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Caselli: l’etica della responsabilità è la strada giusta per la ripresa

di
Massimiliano Cannata e Riccardo Ambrosini

L’Eurispes è sbarcato in Sardegna. Dall’’otto settembre scorso la ex palazzina comando di Tempio Pausania, antico comune della Gallura, è infatti la nuova sede dell’Istituto.
Paura, Culture, Futuro e Sviluppo, questi i filoni tematici che hanno impegnato sessanta specialisti provenienti da tutto il mondo. Il dibattito generato da un confronto vivace ha permesso di mettere a fattor comune un metodo di lavoro e di analisi interdisciplinare che caratterizza da sempre il modello di ricerca sociale ed economica dell’Istituto. “Si è trattato di un’occasione importante per sottolineare alcune importanti fattori di sviluppo che il contesto gallurese non ha ancora saputo e potuto sfruttare appieno – ha commentato Gerolamo Balata, Direttore Regionale Eurispes Sardegna – basti pensare che Tempio è una cittadina che può vantare una grande tradizione storica, un centro di emergenze architettoniche notevoli, posto al centro di un territorio in cui vivono ben settantacinque etnie. Nei prossimi mesi avvieremo diverse attività volte alla valorizzazione del territorio per favorire la proiezione anche all’estero delle nostre eccellenze e delle molteplici attività produttive che caratterizzano il tessuto socio economico di questa area geografica. Nostro intento è anche quello di creare un centro di orientamento per migliorare le competenze della PA, abbiamo bisogno di giovani preparati per dare un significato reale alla nostra voglia di futuro”. 
Momento focale della tre giorni tempiese, che “deve diventare – questo l’auspicio del Presidente Nazionale di Eurispes Gian Maria Fara – un appuntamento annuale dedicato a una riflessione strutturale sull’Italia di oggi e sull’indirizzo strategico che intendiamo individuare per imboccare una strada effettiva di crescita e di progresso, aperta e inclusiva capace di superare il divario territoriale Nord e Sud – è stata la lectio magistralis di Gian Carlo Caselli, giocata sul delicato tema dell’etica della Responsabilità.

L’intervista 

Procuratore, Lei ha dedicato una vita nell’attività di contrasto alla mafia e al terrorismo. Etica è un termine forte che ha impegnato la mente dei massimi pensatori del mondo occidentale: da Aristotele a Kant, da Habermas a Sen. Il grande sociologo francese Edgar Morin ponendosi su questa prestigiosa scia ha definito l’etica come il “nome nuovo da dare al pensiero”. Da quali ragioni è dettata la centralità di questo concetto?  

La prospettiva Etica va associata al concetto di responsabilità, il cui esercizio è fondamentale se vogliamo coltivare la speranza di conseguire qualche cosa che sia nell’interesse generale, oggi spesso tradito e dimenticato. Se ignoriamo i fondamenti dell’etica prevarranno gli aspetti egoistici se non di sopraffazione, di sfruttamento, degli uni sugli altri. Essere responsabili vuole inoltre anche dire essere anche solidali. Non dimentichiamo, infatti, che solidarietà vuol, dire attenzione ai valori costituzionali, che sono universali e che vanno affermati senza distinzione alcuna di censo, di religione, di etnia. La fedeltà alla costituzione e all’indirizzo di democrazia emancipante è un fatto di importanza cruciale perché serve a far crescere la collettività in libertà, eguaglianza diritti senza attenzione a coloro che sono in posizione di privilegio.

Verità ed etica della responsabilità

 La verità processuale è un aspetto cruciale nella vita di un magistrato che come Lei ha affrontato tante fasi difficili della vita della Repubblica, dalla lotta al terrorismo, alla battaglia contro la mafia e alla corruzione diffusa in tutti i gangli della vita dello stato.  La verità in che rapporto sta con l’etica della responsabilità?

