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Tasse, per 4 su 10 sono aumentate. “Servono infrastrutture fiscali”

di
Giovambattista Palumbo

In base alle rilevazioni dell’Eurispes, “solo” per quattro italiani su dieci le tasse sono effettivamente aumentate, facendo così registrare un dato del 27% in meno rispetto al 2013, anno in cui gli italiani che lamentavano l’aumento della pressione fiscale erano il 69,2%. Di contro, oltre uno su dieci (12,2%) ha sperimentato una leggera (9,5%) o netta (2,7%) diminuzione della suddetta. Il dilemma risulta essere, del resto, se sia più conveniente pagare meno tasse e avere più soldi in tasca, rilanciando i consumi (come ritiene il 37,5% degli italiani), o se, invece, sia preferibile avere più servizi pubblici e di maggiore qualità. Per il 22,6% degli italiani, la minore pressione fiscale inciderebbe negativamente sulla disponibilità e qualità di quest’ultimi. Pagare le tasse allo Stato per avere un livello accettabile di servizi pubblici è, comunque, indispensabile per il 49,8% dei cittadini (il 16,4% in meno rispetto al 2007) a fronte di un 50,2% che è “poco” o “per niente” d’accordo con questa affermazione. E, dunque, sarebbe preferibile ridurre l’imposizione sulle imprese (come ritiene il 22,4% degli italiani), oppure sarebbe meglio ridurre l’imposta sulle persone fisiche (come ritiene il 20,1% dei cittadini)? In tal senso, è interessante notare che sia gli appartenenti al centro-sinistra che al centro-destra individuano come prioritaria la necessità di diminuire le imposte sulle imprese, mentre i cittadini che si collocano al centro sono gli unici a ritenere che, nell’attuale fase economica, sarebbe più giusto ridurre l’imposta sulle persone fisiche – facendo così presumere che il cosiddetto ceto medio non è “medio” solo economicamente, ma anche nella sua collocazione politica. Infine, un dato per certi versi “allarmante”: più della metà degli italiani tende a giustificare l’evasione in determinate situazioni. A fronte di questo, il 17,3% degli italiani è favorevole al carcere come sanzione per gli evasori.
Fin qui i “freddi” numeri.
Quello che emerge da una visione di insieme è la necessità di una strategia di lungo respiro, che sappia costruire delle vere e proprie “infrastrutture fiscali” per il Paese. Alta velocità e 5G verso un futuro che garantisca i princìpi costituzionali tributari: dall’adempimento di ciascuno in base ai princìpi di capacità contributiva, alla realizzazione di una effettiva uguaglianza di ogni contribuente davanti all’erario; fino ad arrivare ad una doverosa tutela della capacità imprenditoriale. Insomma, un vero e proprio “piano Marshall fiscale”, che passi, ad esempio, attraverso:
1) la riforma dell’Irpef, per tutelare anche quella classe media che, oggi, in base ai risultati del sondaggio, sembra la più penalizzata dall’attuale struttura dell’imposta (e che spingerebbe senz’altro verso l’alto i consumi interni, con vantaggi per tutta la collettività);
2) prima (e più) che carcere per gli evasori, far pagare le tasse anche ai criminali, attraverso una efficace tassazione dei proventi illeciti, per quanto già non confiscato;
3) un giusto, equo, veloce ed efficiente processo tributario – con giudici tributari professionisti e nuovi strumenti di deflazione del contenzioso – sbloccando quei 100 miliardi di euro fermi nelle aule giudiziarie, che, o sono dello Stato (perché gli accertamenti sono corretti), o sono dei contribuenti, i quali finalmente potrebbero rimettere nel circolo economico quelle risorse;
4) un sistema razionale ed efficace di fiscalità ambientale, in grado di ridurre i danni all’ambiente e alla salute e di far pagare, a chi crea tali danni, il giusto contributo alla collettività;
5) un fisco a tutela e sostegno delle PMI, con, ad esempio, agevolazioni fiscali su distretti industriali e contratti di rete;
6) un taglio (finalmente) delle spese fiscali inutili.
Il problema non è, dunque, se far avere più soldi in tasca ai cittadini o mettere a disposizione di questi ultimi servizi pubblici migliori a seguito di un rincaro delle tasse; il punto cruciale è che qualsiasi scelta dovrà essere a lungo respiro, razionale, ma anche strategica, in una visione di insieme che abbracci l’economia, il diritto, il sociale e soprattutto il futuro di questo Paese.

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