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Un esercizio retorico

di
Gian Maria Fara

«Con i cambiamenti epocali in atto ci stiamo giocando il futuro del nostro Paese e le scelte che non siamo in grado di fare in casa nostra, qualcun altro sicuramente le farà al posto nostro, ce le imporrà dall’esterno». Lo scrive il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, nel suo nuovo libro L’Italia del “nì” (Minerva Edizioni). E proprio oggi, in un momento storico di crisi e di incertezza, Fara esorta a leggere e rileggere la nostra Costituzione.

«In genere, alla espressione “cambiamenti strutturali” abbiniamo un’altra espressione, quella di “crisi strutturale”. Ma crisi è una parola che viene dal greco antico, crisis (κρíσις), con una etimologia krino, che vuol dire separare, selezionare, scegliere, decidere. In quale misura stiamo operando scelte che ci facciano comprendere quale Italia vogliamo costruire da oggi, ad esempio, a trenta, cinquant’anni? Se vogliamo essere davvero responsabili e credibili, non possiamo limitarci a esaminare le tendenze attuali e a esercitarci sulle loro possibili evoluzioni. Dovremmo piuttosto fermarci e misurare il valore della nostra cultura, del nostro pensiero, della nostra etica sullo scenario che vorremmo realmente costruire, sull’idea di futuro che abbiamo in mente e che vorremo realizzare fin da adesso, appunto, operando quelle decisioni e quelle scelte che i cambiamenti strutturali ci impongono di fare. A meno, come si diceva, di non rimanere al livello di una retorica che tutto assolve e tutto copre. E la costruzione di un nuovo ordine non può che poggiare sulle fondamenta di un sistema di princìpi e valori che esprimano al meglio la nostra idea di comunità italiana, e il nostro contributo alla sua coesione ed evoluzione positiva. Noi non troviamo ‒ questa è la nostra idea ‒ un sistema valoriale e orientativo migliore di quello iscritto nella Costituzione italiana, purché si abbia il coraggio di reinterpretarla e soprattutto di operare scelte che consentano di vivere concretamente i suoi princìpi alla luce dei cambiamenti in atto. A cominciare dal principio fondamentale del lavoro, su cui si basa tutta la struttura del nostro Stato, a quelli della dignità della vita e della solidarietà umana, al valore delle comunità, alla promozione della mobilità sociale, del pluralismo civile e così via. I richiami a questi princìpi non possono più essere un esercizio retorico; non possiamo permettercelo. Con i cambiamenti epocali in atto ci stiamo giocando il futuro del nostro Paese e le scelte che non siamo in grado di fare in casa nostra, qualcun altro sicuramente le farà al posto nostro, ce le imporrà dall’esterno. Leggiamo e rileggiamo, dunque, la nostra Costituzione. Pensiamola e condividiamola, senza retorica e conservatorismi sterili, ma con la responsabilità di proiettarla verso quei nuovi orizzonti che la globalizzazione ci propone. Una rilettura condivisa dei princìpi e dei valori costituzionali è, infatti, la sola via per guidarci nel processo di discontinuità in atto nella società italiana. Allo stesso tempo, è il solo modo per creare le condizioni utili a promuovere una ricucitura tra “Paese” e “Sistema”, cioè tra le due realtà delle quali le discontinuità epocali hanno rotto l’equilibrio, aprendo uno scenario di pericolosa involuzione politico-istituzionale, economica, sociale, culturale. (Aforisma 32, 2018)».

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