Ogni cittadino italiano ha vissuto almeno una volta nella vita l’esperienza frustrante di un’attesa interminabile per una visita specialistica, la difficoltà di ottenere un appuntamento con il medico di base o il disorientamento nel doversi destreggiare tra diversi professionisti sanitari senza un chiaro coordinamento. L’ultimo studio dell’OCSE, condotto attraverso il programma Patient-Reported Indicator Surveys (PaRIS), non fa che confermare questa realtà diffusa: nonostante il sistema sanitario italiano vanti eccellenze e competenze di altissimo livello, presenta gravi lacune che impattano profondamente sulla qualità della vita dei pazienti. L’indagine rappresenta la più vasta raccolta di dati mai realizzata sulle esperienze e gli esiti riportati direttamente dai pazienti nell’ambito dell’assistenza sanitaria primaria, coinvolgendo oltre 107.000 persone in più di 1.800 strutture sanitarie distribuite in 19 paesi. L’approccio innovativo di questa ricerca consiste nel dare voce ai pazienti stessi, concentrandosi non solo sulla loro sopravvivenza, ma anche e soprattutto sulla qualità della loro vita e sull’esperienza di cura. L’indagine PaRIS ha analizzato dieci indicatori, suddivisi tra misure sugli esiti di salute riportati dai pazienti (PROMs) e misure dell’esperienza di cura (PREMs).
Nonostante il sistema sanitario italiano vanti eccellenze e competenze, le sue lacune impattano sulla qualità di vita dei pazienti
Per quanto riguarda l’Italia, è importante precisare che l’indagine ha coinvolto esclusivamente pazienti seguiti in ambito ambulatoriale specialistico nelle regioni Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna, limitando la possibilità di considerare i risultati pienamente rappresentativi della situazione nazionale. Ciò nonostante l’indagine fornisce comunque indicazioni significative sulle criticità e i punti di forza del nostro sistema sanitario. Nel complesso l’Italia, salvo alcune eccezioni, si colloca al di sotto della media nella maggior parte degli indicatori. Un dato importante emerge dalla lettura combinata dei dati sulla spesa sanitaria pro-capite e sulle valutazioni dei pazienti rispetto al proprio benessere e le esperienze di cura vissute. Se in generale una maggiore spesa sanitaria è associata a migliori risultati sul benessere e le esperienze riferite, alcuni paesi riescono ad ottenere performance positive anche con livelli bassi di spesa (Islanda, Slovenia, Repubblica Ceca). L’Italia purtroppo non rientra in questa categoria, registrando una spesa procapite per la sanità fra le più basse accompagnata da percezioni negative, sia sul benessere che sulla qualità delle cure. Anche la numerosità del personale sanitario non mette in buona luce il nostro Paese, che si colloca all’ultimo posto per sanitari ogni mille abitanti, con effetti molto negativi sul benessere percepito dagli utenti.
L’Italia ha una spesa procapite per la sanità fra le più basse accompagnata da percezioni negative
Uno dei dati più critici riguarda la valutazione sullo stato di salute generale: solo il 39% dei pazienti italiani valuta positivamente il proprio stato di salute, a fronte di una media del 66%. Si tratta del valore più basso registrato che segna un profondo divario tra le aspettative dei pazienti e la loro percezione di benessere individuale. Ancora più preoccupante è il dato sulla fiducia nell’autogestione della propria salute: appena il 24% dei pazienti italiani si sente sicuro di poter gestire autonomamente la propria condizione, rispetto a una media del 59%, sebbene il 66,5% risponde di aver ricevuto abbastanza supporto sulle modalità di autogestione della propria condizione clinica. Il dato sulla fiducia che ci colloca in fondo alla classifica dunque può essere indicativo di una carenza nella qualità del supporto fornito ai pazienti, che spesso non dispongono di strumenti adeguati ad affrontare il proprio percorso di cura con consapevolezza e autonomia. Il report infatti sottolinea quanto questo aspetto sia fondamentale per portare i pazienti ad assumere un ruolo attivo nella gestione della propria salute, prendendo decisioni informate e svolgendo attività quotidiane che contribuiscano a raggiungere risultati migliori.
Solo il 39% dei pazienti italiani valuta positivamente il proprio stato di salute
La gestione delle multicronicità, ovvero di pazienti che presentano contemporaneamente più di una malattia cronica, è un altro degli ambiti in cui è necessario compiere passi in avanti, avendo il nostro Paese fatto registrare punteggi inferiori alla media in tutti gli indicatori sullo stato di salute di questa tipologia di pazienti. L’urgenza di affrontare in modo più efficace situazioni di questo tipo è evidente se si considera che la comorbilità non è più un’eccezione, ma piuttosto la normalità: secondo l’indagine, più di sei utenti su dieci di età superiore ai 45 anni affetti da patologie croniche dichiarano di convivere con più di una di queste (in Italia il 63%). Infine l’Italia mostra carenze significative anche nella digitalizzazione dei servizi sanitari: solo il 13,4% dei pazienti è trattato in strutture che possono scambiare cartelle cliniche in formato elettronico, rispetto ad una media generale del 57,1% e solo il 4,9% si sente sicuro nell’utilizzare informazioni ottenute tramite servizi sanitari on line (ad es. telemedicina), un dato molto distante dalla media del 19,3% indicativo di una scarsa alfabetizzazione sanitaria digitale (eHEALS).
