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Terzo settore, un laboratorio di partecipazione e cittadinanza. Intervista a Francesco Gentili.

di
Cecilia Fracassa

Nell’ambito del dibattito sul Terzo Settore avviato da tempo dall’Istituto Eurispes, intervistiamo Francesco Gentili, che collabora con il Forum Nazionale del Terzo Settore per il quale si occupa di ricerca, finanza e sviluppo sostenibile. Francesco Gentili è inoltre Coordinatore Didattico del Master dell’Università Sapienza di Roma in Terzo Settore, Innovazione Sociale e Governance dei Sistemi Locali di Welfare.

Quello sul Terzo Settore è un dibattito sempre vivo. È possibile darne, in prima battuta, una definizione generale?

Quello del Terzo Settore è un universo vasto e in continua crescita. Secondo quanto disposto dalla recente Codice del Terzo Settore (D.Lgs 117 /17 art.4), gli enti di Terzo Settore sono quelle «organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o piu’ attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore». Attenzione, però: occorre precisare che esso non deve essere confuso con il “settore non profit”: se è vero che tutti gli enti di Terzo Settore sono enti non profit non è possibile affermare il contrario; partiti politici, sindacati e organizzazioni religiose, ad esempio, sono enti non profit ma non rientrano nel novero delle organizzazioni di Terzo Settore perché non rispondono a determinati requisiti propri degli ETS.

Dal mio punto di vista, credo che il Terzo settore si possa definire dunque come un laboratorio di pratiche innovative di partecipazione e cittadinanza, con l’obiettivo di sperimentare e cercare di fornire soluzioni innovative ai bisogni, ai desideri e alle aspirazioni delle comunità. Non è un insieme di meri erogatori di servizi e non svolge, dunque, solo un ruolo di supplenza alle inefficienze pubbliche e private.

Qual è stata l’evoluzione del Terzo settore italiano in termini di volume di attività e di personale negli ultimi anni? In quali settori di attività operano le organizzazioni del Terzo settore in Italia?

Il Terzo Settore vanta in Italia una lunghissima tradizione. Sin dal Medioevo, infatti, le organizzazioni di Terzo Settore hanno sempre svolto un ruolo determinante nel panorama economico e sociale del nostro Paese. Negli ultimi anni, si è assistito ad una considerevole crescita in termini di numero di organizzazioni e di personale impegnati nel Terzo Settore. Si è passati dalle 235.232 organizzazioni censite nel 2001 alle 350.492 del 2017 con oltre 5,5 milioni di volontari e 844.775 lavoratori dipendenti nel 2017[1].

In Italia, le organizzazioni del Terzo settore operano in un ampio ventaglio di settori, come cultura e sport, educazione e ricerca, salute e cura alla persona, ambiente, sviluppo economico, protezione dei diritti umani, solidarietà, cooperazione internazionale. Le organizzazioni più numerose in Italia sono quelle occupate nei settori «ricreativi e sportivi», che rappresentano il 64,5% del totale.

Che cosa prevede la recente riforma del Terzo settore e quali sono gli obiettivi?

Quella del Terzo settore è una riforma ampia ed esaustiva, epocale per l’intero comparto. Prima di tutto, la riforma (L. Delega 106/2016 unitamente ai decreti delegati n. 112/2017 e n. 117/2017 o Codice del Terzo Settore), come detto, ha, per la prima volta, stabilito con precisione i requisiti necessari per poter definire gli Enti del Terzo Settore: dai requisiti legati alla governance dell’organizzazione a quelli relativi ai settori di azione e intervento (sono 26 le aree di intervento identificate dalla riforma come centrali per la comunità – art.5 CTS), passando per una precisa ripartizione delle qualifiche ricomprese nel grande perimetro del Terzo Settore (organizzazioni di volontariato-Odv, associazioni di promozione sociale-Aps, imprese sociali, incluse le attuali cooperative sociali, enti filantropici, reti associative, società di mutuo soccorso e altri enti). Per definirsi tali, gli ETS devono necessariamente essere iscritti al Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), che rappresenta una novità rispetto ai precedenti registri territoriali (si parla di oltre 300 registri!) per gli enti del Terzo settore e che sta prendendo forma e operatività proprio in questi mesi.

