Il G20 e il superamento della retorica dell’anticorruzione

corruzione

Se non dici ciò che fai e non spieghi ciò che sei, lasci il tempo agli altri di dire ciò che non sei e ciò che non fai. In termini pratici: se non presenti idee e prospettive, ti esponi alle opinioni indiscriminate degli altri, che non incontreranno argomenti e resistenze di sorta, quasi per inerzia: qui tacet consentire videtur. Leonardo Sciascia aveva previsto, in un celebre articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 10 gennaio del 1987, lo sviluppo dell’azione dei cosiddetti professionisti dell’antimafia e le relative conseguenze negative reputazionali di un simile approccio per l’Italia. La retorica dell’antimafia fa invero al pari con una certa retorica dell’anticorruzione, che troppo spesso si è affermata negli ultimi decenni, abbattendosi sul nostro Paese, soprattutto ab extra, ma anche contando su alcuni eccessi ab intra.

Il Corruption Perception Index assegna patenti di affidabilità sul piano della corruzione

Un esempio emblematico di un simile approccio è il Corruption Perception Index di transparency international che, a cadenza annuale, interviene a gamba tesa assegnando patenti di affidabilità ai Paesi, sul piano della corruzione. L’uso che viene fatto di quell’indice è il precipitato pratico di un tema di enorme rilievo, troppo a lungo trascurato. Sull’entità del fenomeno della corruzione nel nostro Paese molti hanno scritto, commentato, dibattuto e polemizzato. Alcuni addirittura sono giunti a fornire grandezze economiche alla misura del malaffare, indicando cifre più che allarmanti, impossibili e indimostrabili, sul piano scientifico. Questi arditi esperimenti, prodotti nei laboratori di Enti, Istituzioni e centri di ricerca e ripresi a piene mani dal sistema della comunicazione, al di là della loro appropriatezza e attendibilità, hanno comunque contribuito all’edificazione o, quantomeno, al rafforzamento dell’immagine dell’Italia come Paese corrotto, anzi, tra i più corrotti in assoluto.

Il risultato di una simile vulgata, scorretta quanto pericolosa, è stato il progressivo abbassamento dell’appeal del Paese e dei suoi principali attori economici sul piano imprenditoriale e finanziario, con gravi ricadute in termini di crescita e sviluppo economico ed occupazionale. Al fronte interno di coloro i quali dipingono l’Italia come culla del malaffare si sono uniti – e non poteva che essere così – gli attori internazionali, protagonisti di una vera e propria ingegneria reputazionale degli indici percettivi, che fondano le classifiche e graduatorie di merito degli ordinamenti sulla percezione soggettiva della corruzione.

Dipingendo un Paese come corrotto, si allontana la collettività dalla Governance

Sovrastimare la fenomenologia criminale della corruzione costituisce infatti un’operazione di ingegneria reputazionale che (più o meno voluta), può risultare sicuramente esiziale  per l’immagine di un sistema socio-economico e fortemente penalizzante per le sue istituzioni. Se si dipinge come corrotto un Paese, si allontana dalla Governance la collettività, si delegittima l’apparato della Pubblica Amministrazione, si getta sospetto sull’economia e sui suoi attori, si incide, in estrema sintesi, sulle prospettive di sviluppo di un’intera comunità nazionale. È per detta ragione che, quando si discorre di rating e di ranking, comparando i sistemi nazionali in classifiche e graduatorie, occorre essere cauti e scientificamente ineccepibili: a pensare diversamente si corre il rischio di stravolgere i quadri macroeconomici e contaminare la stessa rule of law globale. Il level playing field, quel campo di gioco ideale sul quale tutti devono essere posti in una effettiva par condicio diviene, altrimenti, una pura illusione.

Una battaglia tra realtà e rappresentazione

Conoscere un fenomeno richiede innanzitutto una misurazione quali-quantitativa affidabile. Intendere correttamente un fenomeno criminale significa anche essere in grado di calibrare al meglio il sistema di prevenzione e repressione. Errare nella definizione del target equivale, da un lato, a lasciare aperte le vie della infiltrazione del fenomeno nel tessuto sociale ed economico, dall’altro, paradossalmente, a propiziare e legittimare interventi a volte eccessivamente  penalizzanti per l’economia stessa e per gli attori onesti (che sono la stragrande maggioranza se non la quasi totalità) in un mercato dipinto come infetto. È la battaglia tra la realtà e la rappresentazione, tra l’oscurantismo interventista e la ricerca scientifica. Una battaglia che Eurispes ha voluto fortemente intraprendere, per prima, dal 2016.

Il rating attribuito all’Italia è spesso ingeneroso

L’Italia è indiscutibilmente caratterizzata da un significativo tasso di corruzione. Nondimeno, come sopra evidenziato, dipingere un paese come più corrotto di quanto realmente sia, può provocare effetti negativi sull’economia e la fiducia nelle istituzioni e nei mercati. Per tale ragione lanciammo e conducemmo, a suo tempo, una ricerca sulla misurazione della corruzione, volta a verificare la fondatezza del giudizio espresso nei confronti dell’Italia dai più comuni indicatori di natura percettiva diffusi sul piano globale. Giungemmo alla conclusione che il rating attribuito all’Italia è spesso ingeneroso, se non a tratti errato, con notevoli conseguenze anche sul piano macro-economico. Dimostrammo che vi erano ampi margini di miglioramento per le tecniche di misurazione della corruzione, seriamente in grado di riscrivere le graduatorie più diffuse sul piano globale. Attirammo l’attenzione sul fatto che, più si perseguono i fenomeni corruttivi sul piano della prevenzione e le fattispecie di reato sul piano della repressione, maggiore è la percezione del fenomeno.  Teorizzammo, cioè, il “Paradosso di Trocadero”, secondo cui più contrasti la corruzione, più ne aumenti la percezione.