Solo il 13,4% dei pazienti italiani è trattato in strutture che possono scambiare cartelle cliniche in formato elettronico
Nonostante le criticità, emergono anche alcuni aspetti positivi. L’Italia si distingue per un buon coordinamento delle cure, con un punteggio di 9,5 su 15, superiore alla media di 8,2 e con il 72% di pazienti che riferisce esperienze positive in questo ambito, contro il 59% della media. La fiducia nel sistema sanitario si attesta su livelli in linea con la media OCSE: il 62% degli italiani dichiara di avere fiducia nel sistema sanitario. Tra le molte difficolta sembra quindi che il SSN riesca a garantire una certa continuità assistenziale, aspetto fondamentale soprattutto per i pazienti in condizioni croniche e che rappresenti ancora un punto di riferimento importante per la salute della maggioranza dei cittadini.
Il 62% degli italiani dichiara di avere fiducia nel sistema sanitario, in linea con la media OCSE
Un aspetto particolarmente rilevante emerso dall’indagine riguarda il cosiddetto paradosso di genere nella salute: le donne, pur avendo un’aspettativa di vita mediamente più lunga rispetto agli uomini, riportano sistematicamente una salute fisica e mentale peggiore, nonché un livello di benessere generale inferiore. Questi divari persistono anche dopo aver controllato fattori come l’età, lo status socio-economico e il numero di condizioni croniche, indicando che si tratta di una “reale” disuguaglianza di genere non attribuibile semplicemente a differenze demografiche o cliniche.
Le ragioni di questa disparità sono molteplici. Da un lato, incidono fattori biologici legati alle differenze ormonali e fisiologiche tra uomini e donne, dall’altro giocano un ruolo importante anche fattori sociali e culturali, come il diverso carico di lavoro di cura familiare che ricade prevalentemente sulle donne, nonché le disparità di potere e reddito che persistono nella società. Le donne sono più frequentemente colpite da disturbi come artrite, problemi articolari, depressione, ansia e patologie neurologiche, mentre gli uomini sono più soggetti a ipertensione, malattie cardiovascolari e diabete. Questa differente distribuzione delle patologie influisce non solo sulla qualità della vita, ma anche sull’esperienza di cura: le condizioni più frequentemente riportate dalle donne, come i disturbi mentali o le patologie muscolo-scheletriche, sono spesso caratterizzate da sintomi meno “oggettivabili” e possono essere sottovalutate o non adeguatamente riconosciute dal sistema sanitario.
Il divario di genere: donne più longeve ma meno in salute
Il divario di genere pur configurandosi come un aspetto comune fra i paesi partecipanti all’indagine, in Italia è particolarmente marcato: le donne italiane registrano sulla salute mentale un punteggio inferiore di 3 punti rispetto agli uomini (contro una media di -1,5 punti), il divario sulla salute fisica è di quasi quattro punti (la media è di -2 punti), il livello generale di benessere dichiarato è 9 punti inferiore a quello maschile (-5 la media generale) e esprimono minore soddisfazione per le modalità di svolgimento delle normali attività (circa -6 punti contro una media di quasi -3). Tutti questi aspetti si traducono in una minore fiducia nel sistema sanitario nazionale e in valutazioni più negative sulla qualità dell’assistenza ricevuta. In Italia il 10% in meno di donne rispetto agli uomini esprime fiducia nella sanità (dato in linea con la media dei paesi OCSE PaRIS) e quasi l’8% in meno dichiara di aver avuto esperienze positive in termini di qualità dell’assistenza ricevuta (la media è -3%). L’analisi OCSE sul divario di genere in ambito sanitario evidenzia dunque, come la salute non possa essere misurata solo con l’aspettativa di vita, ma richiede valutazioni anche sulla qualità della vita, specie per i malati cronici ed i pazienti anziani.
Da un sistema sanitario centrato sulla malattia a uno incentrata sulla persona nella sua globalità
Le indicazioni offerte dall’indagine PaRIS tracciano chiari percorsi da seguire per il rafforzamento dei sistemi sanitari, proponendo spunti preziosi anche per il contesto italiano. Al centro di questa visione si colloca un principio fondamentale: il passaggio da un’assistenza centrata sulla malattia a una incentrata sulla persona nella sua globalità. I pazienti devono essere accompagnati verso l’emancipazione dal ruolo di destinatari passivi di cure, per divenire protagonisti attivi della gestione della propria salute. È fondamentale rafforzare la fiducia e la comunicazione fra medico e paziente basando il rapporto sulle cosiddette “tre T”: Tempo dedicato ai pazienti, cure Tailor-made (personalizzate) ed esperienze di cura Trouble-free (senza intoppi). L’OCSE sottolinea come i sistemi sanitari del XXI secolo debbano evolversi per rispondere efficacemente alle sfide poste dall’invecchiamento della popolazione e dalla crescente prevalenza di condizioni croniche multiple, ripensando l’organizzazione dei servizi. Il report esorta i sistemi sanitari nazionali a fare di Internet un alleato per la salute dei pazienti semplificando le procedure web, migliorando l’accessibilità dei siti e facilitando lo scambio di cartelle sanitarie elettroniche fra i diversi istituti che hanno in carico i pazienti, il tutto accompagnato dall’incremento generalizzato dell’alfabetizzazione digitale sanitaria. Infine, l’analisi evidenzia la necessità di politiche sanitarie sensibili alle differenze di genere e alle disuguaglianze socio-economiche, affinché ogni cittadino possa accedere a cure di qualità indipendentemente dal reddito, dall’età o dal genere.
*Mariarosaria Zamboi, ricercatrice dell’Eurispes.