Sovranità e sovranismo non sono la stessa cosa. La sovranità è «il risultato di un lungo processo storico-politico di tipo ascendente» che ha reso omogenei i piccoli territori, uniformandone i rapporti sociali. Il sovranismo indica un percorso istituzionale “discendente”, che persegue «un progetto di disintegrazione degli abbozzi di ordinamenti transnazionali che i movimenti euroscettici cercano di smontare per ritrovare una potestà smarrita».
Da questa distinzione parte Michele Prospero, filoso e professore associato di Filosofia del Diritto presso la facoltà di Scienza Politica, Sociologia e Scienze della Comunicazione della Sapienza, nel saggio pubblicato nel Rapporto Italia 2019 dell’Eurispes, in apertura della dicotomia Sovranismo-Mondialismo.
Prospero parla di “nostalgia del sovrano”, generata dall’incapacità della politica di mitigare il disagio sociale generato dalla crisi del 2007, e dei «rischi dell’autonormatività del mercato che, grazie alla sua forza d’urto che si propaga anche attraverso le reti immateriali, superano le “norme” o, per meglio dire, le risolvono in contratti, che eludono i vincoli politici». Per Michele Prospero sarebbe necessario democratizzare gli spazi del mercato divenuti “oltre statuali”, ma ciò necessiterebbe l’impegno di “grandi classi dirigenti” che stentano a comparire all’orizzonte; un orizzonte che proprio per questo appare il luogo predestinato dei “sovranismi”, potremmo dire, “per abbandono dell’avversario”. Un saggio, che qui di seguito riproponiamo nella versione integrale, nel quale a prevalere sembra essere il pessimismo, ma forse è proprio da questo che si deve ripartire.