Le missioni militari italiane in Africa, strategiche per economia e influenze geopolitiche

missioni militari

Il nostro Paese è impiegato in diverse missioni militari, molte delle quali in Africa, un continente che assume una nuova centralità sia nel contesto di un ritrovato e strategico interesse verso il Mediterraneo, che sulla scorta degli equilibri geopolitici internazionali. Infatti, se da un lato l’Italia è una piattaforma naturale sul Mediterraneo, fatto che la mette in diretta comunicazione col continente africano, dall’altro quest’ultimo è divenuto un terreno di scontro di influenze economiche tra l’Unione europea e i paesi del blocco BRICS, in particolare Russia e Cina. Insomma, la centralità strategica del continente africano si ripercuote sul nostro Paese e sulle nostre missioni militari all’estero, molte delle quali hanno lo scopo di difendere e preservare la collaborazione e gli accordi economici in essere, minacciate da instabilità politica o dagli attacchi di pirati e gruppi armati.

Nel 2023 sono state 20 le missioni militari italiane in Africa

Nel 2023, le missioni militari italiane all’estero (e con ciò si intende sia quelle militari che di cooperazione) hanno ricevuto un finanziamento complessivo di € 1.705.940.254. Con riferimento specifico alle missioni militari, nel biennio 2022-2023 la maggior parte di queste hanno interessato il continente africano. Nel 2023, sono state 20 le missioni militari italiane, o a cui l’Italia ha contribuito, individuate in Africa. Le missioni africane sono state coordinate dal Ministero della Difesa italiano ed hanno interessato diversi quadranti del continente, tra cui il Nord Africa (Libia), il Sahel, le acque del Golfo di Guinea e l’Africa Orientale. Le missioni militari italiane in territorio africano hanno ricevuto un finanziamento pari a circa € 170 milioni, ovvero poco meno del 10% del totale finanziato per tali attività a livello globale. La missione che riceve il maggior numero di finanziamenti ed impiega il maggior numero di effettivi e mezzi militari è la missione bilaterale operativa in Niger. In Somalia, invece, è presente il maggior numero di missioni.

Nelle acque internazionali del Golfo di Guinea una missione aeronavale italiana sorveglia e previene le azioni di pirateria

La presenza militare italiana attraversa tutto il Nord-Africa dall’Egitto al Sahara Occidentale, passando per la Tunisia e la Libia. Partendo dal Sahel, in seguito al conflitto libico (2011), Bamako e il Burkina Faso prima, ed il Niger poi, hanno subìto un processo di destabilizzazione e delegittimazione politico-istituzionale e di degrado del quadro securitario. In questo contesto si inserisce la presenza militare italiana nel Sahel, che nel 2023 ha subìto una profonda mutazione, preferendo a contributi a missioni internazionali, accordi di cooperazione securitaria bilaterali, ad esempio con Burkina Faso e Niger. Per quanto riguarda il quadrante occidentale, l’Italia è uno dei dieci principali destinatari dell’export energetico nigeriano, con una quota di mercato da oltre €1,5 miliardi annui. I traffici navali tra la Nigeria e gli atri Paesi del Golfo di Guinea ed i rispettivi partner commerciali sono tuttavia costantemente esposti al rischio di attacchi da parte di gruppi di pirati, principalmente provenienti dal Delta del Niger (nel Sud della Nigeria). In questo contesto, a partire dal 2022, è operativa nelle acque internazionali del Golfo di Guinea una missione aeronavale italiana con funzioni di pattugliamento, sorveglianza e prevenzione di azioni di pirateria. In Africa Orientale la presenza militare italiana consiste in affiancamento di contributi ad operazioni internazionali a missioni bilaterali. A differenza degli altri quadranti, dove la presenza militare del nostro Paese è associata ad un unico dominio, nel quadrante orientale, ed in particolare nel Corno d’Africa, la presenza italiana si sviluppa contestualmente sulla terraferma ed in mare. Se la Somalia è il fulcro dei militari italiani in Africa Orientale, soprattutto con una prospettiva marittima, per le missioni svolte nella maggior parte nel dominio terrestre, il centro di maggiore rilevanza è Gibuti.

Il ruolo delle missioni italiane è legato ai settori energetico e minerario

La distribuzione geografica e l’andamento delle missioni italiane in Africa sono influenzate da almeno due fattori. Il primo è quello dell’interesse nazionale, il secondo è quello delle dinamiche locali e regionali. L’interesse nazionale nel Continente, ad oggi, si traduce soprattutto in un interesse di carattere economico afferente al settore energetico ed a quello minerario. La presenza militare italiana, declinata a seconda della missione condotta, è quindi frequentemente volta alla protezione, diretta (Golfo di Guinea) o indiretta (Mozambico), degli investimenti italiani. Tali missioni rispondono quindi alla logica di fornire supporto militare nei confronti di una minaccia armata esterna posta da attori non statali (milizie irregolari, gruppi terroristici, pirati). L’obiettivo in questi casi, più che giungere ad uno scontro armato diretto, è di fungere da deterrente nei confronti di quegli attori che potrebbero potenzialmente essere interessati a colpire asset materiali riconducibili all’Italia. In tal senso, le attività di training svolte nei diversi Paesi appaiono finalizzate a migliorare le capacità di risposta delle forze di sicurezza locali nei confronti dei fenomeni dell’insorgenza armata. Contestualmente, e con specifico riferimento ai quadranti nord-africano e saheliano, le missioni militari italiane sono coinvolte attivamente (come nel caso della Tunisia) o con funzioni di addestramento nella gestione dei flussi migratori.

Le missioni militari italiane in Tunisia sono coinvolte attivamente nella gestione dei flussi migratori

In secondo luogo, la distribuzione geografica e cronologica delle missioni appare adattarsi nel tempo e nello spazio a quelli che sono i contingenti rapporti di forza regionali e internazionali. Le tensioni tra singoli paesi (Algeria e Marocco, Etiopia ed Eritrea/Somalia) e le contrastanti influenze delle maggiori potenze mondiali (Stati Uniti, Cina, Russia, Brasile e Francia) determinano un contesto politico e istituzionale che può essere soggetto a rapidi rivolgimenti o riposizionamenti radicali nello scacchiere mondiale. In tal senso, il rapido, e per certi versi inaspettato, ritiro delle truppe francesi (Barkhane), europee (missione Takuba) e internazionali (MINUSMA) dal Sahel centrale ha creato un vacuum d’influenza e di sostegno militare, rapidamente riempito da forze riconducibili alla Russia. L’avvio, pertanto, delle missioni bilaterali in Niger e Burkina Faso è da inquadrare all’interno di questo mutato scacchiere, in cui il nostro Paese ha confermato il proprio interesse per il Sahel e la volontà di preservare una propria presenza sul campo, prescindendo dalle dinamiche politiche interne dei paesi (colpi di Stato o rivolgimenti militari). Allo stesso modo, la lunga presenza militare italiana nel Corno d’Africa e nel Mar Rosso, ben precedente gli avvenimenti occorsi dall’ottobre 2023, conferma la centralità dell’Italia in un nodo nevralgico per gli equilibri regionali ed internazionali.

*Emanuele Oddi, analista e ricercatore dell’Eurispes.

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