Un elemento fondamentale della riforma è quello legato al rapporto tra la Pubblica amministrazione e gli Enti del Terzo settore: per la prima volta, infatti, viene promossa e definita la collaborazione tra PPAA e ETS attravero gli strumenti della co-programmazione e della co-progettazione. Si tratta di istituti volti a superare la logica sinallagmatica che da sempre caratterizza tali interlocuzioni impedendo di valorizzare il duplice ruolo che gli ETS sono in grado di svolgere : dalla collezione dei bisogni e delle aspirazioni delle comunità all’erogazione di servizi e produzione di beni.

Il Codice del Terzo Settore disciplina poi diversi aspetti dell’ordinamento e dell’amministrazione degli enti, prevede forme di controllo sia interno agli enti che esterno, adotta alcune misure promozionali (quali, ad esempio, il Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale, i titoli di solidarietà, il social bonus, il social lending, etc.). La riforma prevede poi un nuovo regime fiscale strutturato in base alle finalità e alla gestione delle attività degli enti del Terzo settore. Tra le altre aree di azione della riforma c’è, inoltre, il potenziamento dei Centri di servizio per il volontariato (Csv) e l’ampliamento del loro campo di azione. Il Servizio civile diventa universale, riorganizzato nella sua governance, rappresentanza, sistema di finanziamento e organizzazione. Si aggiungono a questa imponente riforma altri strumenti, quali nuove regole per il 5 per mille che diventa più agevole e accessibile per gli ETS, accorciando i tempi di erogazione e modificandone le soglie minime. Infine, la riforma istituisce la Fondazione Italia Sociale, come fondazione di partecipazione senza scopo di lucro, che ha come fine il finanziamento delle attività degli ETS utilizzando risorse private.

Quale è il ruolo del Forum Nazionale del Terzo settore in questa fase di transizione?

Il Forum Nazionale del Terzo Settore – l’organizzazione più rappresentativa del Terzo Settore italiano che rappresenta 100 grandi reti associative e oltre 150.000 enti territoriali – svolge un ruolo di rappresentanza, formazione continua e ricerca. Il Forum, da sempre, costituisce un punto di riferimento degli attori del Terzo settore per quanto riguarda le politiche sociali, ambientali e di sviluppo sostenibile  e per l’aggiornamento sul quadro giuridico;  offre inoltre una formazione mirata – si veda il Progetto Formazione Quadri Terzo Settore (FQTS) attivo da più di 10 annni – oltre ad avere al suo attivo diversi progetti per favorire il coordinamento tra gli ETS nonché sviluppare l’interlocuzione con tutti gli stakeholder e le Istituzioni pubbliche, sia nazionali che regionali. Rispetto alla fase di transizione che la riforma comporta, il Forum ha avuto un ruolo cruciale ed è attivo su molti fronti, in fase di preparazione della riforma, intervenendo nel dibattito politico e facendosi portavoce delle istanze dei tanti cittadini deboli e delle organizzazioni che rappresenta. Parallelamente, il Forum ha messo in opera vari progetti di divulgazione, formazione e ricerca sui vari aspetti della riforma.

Il primo progetto in questo senso è stato “Capacit’Azione“, un programma realizzato con il Forum Terzo Settore del Lazio e CSVnet, nato con l’obiettivo di offrire una chiave di lettura comune sulla Riforma. L’iniziativa ha coinvolto oltre 1.300 operatori di Terzo Settore e più di 130 funzionari e dirigenti della Pubblica amministrazione. A supporto del progetto Capacit’Azione, nel 2019 è nato “Cantiere Terzo settore“, un portale di divulgazione che vuole rendere accessibile al grande pubblico la normativa, facilitarne l’applicazione e non perdere le potenzialità di sostegno previste. ll sito, per spiegare in dettaglio la riforma del Terzo settore, offre agli utenti aggiornamenti e approfondimenti sotto forma di articoli, video, infografiche, podcast, testi integrali della normativa, vademecum, pubblicazioni originali sulla legislazione, eventi e seminari di formazione.

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[1] Fonte ISTAT. Occorre, però, precisare che l’ISTAT nei suoi censimenti parla di “Organizzazioni non profit” non limitandosi, dunque, alla sola analisi degli Enti di Terzo Settore.

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