Douce France, encore?

Cosa resta oggi della Francia cantata da Charles Trenet? Molto, ma anche molta paura, nei francesi, che la materna Republique stia cambiando pelle, e per sempre.

La nuova legge sul lavoro sta producendo uno sconquasso talmente forte e definitivo da far saltare qualsiasi ipotesi di accordo e/o di mediazione.

Aerei a terra, raffinerie bloccate, treni fermi, e ci si è messo pure il maltempo.

Hollande e Valls sanno bene che fra meno di un anno ci sono le elezioni presidenziali e che devono proseguire, buoni ultimi, al varo di riforme non più rinviabili.

La Francia,è bene ricordarlo,è oggi il paese più centralizzato d’Europa e restio e diffidente verso qualsiasi riforma strutturale.Il centro della questione è proprio trasformare una struttura statuale centralizzata in una aperta verso la periferia. La cosa spacca la sinistra e coinvolge tutti gli schieramenti dai giovani, ai due grandi sindacati CGT e Force Ouvrière, al PS con una trentina di deputati che fanno la fronda.

Nessuno può fare un accenno di marcia indietro, perché in Francia la parola flessibilità è praticamente sconosciuta.

Per la riforma del lavoro di Renzi tutto è stato più facile.

In Francia si è inflessibili anche nel modo di pensare e di esprimersi. Un glorioso e grande passato ha il suo peso in tutto questo. Forse noi italiani potremmo dare qualche buon consiglio ai nostri amatissimi vicini, avendo noi una flessibilità incorporata nel dna. Pure troppa.

La Francia sa benissimo che deve andare avanti e guardare al futuro.

Questa consapevolezza aiuterà un grande paese a non uscire dalla storia.

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