali e montane, i collegamenti stradali come anche i servizi di trasporto pubblico restano scarsi, l’accesso a fondi e finanziamenti richiede spesso iter burocratici lunghi e complicati, alcune Amministrazioni locali faticano a mantenere il passo con le competenze richieste per l’ammodernamento e la digitalizzazione della Pubblica amministrazione.

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