Il Senato sarà chiamato a votare in mattinata la questione di fiducia apposta dal governo su un maxiemendamento relativo alla legge di Stabilità. Alla fine è andato tutto secondo le previsioni della vigilia. Come da consumata consuetudine, il testo presentato ieri sera da Palazzo Chigi rispetta – pur con qualche piccola correzione – il lavoro svolto in questi giorni dalla Bilancio. Il grosso del lavoro verrà fatto a Montecitorio, dove il governo può contare su numeri che non sono in grado di suscitare la minima preoccupazione. I riflettori resteranno quindi puntati sugli interventi a favore del Mezzogiorno e delle nuove assunzioni. Il governo non è ancora riuscito a trovare circa 500 milioni per il comparto sicurezza. Fondi che dovrebbero arrivare, spiegano fonti parlamentari, con un emendamento alla Camera. L’auspicio è che possano arrivare due miliardi in più rispetto alla cifra prevista ma i conti, spiegano dal governo, verranno fatti tra una decina di giorni. Un’altra strada che verrà battuta sarà quella di chiedere ancora maggiori margini di flessibilità all’Unione europea. Dalla maggioranza escludono invece di rivedere a Montecitorio il “dossier Tasi”, anche se dalla minoranza del Pd filtra la voce di una trattativa aperta per ridurre la platea dei beneficiari della misura voluta fortemente dal premier Renzi. I bersaniani insistono pure sul tema dell’utilizzo del contante: cavallo di battaglia che ha sortito qualche effetto solo per il trasferimento di valuta attraverso i “money transfer”, che non potranno disporre ordini superiori ai mille euro. Durante il voto di fiducia cinque o sei esponenti di Ncd vicini a Quagliariello si sfileranno ma i numeri, questa la convinzione della maggioranza del Partito democratico, non sono affatto a rischio. Un nuovo fronte critico si è aperto però proprio nel Pd, con Matteo Richetti, renziano della prima ora, che è tornato a criticare la gestione del Nazareno nelle ultime settimane. “La rottamazione è fallita”, ha dichiarato il deputato emiliano. Parole figlie anche dell’ultima vicenda che ha coinvolto la presidenza della Regione Campania. I dirigenti vicini al premier leggono nella mossa dell’ex presidente del Consiglio dell’Emilia-Romagna, il tentativo di riprovare a costruire quell’area cattolica che non piacque affatto al premier. Questa volta però, più che una componente “catto-renziana” come si era delineata all’epoca, l’intento potrebbe essere quello di aggregare i delusi che chiedono si torni al renzismo delle origini. A parte le insinuazioni sulle ambizioni di Richetti – su cui si è malignato per tutta la giornata di ieri – prima o poi potrebbero aprirsi nuovi spazi per quanto riguarda la segreteria del Pd. L’idea era quella di un corposo restyling con il ritorno di Stefano Bonaccini alla segreteria nazionale. Era previsto un avvicendamento in diverse caselle, dagli Enti Locali alla Scuola, e la promozione di alcuni, come il fedelissimo renziano Ernesto Carbone. Ma con ogni probabilità, il presidente dell’Emilia-Romagna Bonaccini andrà alla presidenza della Conferenza delle Regioni al posto del dimissionario Sergio Chiamparino. I bersaniani hanno fatto notare che qualche giorno fa il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Delrio – anche lui vicino al presidente del Consiglio – ha partecipato ad un’iniziativa di Cuperlo. La minoranza si è servita delle parole di Richetti per attaccare il governo: non a caso è stata convocata per il 5 dicembre un’iniziativa nazionale che compatterà l’ala guidata da Speranza e quella di Cuperlo per arrivare ad un’unica area di sinistra capace di tornare ad avere voce in capitolo nella gestione del partito e nelle dinamiche parlamentari. I renziani, dal canto loro, vivono molto male il possibile ritorno di un “Pd delle correnti”. Una condizione che sarebbe capace di spazzare via buona parte della leadership renziana. Dopotutto, l’ex sindaco di Firenze – specie nei mesi più recenti – ha dimostrato di non avere particolare attenzione per la gestione del partito. Un’assenza che inizia a farsi notare pesantemente sui territori. Realtà in cui l’attuale segreteria spesso non riesce ad avere alcun tipo di peso politico.
Passando ai lavori dell’Assemblea di Montecitorio, questa mattina prenderà il via la discussione generale sul disegno di revisione costituzionale sull’abolizione del bicameralismo paritario e la ridefinizione dei rapporti tra lo Stato e le Regioni.
La “Giornata Parlamentare” è a cura del Centro Studi Parlamentari NOMOS
Fondato nel 1993, NOMOS è uno dei primi studi italiani specializzati nella comunicazione con le Istituzioni. https://www.nomoscsp.com