Forse è giunto il momento in cui l’Italia potrà tornare ad essere protagonista in Europa. Il periodo è cruciale, per noi e per l’Unione.
Il cambio di passo avvenuto può rappresentare una svolta non solo a livello nazionale, ma anche a livello europeo, e questo senza credere ai “miracoli”. Infatti, se non scatta il senso di responsabilità, se non costruiamo adesso una visione, quando lo faremo? Con la crisi sanitaria che ritorna e si aggrava sempre più, con le conseguenze economiche già molto pesanti, cos’altro dobbiamo aspettare per fare dei passi avanti?
Il ritardo dell’Europa nella corsa ai vaccini è tutto ancora da colmare
Solo i vaccini potranno arrestare la pandemia. Ma siamo in forte ritardo. La Commissione Europea si è mossa piuttosto ingenuamente; ha fatto quello che poteva, solo che lo ha fatto male. È caduta in confusione, si è fidata delle case farmaceutiche. Non ha pagato i vaccini in anticipo come hanno fatto gli USA, il Regno Unito, Israele, e così via, per cui mancano le dosi e la campagna vaccinale langue. Non è un bell’esempio di efficienza e la conseguenza è che aumenterà il prezzo economico da pagare, così come aumenterà il debito. Ma non poteva essere diversamente, visti i limiti dell’Unione. Solo la BCE interviene concretamente.
È ora di fare l’Europa
Quello che manca, purtroppo, è la volontà, un’iniziativa che metta al centro il rilancio dell’Unione, con la creazione di una “entità istituzionale” politica e democratica. Un percorso da iniziare senza ulteriori attese. Un percorso parallelo a quello italiano, perché anche l’Italia ha bisogno di rimodellare il suo sistema istituzionale per rafforzare l’azione del Governo e di attuare alcune riforme ormai quasi secolari. Fra queste, quella della Pubblica amministrazione, solo per fare un esempio, visto il fallimento di tutti i tentativi che si sono avvicendati nell’ultimo secolo. C’è bisogno di un’azione mirata a ridurre drasticamente i passaggi e gli interventi a cui la stessa PA è chiamata, compresa l’emanazione di una miriade di decreti attuativi per ogni decreto o legge dello Stato. Un retaggio “bizantino” che va soppresso. Serve semplificare, semplificare, semplificare. Non altro. Troppi passaggi, troppe leggi, troppi decreti attuativi, troppe circolari, più quelle che chiariscono altre circolari. Servono solo a produrre corruzione, sottomissione, clientelismo e ritardi come tante ricerche – comprese quelle dell’Eurispes – hanno ampiamente dimostrato più volte.
Il cambio di passo dell’Italia
Sia in Europa, l’anno scorso, sia in Italia, sembrava che tutto stesse precipitando. Poi a luglio 2020 l’Unione ha fatto un passo, modesto, solo un segnale sufficiente per evitare la fine. Lo stesso vale per l’Italia vista la situazione in cui si era cacciata alla fine dell’anno, con un Governo nascosto dietro la pandemia per prolungare la sua durata e per coprire la mancanza di visione e l’assenza di un programma capace di produrre cambiamenti e di rimettere in moto crescita e occupazione. Perciò occorre lavorare affinché il mutamento avvenuto in questi giorni sia salutare ed efficace. Al di là dei limiti che si possono sempre intravedere, il cambio di passo effettuato è molto significativo e pieno di attese. Forse anche troppe. Può comunque rappresentare un’occasione per il nostro Paese. Non ha senso il paragone col Governo Monti che aveva il compito di attuare una politica di austerità, d’ispirazione tedesca, imposta dalla crisi finanziaria.
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Ma quello che ha sbalordito di più anche gli osservatori stranieri non è solo Mario Draghi a capo del Governo, una risorsa che molti ci invidiano, ma la grande maggioranza “europeista” che si è creata attorno a lui, in particolare la conversione all’Europa della Lega. Una vera novità che, se si consolidasse, oltre a premiare lo spirito unitario del Presidente del Consiglio, visto come “un dovere”, rafforza il nostro Paese in àmbito europeo ed internazionale.
Infatti, è su questo fronte che si gioca la scommessa: Italia ed Ue insieme. Ma per farlo l’Europa non può rimanere quella che è oggi, perché in àmbito internazionale ha un ruolo molto limitato, è interlocutrice solo nel contesto dell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio). Per il resto è quasi assente, vittima della politica, spesso divisiva, degli Stati membri. Lo abbiamo visto, come dicevamo, anche con la pandemia e con l’emergenza sanitaria, non solo nel Mediterraneo. È quasi come se non esistesse, tant’è che Cina e Russia hanno buon gioco e fanno di tutto per indebolirla ulteriormente.
La sfida di Draghi e dell’Italia
Non è molto diverso sul piano interno, dove la sua capacità di azione e le carenze non risultano minori. È su questo fronte interno all’Europa che si giocherà la sfida di Draghi e dell’Italia. Già dinanzi alle scadenze immediate – come la sospensione del Patto di Stabilità da mantenere, la procedura per eccesso di bilancio, la questione del debito, l’Unione bancaria, ecc. –, ci faranno tribolare e non poco. Ma la sfida principale, come dicevamo, si gioca sulla costruzione dell’Unione, politica e democratica. Su questo fronte il nostro Paese, ricco della sua tradizione, dovrà fare quadrato, coinvolgendo i cittadini (non solo i partiti) per imporre un’agenda insieme a Francia, Spagna e Germania con l’obiettivo di cambiare l’Unione.
È quello a cui il Laboratorio Europa e l’Eurispes lavorano da tempo. Il momento di agire è arrivato. Ci sono tutte le condizioni: l’occasione va colta, e non persa.
*Carmelo Cedrone è il coordinatore del Laboratorio Europa dell’Eurispes.