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Cameron con vista

di
Redazione

Il new labour di Tony Blair è un lontano ricordo, e la sconfitta produce le inevitabili dimissioni di Ed Miliband. Cameron ha vinto alla grande, contro pronostici e sondaggi. I nazionalisti scozzesi fanno il pieno dei seggi scavalcando a sinistra il labour e diventando il terzo gruppo parlamentare ai Comuni. Con più del 12% gli anti-Ue dello Ukip prendono solo un seggio, il che segnala quanto sia affilata la ghigliottina del sistema uninominale a turno unico e fa riflettere sul livello del dibattito che in Italia ha accompagnato l’iter dell’Italicum. Di questo e di altro parliamo “a caldo” con Philip Willan, storico corrispondente da Roma di numerose testate britanniche, attualmente de The Times.

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Philip P. Willan, corrispondente inglese in Italia

Vista con le lenti italiane la legge elettorale vigente in Gran Bretagna sembra un mostro che divora non solo le forze politiche marginali, ma anche partiti che superano il 10% dei suffragi. Se ne discute anche nel Regno Unito?

C’è discussione sull’ingiustizia di un sistema che permette ad un partito con il 36,9% di prendere la maggioranza, mentre forze politiche consistenti come lo Ukip praticamente non entrano in Parlamento. Ma questo è il prezzo che si paga per assicurarsi un vincitore certo, o quasi-certo. In una situazione che appariva alquanto in movimento il sistema anche in questo caso ha dimostrato di raggiungere l’obiettivo che è considerato determinante dall’intero sistema politico britannico, ma non mancano i critici del deficit di rappresentanza. Comunque il “pasticcio” che sarebbe derivato da un sostanziale pareggio non c’è stato, e i Conservatori potranno costruire immediatamente il nuovo governo senza ricercare alleanze spurie con partiti non omogenei.

Philip, con le lenti di un giornalista cittadino britannico che vive da anni in Italia, conoscendo il sistema del tuo paese, come hai vissuto il duro dibattito e gli scontri che hanno accompagnato l’itinerario della riforma elettorale che va sotto il nome di “Italicum”?

L’Italia ha sempre avuto sistemi elettorali agli antipodi con quello britannico. Si comprende, quindi, che quando Matteo Renzi ha proposto e imposto una cambiamento radicale che permetterà di privilegiare la governabilità che sarà garantita comunque il giorno dopo il prossimo voto politico, il cambiamento è apparso radicale e ha incontrato resistenze.

Passando ora allo scenario europeo, queste elezioni che Regno unito consegnano alle dinamiche che attraversano la Ue?

Cameron ha promesso un referendum nel 2017 sull’adesione del Regno Unito alla Ue. Dovrà necessariamente adempiere a questo impegno politico, sospinto anche dal buon risultato, in voti anche se non in seggi, ottenuto dagli indipendentisti anti Ue dello Ukip. Certamente nei prossimi anni il dibattito sarà reale, e c’è il rischio che cresca l’appoggio alle posizioni isolazioniste. L’atteggiamento mediatorio di Cameron consisterà nella rinegoziazione degli accordi Ue in chiave di maggior vantaggio per la Gran Bretagna, ma con l’obiettivo comunque di una permanenza nell’Unione. La prospettiva opposta preoccupa molto i cittadini e ancor di più i settori imprenditoriali che ben conoscono le conseguenze negative che deriverebbero al sistema economico britannico dall’abbandono della Ue.

Il grande risultato dei nazionalisti scozzesi mitigherà le insoddisfazioni per la sconfitta al recente referendum sull’indipendenza o, al contrario, potrà rappresentare un trampolino da cui lanciare nuovamente la sfida per l’indipendenza?

Il risultato ottenuto dagli indipendentisti scozzesi che hanno fatto il pieno dei seggi testimonia che il problema dei rapporti con Londra è tutt’altro che risolto. L’obiettivo dell’indipendenza sarà con ogni probabilità riproposto. Ma la loro vittoria, a pochi mesi dalla sconfitta nel referendum, è anche frutto di dinamiche politiche trasversali che hanno penalizzato il labour, sostanzialmente superato a sinistra dal partito guidato da Nicola Sturgeon. Questo partito sarà in qualche misura una scheggia impazzita nella politica britannica, ma se Cameron riuscirà ad assicurare, come ha promesso, una maggiore autonomia alla Scozia, forse non ci sarà un ritorno di fiamma dell’indipendentismo scozzese.

 

 

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