Per molti anni, fin da quando ero ragazzo, intorno a me sentivo solo discorsi che recitavano stancamente la triste tiritera di un paese, l’Italia, irriformabile.
Qualche hanno dopo cominciai a capire che in quello stereotipo c’era qualcosa di vero. L’impossibilità dipendeva dal fatto che nessuno voleva riformare nulla. Perché? Ma perché era così facile e bello ripetere, essendo garantiti dalle superpotenze, slogan fatti di nulla, ammuffiti e sfilacciati e soprattutto avulsi da qualsiasi rapporto con la realtà. Poi il mondo cambia, noi italiani, i nostri politici impiegano un po’ troppo tempo per capirlo, ma in breve si arriva al punto di non ritorno.
Dalla volontà di Prodi e di Parisi nasce l’Ulivo e l’Italia comincia a cambiare e a capire che merito, studio, serietà, analisi vere e sistema paese sono le uniche cose che dobbiamo fare per cogliere le sfide della contemporaneità.
Dobbiamo anche decidere in tempi più brevi e l’Ulivo propone la riforma della carta costituzionale. Ma non se ne farà nulla.
I soliti noti faranno cadere il primo ed il secondo governo Prodi. Bisognerebbe ricordarlo più spesso nelle cronache della storia recente della politica italiana.
Arturo Parisi lo ha fatto in una lunga intervista in cui spiega il suo sì al referendum. Lucido e profondo come sempre Parisi ricorda le sabbie mobili dei vecchi partiti pronti solo a difendere se stessi. Ma cos’è? Ci siamo dimenticati i disastri che questi signori hanno combinato solo per difendere se stessi non avendo assolutamente nessuna proposta seria in testa?
Parlano di una riforma che offende la democrazia, ma non sono stati loro i primi ad offenderla?
C’è sempre il dubbio che non sappiano quello che fanno e nell’interesse di chi.