Quando un tir diventa un’arma

Lo avevamo detto. È successo. Stavolta pochi chilometri dai nostri confini nazionali. Sempre in Francia. In un giorno di festa, significato simbolico notevole. Conversando con i ragazzi di un master in materia di intelligence a Roma, abbiamo a lungo commentato un altro capitolo di questa guerra mondiale.

Torna alla mente il recente contributo sul diritto penale del nemico. Oltre che al dolore ed allo sgomento, i media si affollano di commenti, di propositi, di idee, di reazioni, le più varie e distanti. Dal canto nostro ci preme sottolineare un dato storico ed avviare ulteriormente il discorso verso la necessaria consapevolezza che solo un diritto speciale può fronteggiare un’offensiva simile con speranza di successo. La prima considerazione riguarda le modalità specifiche di commissione del fatto. L’uso di un tir e di un’arma da fuoco in una folle corsa zig-zag tra la folla festante di mamme e bambini innocenti che assistevano ad uno spettacolo di giochi pirotecnici sul lungomare di Nizza ci ricorda ancora una volta che non si è sicuri mai, in nessun luogo e da qualsivoglia arma nei confronti di una simile offensiva e minaccia.

È guerra totale. Si tratta di una guerra che va combattuta, a nostro avviso, innanzitutto sul piano della civiltà con il dialogo tra religioni, pretendendo ufficiali prese di distanza da parte dell’Islam moderato rispetto a simili forme di attentati rivendicati come di matrice religiosa, promuovendo incontri interreligiosi, manifestazioni comuni, condivisione, tolleranza ed accoglienza. Nel contempo, nondimeno, occorre ancora una volta implementare la legislazione in vigore, sia sul piano del diritto interno, sia sul piano del diritto internazionale, tenendo conto delle nuove modalità operative dei terroristi. È necessario un controllo più profondo dell’identità, soprattutto nei confronti dei migranti e degli immigrati. È necessaria una forma di monitoraggio del proselitismo più efficiente e soprattutto più efficace.

Non è una guerra, questa, che si può combattere solo a suon di decreti legge antiterrorismo. Occorre innanzitutto la presa di coscienza della necessità di un nuovo diritto che tenga conto della specialità della minaccia. Dure forme di controllo, di monitoraggio, di osservazione, di intercettazione, di assunzione di informazioni, di isolamento ed emarginazione, di reclusione, di sequestro, di confisca, di punizione.

Va sottolineata, altresì, la freddezza che ancora una volta ha caratterizzato l’azione terroristica che commentiamo. L’attentato ha dato luogo ad un condizionamento destinato a portare a delle conseguenze prospettiche incalcolabili su ciascuno di noi. In detta modalità di attacco il controllo non ha funzionato, è dunque necessaria una maggiore forma di prevenzione al fine di controllare e di prevenire attacchi terroristici. Ancora una volta sono gli innocenti che pagano.

*Le opinioni dell’Autore non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza, e sono espresse a titolo personale

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