Una flat tax “corretta” per superare il problema dello “scalino” e agevolare l’emersione del sommerso. La Lega, negli scorsi giorni, ha presentato un interessante progetto di legge (Atto Camera, proposta di legge: Gusmeroli ed altri: «Istituzione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali per gli incrementi di reddito realizzati rispetto all’anno precedente» – 1501), basato sulle seguenti direttrici. Nell’ottica di agevolare l’emersione del sommerso, si prevede un’imposta sostitutiva, con aliquota al 15%, che sostituirebbe Irpef, Ires e addizionale regionale e comunale, da applicarsi a partire dal 10% del reddito dichiarato in più (reddito incrementale), rispetto all’anno precedente, dal contribuente. A fronte di questa “autodenuncia”, il contribuente sarebbe comunque tutelato da ulteriori accertamenti tributari, escluse le ipotesi di reati particolarmente gravi, o frodi fiscali; sul reddito eccedente soggetto ad imposta sostitutiva non pagherebbe neppure i contributi previdenziali e assistenziali, ferma restando la possibilità di scegliere di versarli in forma volontaria al fine di aumentare la propria quota pensionistica. Un’altra agevolazione, non di poco conto, è quella che deriverebbe dalla conformità dell’eccedenza di reddito dichiarato. Se per i due anni successivi la base imponibile supererà il reddito dichiarato al lordo degli oneri deducibili dell’anno 2019, maggiorato della percentuale Istat dell’anno, di una percentuale del 10%, il reddito si considererà conforme. E ciò comporterà, come detto la non accertabilità, fatti salvi quei reati tributari per cui scatta il procedimento penale o la mancata dichiarazione di redditi esteri. L’imposta, nelle intenzioni del disegno di legge, si dovrebbe applicare dal 1° gennaio 2020 sui redditi conseguiti nel 2019 e dovrebbe avere una durata temporale di tre anni e riguarderebbe tutti i contribuenti titolari di partita Iva o società.
La soluzione mira anche a correggere un problema abbastanza evidente del sistema flat tax, ossia quello del cosiddetto “scalino”. In estrema sintesi, nel caso del nuovo regime forfettario, per tutti i lavoratori autonomi che guadagnano fino a 65mila euro l’anno, che prevede un’aliquota del 15%, si potrebbe generare la tentazione di restare sotto la fatidica soglia, anche a costo di “nascondere” parte del fatturato. In sostanza, chi guadagna 65mila euro l’anno non ha alcuna convenienza a incassarne ulteriori 10mila perché si vedrebbe costretto a pagare quasi 11mila euro di imposte in più. E lo stesso sarà, dal 2020, per l’aliquota flat al 20% per imprenditori individuali e professionisti che, nell’anno precedente a quello di accesso, abbiano conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, compresi tra 65.001 e 100.000 euro.
E allora il nuovo disegno di legge considera che, laddove il contribuente dichiari almeno il 10% in più rispetto all’anno precedente, sul maggior reddito, aumentato dell’incremento Istat (il riferimento è il 2019 per il primo anno di vigenza), si possa applicare un’imposta sostitutiva, denominata IrpefIresPlus (non è un errore di battitura n.d.r.), al 15%. L’idea potrebbe, in effetti, funzionare come efficace (e concreto) mezzo di recupero dell’evasione, soprattutto se unito a più efficaci metodologie di contrasto all’evasione fiscale, che appunto “consiglino” l’emersione. Analoga proposta, del resto, era stata “lanciata” anche su questa Rivista (https://www.leurispes.it/provare-la-flat-tax-soltanto-sul-reddito-emerso/), laddove si evidenziava come fosse poco credibile (anche prima della flat tax) che la media del dichiarato in Italia fosse di circa 20.000 euro (lordi), con la improvvida conseguenza che il nostro Paese considera “ricchi” quei contribuenti che dichiarano redditi sopra i 28.000 euro, con aliquote oggettivamente molto alte, tra il 38% e il 43%. Una delle motivazioni sottese alla “flat tax” era ed è quindi proprio la consapevolezza dell’evasione fiscale endemica del nostro Paese, per cui si ritiene che, applicando un’aliquota più bassa, quella gran parte di contribuenti che oggi dichiara cifre irrisorie sarebbe incentivata ad “emergere” (sempre che si assicuri loro di farlo senza conseguenze “eccessive”).
E allora la “flat tax” può ben essere vista come un’opportunità di contrasto all’evasione, da applicarsi solo sulla parte di reddito emersa, circostanza che porterebbe gli italiani a convincersi a dichiarare in più, da un anno all’altro. Una volta usciti allo scoperto, peraltro, potendosi contare su una concreta base imponibile di riferimento, non sarebbe, allora sì, lontana l’idea di applicare la nuova aliquota su tutto il reddito, finanziando le minori entrate con le maggiori risorse provenienti dall’allargamento della base imponibile. Insomma, un percorso almeno da tentare.