L’evoluzione che sta prendendo l’era digitale avviata solo qualche decennio fa sta avendo una piega inattesa, caratterizzata dall’affermarsi di quello che viene definito “il capitalismo di sorveglianza”, un sistema sempre più invasivo della vita delle persone promosso dall’azione convergente delle grandi imprese digitali e delle Amministrazioni pubbliche degli Stati. La raccomandazione di operare con urgenza per correggere l’affermarsi di questo sistema, nel quale i tanti benefici dell’era digitale si accompagnano a elementi fortemente negativi, è contenuta in un importante documento – il “Memorandum di Ugra” – che è stato approvato dai partecipanti alla III Conferenza internazionale interdisciplinare sullo stato dell’informazione e della comunicazione nell’era digitale, promossa dall’Unesco, nell’ambito del XIII Forum sulle Tecnologie dell’Informazione IT e del Programma per l’Informazione per Tutti IFAP, svolta in forma ibrida lo scorso giugno 2021 a Khanty-Mansiysk (Ugra – Russia).
In evidenza gli aspetti socio-culturali ed etici dell’impatto delle tecnologie digitali
Il focus della Conferenza, alla quale hanno partecipato più di 150 esperti (tra cui il rappresentante dell’Eurispes) di 58 paesi è stato quello di valutare gli aspetti socio-culturali ed etici dell’impatto delle tecnologie digitali, in particolare dell’intelligenza artificiale, sugli individui e sulla società, il progressivo coinvolgimento delle persone in una connettività universale e il parallelo venir meno dei confini tra mondo reale e virtuale. In due giorni di intenso confronto, filosofi, sociologi, antropologi, psicologi, linguisti, economisti, informatici, operatori nel mondo dell’istruzione, dell’industria creativa, hanno messo in risalto gli aspetti più complessi e molteplici di quella che viene comunemente riconosciuta come la transizione verso un nuovo ordine mondiale con princìpi e norme di sviluppo economico e di relazioni sociali decisamente diverse da quelle tradizionali, un processo che il cittadino moderno ha difficoltà a comprendere nella sua evoluzione e nelle sue implicazioni.
Le piattaforme digitali si sono evolute in giganteschi monopoli digitali
Il punto chiave della riflessione riguarda il fatto che le piattaforme digitali sono state create inizialmente per raggiungere determinati obiettivi o risolvere importanti problemi legati, ad esempio, alla necessità di facilitare lo scambio delle informazioni, creare reti sociali, promuovere l’efficienza nelle attività commerciali; ma si sono poi evolute in “giganteschi monopoli digitali” che hanno inglobato in particolare tutto il mondo dell’industria e dei servizi. Secondo il Memorandum, le piattaforme digitali hanno consentito la organizzazione di interi ecosistemi digitali, nei quali operano dei colossi che «stanno inghiottendo le comunità del mondo fisico, si intromettono nei servizi governativi, rimodellano le attività economiche pubbliche e private, sconvolgono i tradizionali modelli di business e i sistemi di responsabilità sociale».
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Il “capitalismo di sorveglianza” di fatto contraddice i diritti e le libertà dei cittadini
Questo nuovo ecosistema costruito dalle imprese digitali si basa sulla raccolta e l’utilizzo permanente di dati personali, spesso ottenuta senza un preventivo consenso; una raccolta di dati che è diventata una fonte di profitti straordinari nonché, questo il punto da sottolineare, uno strumento di controllo e gestione degli orientamenti di pensiero e dei comportamenti degli individui e delle comunità. Siamo così arrivati a quello che gli esperti chiamati dall’Unesco hanno definito un “capitalismo di sorveglianza”, un sistema che è rimasto inosservato per molto tempo e che di fatto contraddice i diritti e le libertà dei cittadini, sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dalle costituzioni della maggior parte dei paesi del mondo. Un sistema, precisa il Memorandum Ugra, che pone nuovi vincoli allo stato psicologico e intellettuale e al benessere degli individui, punta alla “normalizzazione” della sorveglianza universale e ad un controllo nascosto sempre più pervasivo e rigido dei comportamenti umani.
