Ventotto discariche abusive bonificate in due anni, altre otto in attesa di “giudizio”, altre quaranta “in cura” fino alla fine del prossimo anno.
Il 2 dicembre 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha condannato l’Italia al pagamento di una sanzione forfettaria di circa 40 milioni di euro e di una penalità di oltre 42 milioni per ogni semestre di ritardo, per la presenza sul territorio di 200 siti di discarica abusivamente realizzati. Il 24 marzo 2017 il Consiglio dei Ministri ha nominato il Generale dell’Arma dei Carabinieri Giuseppe Vadalà, Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari alla bonifica di 80 siti rimasti da bonificare. A due anni circa dall’inizio della sua attività commissariale, tracciamo un bilancio dei risultati ottenuti.
Generale Giuseppe Vadalà, dopo due anni circa dalla sua nomina come Commissario straordinario, proviamo a fare un bilancio del lavoro svolto. Quante sono le discariche bonificate e quante quelle che, ad oggi, sono ancora sotto infrazione dell’Unione europea?
Il risultato ottenuto finora ci conforta: alle 28 discariche abusive già fuoriuscite dal contenzioso, quindi regolarizzate e messe in sicurezza, con la risoluzione dei relativi problemi di inquinamento, si potrebbero presto aggiungere altri 8 siti (4 in Abruzzo, 2 in Campania, 1 nel Lazio e 1 in Calabria), per i quali stiamo aspettando la risposta dalla Direzione Generale Ambiente della Commissione europea e dall’ufficio che si occupa delle infrazioni dei diversi paesi. Dunque, ipotizzando che tutto vada bene, arriveremo a 36 siti fuoriusciti in concomitanza con l’ottava semestralità della nostra attività commissariale. A quel punto, degli 80 iniziali consegnati al Commissario, ne rimarrebbero altri 44. Nel corso del 2019, lavoreremo su 20 siti: la relazione per i primi 10 è prevista per il 2 giugno e per gli altri 10 il prossimo 2 dicembre. Facendo i conti, per chiudere l’infrazione nei prossimi anni, rimarrebbero 24 siti da bonificare. C’è da dire che le 80 discariche affidate al Commissario erano quelle più complesse, delle 200 iniziali, e, sicuramente, quelle che permarranno negli ultimi anni sono quelle che avranno bisogno di maggiori cure. Dal punto di vista economico, a dicembre 2014, la sanzione che l’Italia doveva pagare all’Europa ammontava a 42mln di euro ogni semestre, oggi, è scesa a 11mln e 600mila euro.
Quali sono le Regioni con maggiori criticità?
Le 80 discariche erano dislocate complessivamente in sette regioni (Calabria, Toscana, Veneto, Campania, Sicilia, Abruzzo, Lazio, Puglia): il numero maggiore di siti è localizzato in Calabria, dove erano 22. Sicuramente la Calabria ha richiesto un lavoro incessante; ma anche il Veneto è una regione che necessita di un impegno importante, perché ci sono sei grandi bonifiche da fare nell’area di Marghera, e sono quelle che hanno gli importi più considerevoli. Tuttavia, ciascuno degli 80 siti ha le sue peculiarità e complessità e la difficoltà di questa missione sta proprio nel suo carattere molto polverizzato e frammentato.
Perché in Puglia non si è riusciti finora a regolarizzare nessuna discarica?
In Puglia abbiamo trovato una situazione singolare: proprio nella semestralità del prossimo giugno, stiamo lavorando, in particolare, su due siti, uno in provincia di Foggia, l’altro di Brindisi. Erano situazioni rimaste un po’ indietro. Certo, è importante che la tabella di marcia venga rispettata, ma è fondamentale garantire che il lavoro venga fatto bene. Non possiamo rischiare che per la fretta si salti qualche passaggio.
Qual è il metodo con cui si procede e quali sono gli ostacoli che rallentano o impediscono il lavoro?
La scelta più importante dal punto di vista strategico è stata quella di effettuare sopralluoghi su tutti i siti, per verificare, sul posto, la situazione. Un altro step importante è stato quello dell’approfondimento documentale degli iter amministrativi e, non meno decisivo, l’analisi di eventuali responsabilità. Su una ventina degli 80 siti totali, abbiamo prodotto informative alle autorità giudiziarie per segnalare fatti che potrebbero avere un’esposizione penale. Un’azione importante dell’ufficio del Commissario è, poi, quella del coordinamento: abbiamo cercato di coordinare gli interventi creando tavoli di lavoro con gli enti locali, i progettisti, i rappresentanti delle agenzie regionali di protezione per l’ambiente, per cercare di condividere la soluzione ottimale e cercare di perseguirla nel modo migliore. Abbiamo siglato 30 protocolli, 13 dei quali con le stazioni appaltanti.
Da quante persone è composto il suo staff?
L’Arma dei Carabinieri ha messo a disposizione del Commissario undici persone a livello centrale che riescono a riverberare le capacità di lavoro attraverso il supporto territoriale che l’Arma dei Carabinieri ha a disposizione. Dall’inizio del nostro lavoro, sono state fatte più di 300 riunioni per sbloccare le situazioni che erano ferme.
Come vengono riutilizzati o reinseriti i siti bonificati all’interno del territorio?
Le aree bonificate vengono restituite alle collettività; vorrei ricordare, in particolare, il caso di Augusta, in provincia di Siracusa: su questo sito, dove per anni e anni è stata depositata cenere di pirite, stiamo conducendo un lavoro importante da 6 milioni di euro, per restituire al territorio il suo campo sportivo.
A quanto ammonta l’investimento totale dello Stato?
Globalmente, i fondi statali messi a disposizione per l’attività del Commissario sono 110 milioni di euro, gestiti con la modalità della “contabilità speciale”: un investimento che non considero a fondo perduto perché consente di restituire un ambiente salubre e, anche dal punto di vista idrogeologico, sistemato. A questi 110 milioni se ne aggiungono altri 90: risorse dell’Unione europea o delle Regioni, che il Commissario non gestisce direttamente, autorizzando le spese.
Che rapporto c’è, secondo la vostra conoscenza, tra l’esistenza di siti abusivi e la presenza di criminalità o mafie sul territorio?
Se al momento in cui è stata decisa questa missione dall’Arma dei Carabinieri, si poteva avere un fondato motivo che il settore fosse importante anche per le infiltrazioni illegali o criminali, dopo due anni, l’intuizione è diventata una certezza. In seguito al nostro lavoro, abbiamo evidenziato in 15 casi la presenza di criminalità di spessore di “416 bis” e di “416”. Dagli elementi che abbiamo già tratto, ma che sono in fase di approfondimento, possiamo dire che, purtroppo, esiste una infiltrazione criminale nell’ambito degli iter amministrativi e delle gare effettuate in modo non regolare.