Un recente report scritto dal Prof. Dong Wei della Southeast University of China, dal titolo Urban Function-Spatial Response Strategy for the Epidemic, illustra, sulla base della recente esperienza cinese, una serie di misure da adottare a livello di singola città per contenere la diffusione di un’epidemia. L’obiettivo del report è quello di individuare una serie di meccanismi, per la prevenzione ed il controllo delle epidemie, che possano venire attuati nei singoli comuni adattando, per scopi differenti, gli spazi urbani esistenti. L’idea di fondo è che la resilienza e la forza di un sistema medico-sanitario dipendano, tanto dalle Istituzioni centrali e dalle capacità tecnologiche di un paese, quanto dalla possibilità di rispondere alla crisi a livello micro attraverso la creazione in ogni città di un’Area per la Prevenzione delle Epidemie (APE). L’APE viene vista come un modello di spazio urbano integrato volto a contenere la diffusione del virus, che utilizza le risorse disponibili sul posto modificando lo scopo e la funzione degli spazi cittadini. Per gli autori creare un sistema che faccia affidamento sulle risorse locali vuol dire creare un modello che sia flessibile e adattabile, quindi potenzialmente replicabile anche in realtà ben diverse dalla Cina come, ad esempio, i paesi in via di sviluppo.
Il report da un lato illustra una serie di soluzioni pratiche adottate, in alcune città cinesi, che si sono rivelate molto utili a contenere l’epidemia, come ad esempio l’utilizzo delle celle telefoniche per ricostruire le possibili catene di contagio del virus. In particolare, ciò è stato possibile nelle città in cui era presente la tecnologia 5G. Grazie a questa, il governo cinese, una volta individuata una persona positiva al virus, ha utilizzato i dati raccolti attraverso il controllo delle celle telefoniche per ricostruire gli spostamenti e i contatti avuti dal soggetto in questione. Questo ha permesso di individuare i possibili contagiati dividendo preventivamente la popolazione: tra coloro ad alto rischio, quindi da isolare in strutture mediche in attesa di sottoporli a tampone; a medio rischio, da isolare e monitorare per sottoporli eventualmente a tampone; a basso rischio, coloro che, se non presentano sintomi, possono tornare a condurre le loro attività normalmente.
Un altro aspetto di fondamentale importanza riguarda i tempi di reazione. In questo senso, diventa necessario implementare una serie di meccanismi di controllo già nelle primissime fasi in modo da essere pronti a reagire al meglio qualora il virus cominci a diffondersi. Affinché questo o qualsiasi altro modello possa funzionare efficientemente, è però necessario che le città modifichino gli spazi urbani allo scopo di creare un sistema integrato, volto ad arrestare la diffusione dell’epidemia.
Il report individua cinque dimensioni su cui ogni comune può e deve agire se vuole limitare la diffusione di un virus.
Il primo e il più importante riguarda l’integrazione delle strutture mediche. Secondo gli autori è necessario individuare uno o più centri specializzati di riferimento all’interno della città che rappresentino il cuore della risposta e che siano in grado di accogliere i casi più gravi. Sono poi necessarie una serie di strutture minori localizzate a livello di singolo quartiere in cui accogliere pazienti che richiedono cure ospedaliere ma che non si trovano in condizioni critiche. In questo contesto, lo scambio di informazioni e il coordinamento delle varie strutture diventano imprescindibili, tanto per avere una risposta più efficace all’epidemia, quanto per ottimizzare le risorse a disposizione. Viene poi consigliato di creare un database che contenga informazioni sulle persone maggiormente a rischio così da avere un quadro, il più chiaro possibile, delle loro necessità in modo da poterle assistere al meglio.
Il secondo punto riguarda la densità urbana ed in particolare quella di determinati quartieri; in questi casi, le autorità pubbliche dovranno valutare l’ipotesi di imporre forme di quarantena più stringenti per i quartieri con maggiore densità abitativa, potenziando al contempo le strutture sanitarie locali. Affinché ciò sia possibile, potrebbe essere necessario chiudere le strade di acceso ai quartieri più colpiti e, più in generale, modificare il trasporto pubblico locale in modo da ridurre il più possibile gli spostamenti della popolazione.
Il terzo riguarda sempre il trasporto; in particolare viene consigliato di fermare il traffico cittadino lungo le principali arterie stradali della città per facilitare lo spostamento di pazienti malati e di beni di prima necessità come medicinali, cibo e strumenti protettivi. Viene, inoltre, consigliato di individuare una serie di percorsi, che vanno tenuti sgombri dal traffico, in modo da collegare gli ospedali di quartiere con i principali centri medici della città.
Il quarto punto riguarda il riutilizzo degli spazi urbani. Viene, ad esempio, consigliata la costruzione di ospedali da campo in grado di accogliere pazienti non gravi negli spazi verdi. Qualora la città non fosse dotata di sufficienti spazi all’aperto, viene consigliato il riutilizzo di spazi pubblici quali scuole, uffici amministrativi e centri congressi con lo scopo di alleggerire gli ospedali indirizzando in queste strutture i pazienti non gravi e anche gli asintomatici. Inoltre, si consiglia di rafforzare le capacità logistiche e di stoccaggio di una città, o costruendo magazzini temporanei in spazi verdi o palazzi pubblici, oppure appoggiandosi a società, quali Amazon o Alibaba, dotate di depositi propri.
L’ultimo punto riguarda la comunicazione. La mancanza di un’adeguata comunicazione e, conseguentemente, una serie di atteggiamenti sbagliati da parte delle popolazioni locali, sono elementi estremamente problematici perché fanno venir meno quella finestra temporale in cui le città possono predisporsi ad affrontare l’emergenza. Per limitare la diffusione del contagio, è fondamentale che l’intera struttura di risposta sia in piedi prima che l’epidemia scoppi con violenza. Un adeguato livello di comunicazione è inoltre estremamente importante se si vuole evitare di generare panico nella popolazione con conseguente rischio di disordini e di assalto ai negozi.
Per concludere, si può affermare che alla base del modello proposto vi sia come idea centrale quella di ridurre il più possibile i tempi di risposta, di rendere più efficienti, attraverso varie forme di coordinamento, le cure mediche e di ridurre i costi necessari per rispondere alla crisi. Come dichiarato dagli autori, si tratta di un tentativo di replicare il modello cinese di: “Early detection, early report, early quarantine and early treatment” sul tessuto urbano.
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