Tutti noi ci stiamo confrontando con la crescente complessità di questo periodo storico, nella quale un numero sempre maggiore e diversificato di elementi e fattori di cambiamento, in gran parte anche imprevisti e imprevedibili, stanno definendo una situazione di grande incertezza diffusa e di disagi crescenti nello scenario internazionale, nel sistema dei rapporti tra gli Stati, nella vita delle nostre comunità. I processi dello sviluppo globale che abbiamo vissuto negli scorsi decenni si stanno modificando attualmente a causa dell’emergere di tendenze negative legate a tensioni, conflitti, timori che inducono molti protagonisti dello sviluppo di ieri a chiudersi in se stessi, ad auto-proteggersi. È innegabile che la complessità, l’incertezza, la precarietà siano diventati attualmente tratti qualificanti la nostra contemporaneità. In un certo senso è in crisi la stessa idea di progresso. A questa tendenza bisogna contrapporre delle politiche di speranza e fiducia, contribuendo a diffondere una cultura politica positiva, a definire degli orientamenti scientifici e culturali, basati sulla elaborazione di prospettive e di scenari di progresso condiviso che stimolino tutti i responsabili delle decisioni, autorità pubbliche ed operatori privati, a vivere al meglio le sfide del nostro tempo, rafforzando le collaborazioni internazionali.
È innegabile che la complessità, l’incertezza, la precarietà siano diventati tratti qualificanti la nostra contemporaneità
Per essere efficaci nella costruzione e diffusione di una cultura positiva dobbiamo operare sulla base di una sincera disponibilità al rispetto e alla comprensione reciproca delle diversità che caratterizzano la realtà umana, la complessa storia dei popoli, il cammino che stanno facendo. Dobbiamo privilegiare gli atteggiamenti dell’ascolto, dell’analisi, dello studio attento dei reali bisogni e aspettative delle persone e delle comunità, delle loro esperienze di vita, dei loro valori di riferimento, delle loro visioni, individuali e collettive. Dobbiamo avere ben presente la natura strutturale dei cambiamenti, ma soprattutto delle trasformazioni in atto a livello globale e nelle nostre realtà specifiche. Con la parola trasformazione si vuole sottolineare che siamo arrivati ad un bivio, che abbiamo di fronte diverse nuove strade alternative da percorrere e che dobbiamo scegliere tra la strada del progresso o quella del regresso, la strada della convivenza pacifica e della collaborazione o la strada delle tensioni e dei conflitti, la strada della costruzione di una buona società, globale, nazionale, locale, o la strada degli squilibri e delle disuguaglianze crescenti.
Con la parola trasformazione si vuole sottolineare che siamo arrivati ad un bivio tra progresso e regresso
La trasformazione in atto nei processi di evoluzione scientifica, economica, sociale, politica, ha portato tutti noi di fronte a questo bivio. Dobbiamo scegliere. Non ci sono alternative, a meno che di fronte alla difficoltà non prevalga un atteggiamento segnato innanzitutto da debolezza culturale e morale, un atteggiamento orientato alla passività più che all’attività, che ci porti a preferire un arretramento nel cammino verso un progresso condiviso. Il terreno su cui agire per compiere delle scelte adeguate è ben indicato. La prima opzione riguarda l’applicazione concreta dei principi della sostenibilità per promuovere uno sviluppo economico e sociale orientato alla qualità più che alla quantità della crescita, e basato su un nuovo sistema di governance, nel quale le scelte da operare siano il risultato di una reale collaborazione tra attori pubblici e privati. Nelle sedi internazionali gli Stati hanno approvato e ripetutamente confermato questa scelta strategica, e l’hanno tradotta in precisi piani nazionali, come è possibile anche verificare agevolmente in sede Onu. Come procedere allora, concretamente, affinché sia possibile un reale, parallelo progresso nelle tre dimensioni dello sviluppo economico, sociale, ambientale? Il bivio della trasformazione sta qui: procedere nella costruzione di un modello di sviluppo sostenibile basato sulla qualità della crescita o arretrare di fronte alle difficoltà dei cambiamenti strutturali che una simile scelta comporta?
Non siamo più di fronte a un futuro da esplorare guardando alle proiezioni del presente, ma a un futuro da costruire
La seconda opzione su cui operare le nostre scelte, al bivio al quale siamo arrivati, riguarda l’elaborazione degli scenari futuri, la proiezione a lungo termine dei nostri desideri, aspirazioni, visioni. A questo riguardo, lo scorso mese di settembre 2024 gli Stati membri della comunità delle Nazioni Unite hanno approvato uno specifico documento, il Patto per il Futuro, un accordo internazionale per elaborare un percorso di progresso condiviso. Il Patto è integrato con due documenti: uno sul futuro delle giovani generazioni e uno sui processi della rivoluzione digitale, la loro governance e le condizioni per un loro possibile percorso positivo. Questo documento traccia un cammino, anche se è tutto da definire, individuare, costruire. Ma soprattutto, presenta una correzione importante. Infatti, uno degli aspetti più caratteristici dei processi di globalizzazione degli ultimi decenni riguarda la “cultura del presente”, esaltata a valorizzata da tanti studiosi, politici, operatori. Con la recente scelta compiuto dagli Stati nell’ambito delle Nazioni Unite cambia finalmente l’approccio in questo modo di gestire le dinamiche dello sviluppo. Da una cultura orientata a cancellare il passato ed a privilegiare il presente, siamo passati ad un impegno a guardare al futuro. Non un futuro da esplorare guardando alle proiezioni del presente (future to explore), ma un futuro da costruire (future to build).
Il Patto per il Futuro mette in discussione la la “cultura del presente” esaltata a valorizzata da tanti studiosi, politici, operatori
Non vi è dubbio che questo cambio di paradigma costituisca una grande sfida innanzitutto culturale e scientifica, oltre che politica, economica e sociale. Si tratta infatti di aprire un grande confronto tra le visioni, le tradizioni, i sistemi di valori etici, religiosi, umani che caratterizzano la vita delle comunità, e che segnano nel profondo i loro desideri e aspettative, la loro idea di progresso. In questa ottica, ogni contributo al miglioramento delle relazioni tra paesi rappresenta un’occasione per guardare avanti con fiducia, raccogliere la sfida che gli Stati hanno deciso di affrontare in sede Onu, e misurare le nostre capacità di studio e di analisi anche sugli scenari futuri da costruire. Raccogliere questa sfida significa ampliare il raggio dei nostri interventi dai processi economici e sociali ad un ambito decisamente più ampio. Questa è anche la via per contribuire alla definizione di un nuovo sistema internazionale multilaterale più giusto ed equilibrato di quello attuale, di un ordine globale che riduca al massimo gli squilibri e le disuguaglianze, che illumini un percorso di giustizia diffusa. Siamo tutti membri di una comunità umana che ha bisogno di operare per una profonda correzione del percorso fatto finora. Ma al punto in cui siamo arrivati questa correzione è innanzitutto un dovere etico, scientifico, culturale. Una volta arrivati al bivio delle trasformazioni, come accade attualmente, siamo di fronte alla possibilità di riaffermare il primato e la lungimiranza della politica, dell’etica, della scienza, della cultura, in una stretta e rinnovata sinergia.
*Marco Ricceri, Segretario generale dell’Eurispes.
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IES – CASS, Peking, 28 October 2024