L’Europa affronta difficoltà crescenti, come il conflitto in Ucraina e le tensioni nel Mediterraneo, in un contesto che rende obsolete molte soluzioni del passato. È sempre più arduo trovare accordi tra i 27 Stati membri, soprattutto a causa della mancanza di risorse e di un’intesa politica sufficiente per affrontare sfide quali la transizione ecologica e digitale, l’indipendenza energetica, la guerra commerciale mossa principalmente dai due principali player mondiali (Cina e Stati Uniti), la politica di difesa comune, la lotta all’immigrazione irregolare, la difesa dell’Europa sociale. Anche la revisione dei trattati appare oggi irrealizzabile, mentre l’allargamento dell’Ue risulta complicato dai frequenti veti. In una situazione caratterizzata da crescenti squilibri geopolitici, sia a livello globale che a livello interno, e dall’assenza di una governance europea adeguata, l’Italia dovrebbe favorire il rafforzamento della cooperazione con altri Stati membri attraverso “coalizioni di Stati volenterosi” per portare avanti progetti comuni che non richiedano l’approvazione unanime degli Stati dell’Ue, come avviene nel settore della difesa con la cooperazione strutturata permanente in ambito militare (PESCO) o in quelli dell’energia e della digitalizzazione.
L’Italia dovrebbe favorire la cooperazione con Stati membri per portare avanti progetti che non richiedano l’approvazione unanime dell’Ue
Tuttavia queste intese, per quanto utili, non sono in grado di generare accordi in grado di attivare azioni collettive che hanno la stessa forza impositiva delle politiche comuni e, comunque, non incidono sulla governance complessiva dell’Ue. Accordi bilaterali o multilaterali in settori non di competenza esclusiva per l’Ue, come difesa, energia e Unione bancaria, potrebbero rappresentare una via d’uscita per promuovere l’integrazione su temi specifici, stimolando un progresso graduale e mirato. Per salvaguardare il progetto europeo, è necessario recuperare la visione dei padri fondatori, favorendo intese tra paesi disposti acollaborare su obiettivi condivisi, sempre nel rispetto dei principi e degli obiettivi dell’Ue per evitare conflitti con le norme europee. La politica industriale, ad esempio, in assenza di una visione strategica comune, potrebbe essere articolata in aree e sottosettori – ad esempio l’automotive, l’accesso alle materie prime non energetiche, l’industria dello spazio, l’industria farmaceutica, le tecnologie di cloud computing, lacybersicurezza – dove possono convergere interessi comuni. Rilanciare la capacità dei singoli Stati membri dell’Ue di raggiungere accordi autonomi di cooperazione in settori strategici per la difesa delle economie nazionali significa anche non arrendersi alla pressione di potenze egemoni come Cina e Stati Uniti, non accettare di restare isolati per l’incapacità di decidere unitariamente. Significa anche rendersi meno vulnerabili e difendere, seppure in un numero più ristretto di Stati, una identità e idealità europea a cui non abbiamo mai rinunciato.
*Umberto Triulzi, coordinatore Laboratorio Europa dell’Eurispes.