Tutti i mestieri, compreso quello del magistrato, possono essere interpretati essenzialmente in due modi: nell’accezione burocratica, che vuol dire tenere le carte a posto. Vi è però un altro modo di fare il proprio dovere che è quello di chi non si accontenta di tenere le carte in regola, perché animato dall’interesse per l’etica del risultato, che significa senso di responsabilità e voglia di arrivare alla verità, mettendo in campo tutto ciò che può servire a questo scopo. 

Ha parlato di responsabilità come di un prisma, usando un’immagine affascinante. Qual è il punto di convergenza tra le varie dimensioni della responsabilità, che si manifestano nei molteplici “areopaghi” del tempo moderno?

Agire obbedendo ai principi della morale questa la sfida, che parte dall’osservanza ancora una volta dei valori costituzionali, in cui sono iscritti le regole e i valori del patto sociale, che tiene insieme la collettività. E’ questa la strada maestra, attraverso cui trovare un punto di equilibrio. Attenzione però: non possiamo permetterci di limitarci alle enunciazioni teoriche, perché occorre l’impegno di ciascun attore del sistema per ottenere dei risultati. Ricordo gli anni del mio impegno a Palermo, realtà di frontiera che ha vissuto la terribile realtà dello stragismo e delle vittime innocenti. Falcone e Borsellino hanno incarnato la cultura della responsabilità fino al sacrifico estremo del bene più alto, quello della vita, dimostrando nella forma più estrema che per agire in contesti a rischio occorre capire prima di tutto la difficoltà e le contraddizioni che agitano la società e nel contempo lavorare sodo per affinare una strategia utile a sfidare la negatività e il malaffare. 

Morale e diritto: una “diade” impegnativa

Il tema della coscienza è un fattore importante nella vita professionale. C’è stato qualche momento in cui il pronunciamento di un giudizio e l’esito processuale di qualche vicenda ha creato in lei delle lacerazioni e dei dilemmi che la hanno messa a dura prova? Legge morale ed esercizio del diritto non sempre coincidono, come risolvere questo dilemma?

Faccio una prima considerazione di ordine tecnico: nella mia carriera ho esercitato il ruolo inquirente, come magistrato istruttore prima e pubblico ministero poi, mentre solo per pochi mesi ho fatto il Presidente di Corte d’Assise. Questo vuol dire che non ho mai giudicato nessuno. Potrò sembrare presuntuoso o arrogante ma sono convinto di avere sempre cercato di ubbidire alla mia coscienza e alla legge. Così i dilemmi che si sono presentati, le scelte tra le varie opzioni possibili, li ho sempre risolti cercando di avere questi due punti di riferimento. Osservando questa filosofia si possono superare le difficoltà, che di volta in volta investono il lavoro e la professione. Credo che questa riflessione sia valida in generale per chiunque agisca nel suo ambito professionale con onestà e rispetto delle regole.

Guardando all’Italia di oggi, si può essere ottimisti in relazione alla diffusione della cultura del diritto e ad una pratica bilanciata dell’etica della responsabilità?

Obiettivamente il momento è forse tra i più difficili tra quelli che abbiamo attraversato dalla fine della guerra ad oggi. Va detto però che siamo stati capaci di superare criticità se non superiori di uguale spessore. Allo stesso modo con cui ce la abbiamo fatta allora possiamo e dobbiamo farcela adesso. Sono, perciò, ottimista altrimenti non faremmo incontri come questo organizzato dall’Eurispes. Si tratta di momenti importanti finalizzati alla conoscenza e all’approfondimento di questioni che devono poi essere tradotte dai decisori politici e istituzionali ai diversi livelli in strategie operative efficaci. Se guardati sotto questo aspetto è facile comprendere come la quaterna di concetti presi in esame dagli studiosi in questi giorni, Paura, Culture, Futuro e Sviluppo perderebbe paradossalmente di senso se non innervata da un profondo senso etico della responsabilità, che dovrà concretizzarsi giorno per giorno nell’esercizio puntuale del rispetto dell’uomo nei cicli evolutivi della storia.

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