Terra dei Fuochi senza commissario per le bonifiche. Il 16 dicembre scorso, infatti, è scaduto il mandato del commissario Mario De Biase; incarico conferitogli nel 2010 e prorogato più volte nel corso degli anni.
Le responsabilità di gestione del sito, secondo l’Ordinanza n. 425/2016 della Protezione Civile, spetterebbero alla Regione Campania la quale viene indicata come competente e subentrante al commissario.
Tuttavia, la giunta regionale di De Luca sostiene di aver inoltrato al Governo, già a novembre 2019, la richiesta di garantire il commissariato almeno fino alla fine del 2020, tuttavia senza ottenere alcuna risposta. Di contro, il Ministero dell’Ambiente declina qualsiasi responsabilità in quanto la zona in questione – non essendo più nella lista dei siti di interesse prioritario nazionale (Sin) – sarebbe diventata di competenza regionale.
Intanto, l’ufficio commissariale è stato chiuso; tutti i progetti di bonifica sono sospesi, e i siti, già messi in sicurezza grazie all’azione intrapresa dal commissario in questi anni, rischiano di ritornare nelle mani della criminalità organizzata a cui erano stati sequestrati – criminalità che ha, fra l’altro, già dato segno di volersi riappropriare del territorio approfittando del momento di impasse della politica.
Ripetute azioni di vandalismo ai danni degli uffici della sede di Giugliano si sono verificate nello scorso settembre, quando il commissariato era prossimo alla smobilitazione: le attrezzature, i mobili e le documentazioni riguardanti i progetti di bonifica, sono stati distrutti da “ignoti”, i quali si sono accaniti appiccando il fuoco anche ai container della ditta Semataf, incaricata della messa in sicurezza della discarica di “Masseria del pozzo”, uno dei siti sequestrati alla malavita della zona.
Insomma, il lavoro di anni che ha portato alla bonifica di diversi terreni della zona inquinati gravemente dall’interramento abusivo di rifiuti industriali e reso impossibile, per decenni, dalla criminalità, rischia di essere vanificato o, comunque, di dover subire ulteriori rincari – ai danni della collettività – per poter essere riavviato.
“Terra dei Fuochi” è il nome con cui è tristemente nota una zona di cui fanno parte 90 comuni tra le province di Napoli e Caserta, e che comprende anche il ricco territorio agricolo dell’Agro Aversano. La zona, densamente abitata, contribuisce in modo rilevante al Pil agroalimentare campano e costituisce uno dei comparti di maggior rilievo dell’economia regionale; tuttavia, risulta essere uno fra i luoghi maggiormente interessati dalla presenza malavitosa – responsabile dell’interramento abusivo di rifiuti speciali e pericolosi.
Le normative nazionali prevedono che i soggetti obbligati alle bonifiche siano i proprietari dei terreni e autorizzano le Istituzioni a intervenire solo in caso di inadempienze o su terreni sequestrati alla malavita, rendendo lunga e difficoltosa, oltre che onerosa, l’azione riparatrice.
Le tecniche di bonifica tradizionale, che prevedono la rimozione dei terreni compromessi, con conseguente onere di smaltimento, o la “sigillatura” con cemento armato per isolare le parti sane da quelle contaminate, oltre agli altissimi costi, comportano uno stravolgimento della natura e dell’identità dei luoghi.
Il progetto EcoRemed
La gravità della situazione nella zona è stata affrontata negli anni con una serie di interventi che hanno portato alla stesura di una convenzione tra il Ministero dell’Ambiente, la Sogesid (la società pubblica che ha appaltato i lavori), la Regione Campania e il Commissario Delegato, con un investimento previsto di 39.500.000 euro. Gli interventi riguardavano la messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano in Campania e dei laghetti di Castelvolturno.
I siti interessati dalla convenzione erano quattro e, precisamente, le discariche Ex Resit di Giugliano in Campania, quella di Masseria del Pozzo, la Novambiente Srl e l’area agricola di San Giuseppiello. I lavori di bonifica e riqualificazione risultano ultimati solo per la Ex Resit e per l’area di San Giuseppiello che, grazie a dei sistemi di bonifica innovativi, hanno restituito in pochi anni, e con costi contenuti rispetto alle previsioni, i territori contaminati alla collettività.
Il sistema utilizzato fa parte di un protocollo siglato dall’ex-commissario De Biase e l’Università Federico II di Napoli denominato EcoRemed ed è il risultato degli studi del Dipartimento di Agraria dell’Ateneo napoletano, diretto e coordinato dal prof. Massimo Fagnano, sulla bonifica attraverso il bio-fitorisanamento del suolo che prevede anche il recupero energetico delle biomasse.
Secondo quanto riportato nel protocollo di intesa, gli obiettivi del progetto prevedono lo studio del territorio e la messa in pratica di tecniche eco-compatibili di risanamento ambientale che hanno come scopo raggiungere un «ambiente di qualità dove i livelli degli inquinanti di origine antropica non abbiano un impatto significativo o rappresentino un rischio per la salute umana» programmando, nel contempo, un’azione mirata alla protezione della natura e delle biodiversità.
Il sistema è sorprendentemente semplice e veloce nel raggiungimento dei risultati e prevede costi inferiori anche di dieci volte rispetto alle tecniche tradizionali.
Dopo le opportune analisi dei suoli e degli elementi inquinanti sul terreno precedentemente preparato con compost di qualità e arricchito di batteri capaci di metabolizzare gli idrocarburi, viene impiantato un pioppeto ad alta densità che sfrutterà la naturale attitudine di questo tipo di alberi ad assorbirne, attraverso le radici, i metalli tossici presenti all’interno rilasciando al loro posto carbonio.
Il risultato finale è stupefacente: nel giro di tre anni le aree in cui erano state sversate tonnellate di rifiuti tossici sono tornate a pulsare di vita e di biodiversità, mantenendo intatta l’identità del territorio, e sarebbero pronte per essere affidate e restituite alla collettività.
Alla luce dei risultati ottenuti, il progetto, sperimentato nel vero e proprio laboratorio a cielo aperto dei siti trattati, è stato premiato lo scorso maggio dalla Commissione Europea tra i nove migliori progetti di ricerca dell’Ue nel biennio 2016-2017 e sarebbe un vero peccato che, senza un coordinamento efficace, a causa delle deficienze degli enti responsabili, questo lavoro di eccellenza venga perduto lasciando nuovamente spazio all’azione della criminalità organizzata.