Viaggio nei bassifondi di Internet: le tariffe per uccidere

Un cammino sconvolgente nei bassifondi del web. Perché sotto Google, sotto Yahoo, sotto Facebook e sotto tutti i siti che normalmente clicchiamo, c’è una fogna maleodorante, un deep web o dark web, profondo o scuro, come preferite, dove ti dicono dove comprare droga, godere della pedofilia,  acquistare armi e far picchiare, o addirittura far uccidere qualcuno. Un inferno al quale però non è facile accedere. Livio Varriale lo ha attraversato per quasi un anno, con l’accortezza di non usare come traghettatore il computer con il quale normalmente naviga e di scaricare un programma denominato Tor Browser. I siti proibiti non finiscono in punto com, punto it, punto org, ma in punto onion. Il pagamento di questi loschi affari non avviene in euro e nemmeno in dollari, ma nei più anonimi e sicuri bitcoin, la moneta elettronica di cui tanto si parla. Questo viaggio di sapore dantesco è raccontato da Varriale in “La prigione dell’umanità” (Edizioni Minerva, pag 174, euro 12), un libro che fa tremare i polsi ad ogni pagina che si sfoglia.

 

La prigione dell'umanità

Ammazzare un’ex moglie o un ex marito, per chi non abbia la voglia di comprare un’arma (e sul dark web ne trovi quante vuoi) o la forza di premere un grilletto, costa l’equivalente in bitcoin di 5 mila dollari. Ci sono almeno un paio di siti che assicurano questo servizio: uno si chiama Dark Mamba e un altro Crime Bay, che precisa i dettagli del tariffario. Con la somma appena citata, te la cavi se l’obiettivo è “una persona media”. “L’esecuzione sarà con pistola. Il killer scappa con auto o moto”. Ma, si precisa poi, “per le persone importanti, che hanno le loro guardie del corpo, vi offriamo personale professionale, ex militari operativi, a partire da 30 mila dollari. Usano un fucile per fare il lavoro così da sfuggire in modo discreto”. Ancora, un’aggressione costa da 500 a 2000 euro. Tra gli altri servizi offerti, sabotare auto in modo da provocare un incidente o incendiare case. L’ordinante deve mandare un anticipo, in bitcoin appunto, il resto verrà regolato a lavoro fatto.

La rete che contiene questi servizi si chiama Tor, ed esplorandola Varriale è venuto in contatto con vari malviventi che la animano. Per la droga, si trova quasi sempre “roba buona”, cannabis, cocaina o eroina che sia. La puoi acquistare su Alpha Bay. Curioso l’annuncio di un venditore olandese, specializzato nel distribuire marjuana in Italia in confezioni da 5 grammi all’interno di buste d’auguri. Il mercato dell’eroina è invece spesso mosso dai terroristi dell’Isis (molto forti anche in quello dell’oppio), che così si finanziano. Il porno  tradizionale non va molto, perché se ne trova già in abbondanza in rete. Uno dei mercati più redditizi del dark web è invece la pedofilia, e il nostro navigatore è incappato in visioni strazianti: come quelle di bimbi frustati e abusati, o addirittura uccisi. Tra i tanti, Varriale ha individuato un sito che si chiama Hard Kandy, dedicato alla “child pornografy”. Un altro, Akimo, spedisce a domicilio ai pedofili bambole in silicone di tre grandezze, pari a una bimba 5, di 9 e di 13 anni. Prezzo, l’equivalente di 1300 euro.

C’è poi il capitolo terrorismo: una chiave di ingresso è l’applicazione Telegram, usata per pubblicare, ad esempio, il manuale in 66 pagine sull’attività del “lupo solitario”. Ma è Twitter il canale prediletto da chi vuole fare comunicazioni di sommosse: è attraverso questo social che si diffuse ad esempio la cosiddetta “primavera araba”. Il libro ha anche uno scopo didattico: in una sessantina di note a pie’ di pagina si spiegano al lettore concetti informatici semplici, come quello di “download”, o un po’ meno conosciuti, come “thumbnail”, e tanti altri ancora.

La seconda parte del volume, intitolata “Il pericolo viene dal web”, darebbe materia per un altro, distinto libro. L’autore riemerge dagli inferi e stavolta fornisce un giudizio, piuttosto preoccupato, sulla rete ufficiale e il futuro dell’umanità. Si va dalla semplice constatazione di come il telefono cellulare abbia rallentato il nostro processo attivo di conoscenza rispetto al pc di casa, in cui era più agevole fare ricerche (ad esempio su Wikipedia), mentre oggi ci troviamo inglobati e ingabbiati in aggregatori di notizie, e si arriva a temere per le nostre conquiste civili: non siamo quasi più padroni della libertà di informazione e veniamo condizionati anche nei prodotti da consumare. I “bigdata” sanno molto di noi e molto ci impongono, agendo persino attraverso strumenti apparentemente innocui, se non addirittura ambiti da chi fa la spesa, come le tesserine a punti dei supermercati.

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