Che cosa dire di Cameron? Sicuramente verrà per sempre ricordato come l’uomo che in un solo colpo ha portato la Gran Bretagna fuori dalla Unione Europea e messo a rischio l’unità del suo paese.
Dopo la Brexit, scozzesi e nord irlandesi ripenseranno di nuovo a separarsi dal Regno Unito.
Ma perché è successo tutto questo? Da quali e quante follie autodistruttive è attraversata la nostra Europa?
Quali miseri calcoli elettorali hanno prevalso contro il buon senso? Questa paura che sembra invadere gli animi di milioni di anziani perché non viene contrastata efficacemente dai dirigenti politici? Che cosa c’è dietro questa mancanza di leadership?
Ma davvero si può affrontare il futuro guardando al passato? Penso proprio di no.
La modestia delle classi dirigenti europee è sotto gli occhi di tutti: respiro corto, calcoli sul risultato immediato, provincialismo soffocante, incapacità di comprendere appieno le sfide globali, scarsa preparazione culturale e come dessert populismo a gogò.
La voglia di dire basta la si può anche comprendere, ma va efficacemente contrastata. E contrastata nei fatti non solo nelle parole.
È stato, per esempio, un grave errore trattare con Cameron le clausole speciali per la Gran Bretagna. Non solo si è accettato di trattare sotto minaccia, ma non si è neppure capito che cedendo si compattava il voto contrario alla Europa.
Cameron è anche riuscito a spaccare la Gran Bretagna in blocchi sociali contrapposti. La Londra ricca, colta e cosmopolita da una parte, le periferie dall’altra, i giovani penalizzati dalle paure degli anziani: Attila non avrebbe potuto fare di meglio.
Povero Cameron, povera Gran Bretagna. Dio salverà ancora la Regina?