Un’intrusione massiccia nella società civile e nella mente dei cittadini
«Internet e, in maniera sempre più ampia e pervasiva, le piattaforme digitali – continua il documento – si stanno trasformando sempre più in strumenti per un’invasione illecita, massiccia e illimitata nella mente dei cittadini, e quindi nel loro comportamento nella società civile, portando, in determinate circostanze, a vari tipi di discriminazione, tentativi di introdurre modifiche alle strutture di potere e alle politiche pubbliche a vantaggio di determinati soggetti interessati (…) Anche le piattaforme digitali e i social media stanno progressivamente compromettendo gli effetti positivi del libero scambio di informazioni attraverso potenti mezzi di ri-direzione del flusso e dell’accesso a dati e informazioni» rinchiudendo sempre più le persone in bolle informative che funzionano come dei filtro (“filter bubles”). E ancora: «la libertà di espressione e informazione sta cedendo il passo a un progressivo restringimento del discorso consentito nello spazio digitale, poiché queste piattaforme diventano il mezzo non tanto per comunicare, informare o educare, ma per stimolare e mobilitare il pubblico. Questa situazione esaspera l’atomizzazione della società e alimenta nuovi processi di isolamento, esclusione sociale e radicalizzazione, provocando discordia tra le persone, i gruppi sociali e persino tra gli Stati. Una massiccia diminuzione del livello di pensiero critico è accompagnata dall’emergere di ondate di epidemie informative (infodemia) su scala nazionale e globale».
Le proposte Unesco per arginare gli effetti del capitalismo di sorveglianza
Per correggere gli effetti negativi del “capitalismo di sorveglianza” il “Memorandum Ugra” dell’Unesco propone, come premessa, di diffondere al massimo la pratica di un approccio interdisciplinare e sistemico nella valutazione dei processi in corso della rivoluzione digitale e di promuovere con urgenza uno sforzo comune, tra operatori pubblici e privati, per la definizione di un Codice Etico Digitale Universale, come strumento per: a) definire i limiti della rivoluzione digitale, rispetto ai valori e ai principi di riferimento degli individui e delle comunità; b) indirizzare i processi di digitalizzazione in una direzione di reale ed equo progresso politico, economico, sociale e culturale dell’umanità; e c) operare come strumento fondamentale per lo sviluppo di sistemi normativi coerenti. Questa operazione fondamentale dovrà essere accompagnata, in parallelo, con iniziative specifiche come, ad esempio, la diffusione di programmi di studio nelle scuole finalizzati a far comprendere ai giovani gli aspetti ambivalenti della rivoluzione digitale; l’apertura di tavoli di confronto pubblico-privato sui sistemi di governance dei sistemi digitali, in modo da garantire la partecipazione attiva della società civile; un monitoraggio costante pubblico-privato sugli effetti “socio-umanitari” dei processi di digitalizzazione, anche con il sostegno e la garanzia di autorità pubbliche indipendenti di supervisione.
Le rivoluzione digitale non può essere valutata solo in termini di opportunità economiche
La rivoluzione digitale in atto non può essere valutata soltanto in termini di vantaggi ed opportunità economiche ma anche, contemporaneamente, per l’impatto socioculturale che sta avendo sulle persone. Siamo di fronte a cambiamenti radicali nei valori di riferimento e alla necessità di reinterpretare i diritti e le libertà: una sfida che richiede, in particolare alla comunità scientifica, di manifestare una precisa responsabilità sociale ed etica. È questo in sintesi il messaggio con cui è stato accompagnata l’approvazione del documento finale della conferenza da parte dei promotori dell’iniziativa: Dorothy Gordon, Presidente del Consiglio Intergovernativo dell’Unesco e responsabile del programma Informazione per Tutti (IFAP) e Evgeny Kuzmin, Presidente del Comitato russo del programma Ifap dell’Unesco e del Centro Ilcc.
*Marco Ricceri, Segretario generale dell’Eurispes.