Il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, ha perfettamente ragione.
Nell’articolo pubblicato il 20 gennaio 2019 su la Repubblica, unitamente al prof. Enrico Carloni, egli ha invitato tutti a non sottovalutare il fenomeno corruttivo e a non giungere a troppo semplicistiche conclusioni.
Ed è proprio la percezione dell’anticorruzione, cui egli ha fatto riferimento, il punto di partenza della ricerca Eurispes sugli indici di misurazione.
Con la nostra ricerca non intendiamo sostenere che l’Italia sia immune dalla corruzione o che la corruzione stessa non ne abbia caratterizzato la storia antica e recente. Ciò che vogliamo, invece, fortemente, affermare è che il nostro Paese è anche meno corrotto degli altri, che reagisce alla corruzione più degli altri, che non la tollera e che combatte il malaffare ed oggi lo previene anche meglio degli altri.
“Chi cerca, trova”: questo l’adagio popolare che ben si addice, nel caso del dibattito sulla corruzione, ad un Paese in cui Forze dell’ordine e Magistratura inquirente operano, molto più che altrove, nella lotta al malaffare. E questa è un’evidenza che si basa su dati scientifici, politicamente corretti ed intellettualmente onesti, destinati, con elevata probabilità, a far avanzare – stavolta “moralizzandolo” – proprio quello stesso dibattito dal quale ha preso le mosse la nostra ricerca.
Sull’entità del fenomeno della corruzione nel nostro Paese molti hanno scritto, commentato, dibattuto e polemizzato. Alcuni addirittura sono giunti a fornire grandezze economiche alla misura del malaffare, indicando cifre più che allarmanti, impossibili e indimostrabili, sul piano scientifico.
Questi arditi esperimenti, prodotti nei laboratori di Enti, Istituzioni e centri di ricerca e ripresi a piene mani dal sistema della comunicazione, al di là della loro appropriatezza e attendibilità, hanno comunque contribuito all’edificazione o, quantomeno, al rafforzamento dell’immagine dell’Italia come Paese corrotto, anzi, tra i più corrotti in assoluto.
Il risultato di una simile vulgata, scorretta quanto pericolosa, è stato il progressivo abbassamento dell’appeal del Paese e dei suoi principali attori economici sul piano imprenditoriale e finanziario, con gravi ricadute in termini di crescita e sviluppo economico ed occupazionale.
Al fronte interno di coloro i quali dipingono l’Italia come culla del malaffare si sono uniti – e non poteva che essere così – gli attori internazionali, protagonisti di una vera e propria ingegneria reputazionale degli indici percettivi, che fondano le classifiche e graduatorie di merito degli ordinamenti sulla percezione soggettiva della corruzione.
L’Eurispes ha sempre approfondito i temi più significativi della realtà sociale e, da ultimo, arato pionieristicamente il campo della lotta alle pratiche di trasfigurazione mediatica della realtà.
Confrontandosi con il tema della “misurazione della corruzione”, basata sostanzialmente solo su indici percettivi, l’Istituto ha inteso approfondire il tema dal punto di vista scientifico, giungendo a conclusioni non scontate.
Recentemente, anche eminenti personalità si sono espresse in termini assai critici sul Corruption Perception Index di Transparency International, l’architrave sulla quale poggia buona parte della vulgata prima citata.
Noi stessi abbiamo avuto modo di chiarire la nostra visione in più di un intervento pubblico: non si tratta di una manifestazione di difesa della Nazione o di orgoglio campanilistico per reagire alle costanti deprimenti valutazioni sull’Italia in materia di corruzione. Abbiamo voluto, invece, restituire dignità scientifica al dibattito, sollecitando le coscienze sul paradosso degli indici percettivi e sugli effetti perversi che alcune valutazioni possono comportare, in alcuni casi per sciatteria, in altri per altre imperscrutabili ragioni.
Il risultato dello studio spinge ad una seria ed importante riflessione. Ma, anche se si trattasse solo di un sasso nell’ingranaggio delle eccessive semplificazioni, questo sarebbe già un risultato accettabile. Volendo approfondire la questione, tutt’altro che semplice, occorre tenere fermi alcuni punti incontroversi:
a) gli indici di misurazione percettivi, come il CPI di Transparency International, non prendono in alcun modo in considerazione i dati ordinamentali, vale a dire che non valutano le contromisure adottate a livello istituzionale e normativo nei Paesi sottoposti a rating;
b) non è in discussione l’Indice di misurazione in sé, bensì l’uso che se ne fa a livello internazionale, attesi gli effetti negativi di un CPI alto sull’economia e sull’affidabilità del sistema: non prendere in considerazione il dato istituzionale risulta oltremodo penalizzante per sistemi come il nostro;
c) l’Italia è certamente caratterizzata in negativo dai fenomeni patologici del crimine organizzato e della corruzione – ed è questo il punto nodale dell’approccio della Ricerca Eurispes –; tuttavia, esiste un’Italia dell’anticorruzione e dell’antimafia che non ha pari sul piano internazionale. L’ANAC è un modello globale perché funziona, così come avviene, con le dovute differenze, per la Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo, nel suo settore d’intervento. E ci piacerebbe vedere questi indicatori inseriti nel piano di valutazione. Così come ci piacerebbe vedere crescere la capacità di autocritica di altri Paesi meno impegnati del nostro sul fronte della prevenzione e della repressione.
Parlare della funzionalità e dell’efficienza delle nostre Autorità di law enforcement e della tenuta del sistema legislativo italiano significa presentare il meglio del Paese e contrastare così le ricadute reputazionali collegate ad una iper valutazione dell’Indice percettivo.
La legge cosiddetta “spazzacorrotti”, ad esempio, già nei primi commenti internazionali viene definita un modello all’avanguardia.
Valorizzarne i punti di forza costituirà un utile esercizio per la ricerca applicata, con il fine ultimo di ridurre ancora di più lo iato tra rappresentazione e realtà socio-economica, oltre che istituzionale, dell’Italia.
Gian Maria Fara, Presidente di Eurispes
Giovanni Tartaglia Polcini, Magistrato e Curatore della ricerca