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Pd, Zingaretti. Capire cosa c’è in gioco

di
Luciano Maria Teodori

Prima o poi si arrendono tutti. Ora anche Zingaretti dice basta. E tutti si affrettano ad esternare solidarietà. Naturalmente tutti dicono che bisogna guardare avanti con fiducia.

I politici che usano questa parola, “fiducia”, non si sono accorti di essere fuori tempo massimo. Non gli crede più nessuno, neppure i parenti.

Quasi subito è ricominciata la bagarre sull’erede. Forse non si sono accorti che l’eredità non esiste più; è evaporata.

La crisi tra cittadini e partiti è ormai di sistema. Guardiamo, ad esempio, la nomina dei Sottosegretari. Al litigio mercantile ha posto fine Draghi con due parole: se non li fate entro due ore li faccio io. Fatti, ma conteranno poco. Zingaretti dice che il suo partito si occupa solo di poltrone.

Possibile che non se ne sia accorto prima? E dentro il partito nessuno lo aveva avvertito che una parte notevole del Pd voleva assolutamente la testa di Conte e riprendersi la guida del partito e del Governo.

Il Capo dello Stato li ha fermati.

Ed anche la Francia, la Germania e Biden sono contenti.

E gli italiani? Amano Draghi per lo meno quanto i politici lo temono, e non capiscono che il disastro lo hanno fatto loro.

Ma ne usciremo bene. L’Italia è sempre più importante nello scacchiere mediterraneo dove è cambiato tutto. Come da noi, del resto.

Abbiamo tanti buoni amici che ci amano.

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