Dipingere un paese come più corrotto di quanto realmente sia può provocare effetti negativi

Il dato ontologico recava con sè la conseguenza che non si possono comparare ordinamenti, dal punto di vista della percezione della corruzione, senza tenere conto delle relative caratteristiche istituzionali e processual-penalistiche. Non possono cioè essere comparati al nostro i sistemi che non contemplano l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, l’obbligatorietà dell’azione penale e la libertà di stampa in ordine alla pubblicazione anche delle notizie di reato fin dalle prime battute dell’indagine.

L’Italia ha posto per la prima volta la questione degli indici di corruzione nell’Agenda Multilaterale nel 2017

Avviammo subito dopo una campagna di disseminazione valoriale dei risultati della ricerca sul piano internazionale, per confontarci con gli altri studiosi e con le linee di approfondimento scientifico del tema negli altri ambienti scientifici. Condividemmo la metodologia della ricerca e fummo ascoltati, senza nemmeno profondere grandi sforzi, inaspettatamente. L’Italia ha posto per la prima volta la questione nell’Agenda Multilaterale, durante la sua Presidenza del G7 nel 2017.

Il valore di questo approccio è stato progressivamente riconosciuto anche a livello multilaterale: la tesi, sui limiti e le carenze dell’approccio percettivo negli Indici di corruzione, ha trovato autorevole conferma nella posizione espressa dal Consiglio d’Europa in occasione della presentazione del 19° Rapporto di attività generale “Tendenze anticorruzione, sfide e buone pratiche in Europa e negli Stati Uniti d’America” elaborato dallo specifico organismo di controllo contro la corruzione: il “Gruppo di Stati contro la corruzione” – GRECO, il 25 giugno del 2019. In particolare, il GRECO ha evidenziato che la percezione pubblica dei bassi livelli di corruzione in alcuni paesi può portare a sottovalutare la necessità di misure per combattere le pratiche di corruzione.  

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Transparency International, la stessa organizzazione internazionale che gestisce il più famoso Corruption Perception Index (l’universalmente noto CPI) nell’Exporting Corruption Report pubblicato nel 2018 ha riconosciuto gli sforzi dell’Italia nella lotta alla corruzione, rivelando così una forte contraddizione con il simultaneo CPI Index: il rapporto, sulla base dei dati di enforcement, ha infatti classificato l’Italia come Paese attivo nello stesso anno valutandoci con un punteggio molto basso (52) e un ranking sulla corruzione di 53, ultimo in Europa solo superiore a Malta e Romania.

Le Nazioni Unite hanno fatto proprio il principio attraverso un documento ufficiale di portata globale, la Risoluzione n.10/8 dell’UNCAC, incentrata sull’argomento. La risoluzione della Conferenza degli Stati Parti della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, raccomandata per l’adozione da parte dell’Assemblea Generale, è stato il primo documento ufficiale che prende posizione sulla questione su scala Globale (dicembre 2019). Anche il G20 Anticorruption Working Group nel suo Piano d’azione 2019-2021, su specifica richiesta italiana, aveva espresso l’intenzione del gruppo di approfondire la comprensione e considerare possibili azioni su temi emergenti, come la misurazione della corruzione. Lo stesso ACWG nel 2020, sotto la presidenza dell’Arabia Saudita e la co-presidenza italiana, aveva contemplato nella sua Agenda un esercizio incentrato sulla misurazione della corruzione.

Un impegno concreto ad approfondire la misurazione della corruzione per superare indici meramente percettivi

Tutto questo processo vede oggi il suo coronamento con l’adozione di un documento ufficiale dedicato dal G20, all’esito del Summit di Roma del 30 e del 31 ottobre,  sulla misurazione della corruzione, cui segue un impegno, contenuto nell’action plan del Foro per i prossimi anni, di approfondire la misurazione della corruzione per superare indici meramente percettivi.

Nell’epoca dello sviluppo sostenibile e del multilateralismo, degli sforzi comuni per la creazione di un level playing field globale, della lotta ai paradisi normativi e della promozione di un’armonizzazione minima dei sistemi giuridici penali, l’indice di percezione della corruzione è quindi destinato a segnare il passo e con esso, la retorica dell’anticorruzione. Si apre così lo spazio doveroso e necessario per una econometria del diritto, per la giurimetrica della misurazione della corruzione, per una più realistica comparazione tra sistemi che può addirittura espandersi, sul piano della ricerca, ad altri settori a livello internazionale riposizionando, come avvenuto magistralmente con il G20, l’Italia al centro dello scenario globale.

*Giovanni Tartaglia Polcini, Consigliere Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Componente del Comitato Scientifico dell’Eurispes

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