Musei alla siciliana: pochi custodi, chiusura nei festivi

Quante volte abbiamo sentito dire che la Sicilia potrebbe ‘vivere’ solo di turismo? Certo, se i musei e i siti archeologici fossero aperti sarebbe tutto molto più facile. Si, perché la situazione attuale è la seguente: a partire dall’ultimo ponte di primavera è stata prevista la chiusura al pubblico dei più importanti musei siciliani durante i giorni festivi, proprio quelli di maggiore afflusso di turisti da ogni angolo del pianeta.

Porte già sbarrate al museo Abatellis e al Salinas di Palermo ma anche al Griffo di Agrigento. Motivo principale della chiusura? Carenza di personale. Anche i servizi di tutela e di vigilanza notturna ne pagheranno il prezzo. Una situazione paradossale, se solo si pensa che i 111 siti della regione siciliana sono ben il 26,5 per cento di quelli presenti in tutto il Paese, e andrebbero al contrario valorizzati, visto che riescono ad attrarre soltanto il 9,2 per cento dei visitatori e ad incassare l’11 per cento circa degli introiti totali. Così, alla triste storia degli sprechi, dei mancati investimenti in infrastrutture e collegamenti per garantire una fruizione piena dei siti monumentali, ora si aggiunge la questione della chiusura nei giorni festivi e in quelli estivi.

Nell’ordine, la galleria di Palazzo Abatellis è stata costretta a chiudere nei giorni di sabato e domenica pomeriggio, seguita a ruota dal Parco Archeologico di Naxos-Taormina, da quello di Segesta, dal museo Lilibeo di Marsala e da quello Pepoli di Trapani. Secondo una segnalazione del sindacato Sadirs che raggruppa i dirigenti del settore Beni culturali della Regione, manca personale non solo nelle ore di apertura al pubblico, ma anche, e soprattutto, per la gestione dei siti quando sono chiusi.  Peraltro,  dei cosiddetti ‘turnisti’, che affiancano i dipendenti, non ci si può più avvalere e non solo perché devono ancora essere pagati per anni di arretrato, ma anche perché non sono disposti a concedere altre deroghe al loro impiego nei giorni festivi, una volta che è stata superata la soglia prevista.

Un solo dato per comprendere la gravità della situazione del personale in servizio nei siti culturali siciliani: dal 2015 ad oggi, a causa dei pensionamenti e delle mancate sostituzioni, i custodi e il personale di accoglienza ai visitatori dei musei sono scesi di 500 unità: dai 1500 di quattro anni addietro, ai mille di oggi. Molti di questi, inoltre, attendono il pagamento delle indennità maturate. Il neo assessore regionale ai Beni culturali, Sebastiano Tusa, promette soluzioni in extremis e ha già incontrato le parti per ascoltarne le ragioni. Non sembra, peraltro, praticabile la proposta di dirottare i forestali nei siti archeologici e nei musei per garantirne l’apertura e l’attività di accoglienza perché si renderebbe necessario un apposito provvedimento legislativo.

Ma che qualcosa debba essere rivisto e considerato nella gestione dei siti ‘culturali’ lo si è capito da tempo: gli esperimenti che hanno registrato una sinergia tra ‘pubblico’ e ‘privati’ hanno dato ottimi risultati, grazie ad una razionalizzazione delle risorse umane e finanziarie. Altro esempio virtuoso da seguire? Quello di Bagnoregio, ad esempio, paese ad una quarantina di chilometri da Viterbo, dove l’accesso al bellissimo borgo medievale di Civita è garantito da un ponte il cui attraversamento costa dai tre euro nei giorni feriali ai cinque nei festivi, con introiti regolari che hanno che hanno consentito al sindaco, Francesco Bigiotti, di ridurre in modo sensibile il carico fiscale per i cittadini, assicurando una fruizione piena e ottimale del sito.

 

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