Senza lavoro la Calabria è condannata allo spopolamento

Calabria lavoro

Secondo i dati pubblicati recentemente da Eurostat, il 36% dei laureati calabresi trova lavoro dopo 3 anni dal conseguimento del titolo contro il 51% del riferimento nazionale e l’81% di quello europeo. È un dato che riporta al centro il problema del lavoro in Calabria; ma ancora prima quello della condizione giovanile, che sembra condannata inesorabilmente all’abbandono della regione. Il nostro Istituto, abituato a ragionare sui dati delle ricerche e ad offrire al dibattito ed al decisore pubblico le proprie analisi, prova ad affrontare la questione ricercandone ragioni e cause.

Un mercato del lavoro fermo che non offre opportunità

In Calabria, di fatto, il mercato del lavoro sembra essere caratterizzato dalla “occupazione di un posto”, piuttosto che dalla creazione di occupazione reale e magari di qualità. In questo senso, il lavoro sembra l’opportunità contingente, spesso temporanea, precaria e da cogliere al volo per non restare inoccupati. Si tratta, in sostanza, di occupare una qualsiasi posizione, mansione o forma di collaborazione, indipendentemente dalle vocazioni, dalle competenze, capacità, e ambizioni soggettive. Un giovane laureato calabrese oggi si trova dinanzi al bivio: restare e accontentarsi di un posto di lavoro (quando c’è) o partire?

Restare in Calabria: lavorare nella PA o da precario nel settore privato

La prima considerazione che occorre fare è relativa alla tipologia ed alla qualità del lavoro che il mercato calabrese offre ai laureati. Le opportunità lavorative che è possibile intercettare in una regione in cui il tasso di disoccupazione tra i 25-64 anni è al 21,9% contro il 13,1% del resto del Paese sono molto scarse; e tra queste già poche occasioni, un numero rilevante di esse risulta riservato ad occupazioni di basso profilo. Sul versante privato, le offerte di lavoro riguardano pochi soggetti: le 110.000 imprese attive in Calabria occupano 275.000 addetti, pari a 2,5 unità per impresa contro le 4 della media nazionale (dati Istat).

In particolare, alcuni settori dell’economia considerati strategici per la struttura economica regionale, presentano le seguenti caratteristiche:

  • agricoltura, circa il 99% delle attivazioni sono a tempo determinato, e circa l’88% sono caratterizzate da un basso livello di competenze;
  • il comparto alberghiero e della ristorazione registra circa il 77% delle assunzioni a tempo determinato e sempre il 77% è caratterizzato da livelli medi di competenza e specializzazione professionale.

Dalla stessa analisi emerge in maniera evidente che:

  • circa il 60% delle attivazioni corrisponde a livelli bassi di competenze o low skill(40.617 in totale);
  • circa il 41% delle attivazioni totali riguardano il settore dell’agricoltura;
  • i contratti a tempo determinato sono prevalenti, con un dato pari a circa il 77% sul totale dei contratti. (fonte ANPAL)

Ecco, dunque, una prima risposta alla difficoltà per chi investe in un percorso formativo finalizzato al conseguimento di titoli e competenze di medio-alto livello e di alta specializzazione professionale.

In Calabria il 21% degli occupati è dipendente della PA a fronte del 14% del dato nazionale

Chi cerca lavoro nel pubblico sembra avere maggiori possibilità, dato che in Calabria il 21,4% degli occupati è dipendente della PA a fronte del 14% del dato nazionale. Anche se su questo versante, in particolare per le figure più “skillate”, in assenza di concorsi pubblici, le opportunità sembrano essere aperte quasi solo ad una categoria ben precisa: i tirocinanti. Sono, infatti  6.700 i lavoratori della PA che hanno un contratto da tirocinante. Si tratta di tirocini formativi, che interessano soggetti che in Calabria di fatto “mandano avanti” enti locali, Comuni, prefetture, Palazzi di Giustizia, scuole, musei, parchi archeologici, biblioteche, sovrintendenze e archivi di tutta la regione, garantendo il funzionamento degli uffici. Sono sia uomini che donne; la loro età varia dai 29 anni agli over 60, con una prevalenza degli over 50. La maggior parte di essi ha il diploma di scuola superiore, e molti hanno conseguito la laurea. Vengono pagati in media 500 euro al mese spesso senza feriemalattia o contributi. Il comparto dei tirocinanti si divide in quattro categorie: coloro che lavorano per il Miur, 400 circa unità; chi presta attività per il Ministero della Giustizia (843 unità) o per il Mibact (567 unità). Infine, coloro che sono adibiti alle funzioni sociali, o lavorano nei Comuni, nelle province, nelle Asp o nelle Ausl.

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Ci sono poi gli altri tirocinanti, che svolgono mansioni più usuranti e che esprimono maggiore disagio sociale, e sono circa 4.700. Lavorano nei Comuni, addetti alla raccolta dei rifiuti ovvero alla cura del verde; a lavori di idraulica e di muratura o carpenteria. Una parte di costoro svolge anche impieghi amministrativi, presso gli uffici anagrafe o di protocollazione degli atti. Molti dei soggetti rientranti in questo ultimo filone, dopo dieci anni, risultano fuori dal mercato del lavoro perché anagraficamente troppo vicini alla pensione, senza tuttavia che possano godere dei relativi contributi in quanto non versati. Inoltre, questi tirocini non vengono riconosciuti ai fini del punteggio da calcolarsi ai concorsi pubblici. Per un giovane si tratta quindi di tempo mal impiegato in una prospettiva di sistemazione lavorativa, o addirittura di tempo sprecato. Una valida opportunità sul versante pubblico potrebbe arrivare, infine, dalle selezioni che si dovranno attivare a breve per individuare decine di esperti e professionisti da impiegare nella P.A., sia pure a tempo determinato, per l’attuazione del PNRR.

Partire dalla Calabria: maggiori opportunità di lavoro e futuro spopolamento 

Per chi ha costruito un percorso formativo ambizioso e di alta specializzazione, l’accettazione di un’offerta di lavoro è condizionata spesso da altri fattori, che incrociano talvolta esigenze, aspirazioni e progetti non solo individuali e lavorativi, ma che riguardano anche la qualità della vita sociale e famigliare. Un giovane manager oggi, accanto alla coerente ed adeguata offerta di lavoro e di stipendio, considera anche le diverse opportunità che offre il territorio: servizi sociali, sanità, infrastrutture, qualità della vita, spesso riscontrando in Calabria, su quest’ultimo aspetto, carenze e ritardi che lo convincono a partire verso il Nord o l’estero. E così, l’insoddisfazione rispetto all’offerta di lavoro di qualità e le carenze dei servizi sul territorio generano sentimenti negativi che incoraggiano l’abbandono dei luoghi e condannano allo spopolamento territoriale del Sud. Ogni anno migliaia di persone decidono di andar via dalla Calabria e tentare fortuna, spesso riuscendoci, in altre parti d’Italia o all’estero, lasciando un vuoto che col tempo è destinato ad aumentare.

Nel 2050 la Calabria avrà 1,2 milioni di abitanti rispetto a 1,9 milioni di oggi

Il 2018 ha fatto registrare un decremento di circa 14 mila residenti, numero che  nel 2019 ha raggiunto quota 17 mila unità. Un trend, questo, confermato anche nel 2020, che, rispetto all’anno precedente, ha fatto registrare un incremento dell’11,9% sulle migrazioni. Numeri allarmanti, che diventano impressionanti se confrontati con un altro dato statistico, quello relativo al calo delle nascite: passate da poco più di 14 mila del 2018 a circa 13 mila nel 2019. L’Istat ha previsto che con un trend del genere, nel 2050 la Calabria avrà 1,2 milioni di abitanti, rispetto al milione e 900 mila di oggi, con una maggioranza costituita da anziani.

La Calabria ha il tasso di emigrazione più elevato in Italia: più di 9 residenti su 1000 

La Calabria è la regione – in termini relativi rispetto alla popolazione residente – con il tasso di emigrazione più elevato in Italia: più di 9 residenti su 1000 lasciano la Calabria per trasferirsi al Centro-Nord e all’estero. Infine, qualche altra considerazione che deve far riflettere circa il futuro dei calabresi:

  • i NEET, giovani (15-24 anni) che non lavorano e non sono nemmeno inseriti in percorsi di istruzione o formazione rappresentano il 28,4% della popolazione contro il 20,7 della percentuale nazionale;
  • la quota di disoccupati che hanno smesso di cercare lavoro tra gennaio e marzo è fortemente aumentata e indica soggetti passati allo stato di inattività (dal 39% al 48%). Così come è salita la probabilità di passare dalla condizione di occupato a quella di inattivo (dal 2% al 3%).
  • Ulteriore riflessione impongono i dati sul reddito di cittadinanza, dal momento chealla lista di chi ha beneficiato almeno per un mese della misura si sono aggiunti oltre 25 mila nuclei familiari rispetto al 2019, arrivando alla soglia dei 100 mila individui i percettori di RdC in Calabria, cioè circa il 10% della popolazione.

In conclusione, dunque, il pendolo che per i giovani in Calabria oscilla tra la disoccupazione e l’emigrazione, rischia di fare sprofondare la Calabria in una condizione di nuova emergenza sociale che è quella di un precariato esistenziale, che coinvolge non solo l’individuo ma un’intera comunità.

 

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