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Amore on demand: swipe, scegli e scarta nel mercato dei sentimenti  

di
Rosa Romano*

Un dito che scivola sullo schermo, un like che vale quanto uno sguardo, un catalogo infinito di potenziali partner. L’amore, oggi, ha cambiato forma. Non si costruisce: si seleziona. Non si attende: si scorre. Se un tempo l’incontro era frutto del caso o della prossimità, oggi basta un gesto – lo swipe – per decidere, in una frazione di secondo, chi merita attenzione e chi no.  

Sotto la patina di una libertà illimitata si cela una nuova grammatica affettiva: l’amore come esperienza on demand, mediata da algoritmi, guidata da criteri di compatibilità calcolata, accelerata da logiche che rimandano più al mercato che all’intimità.

Una precarietà affettiva determinata da troppa possibilità di scelta

Oggi tutto è accessibile, ma sempre più fuggevole. Anche l’amore sembra a portata di mano – onnipresente nei testi e nelle canzoni, nelle pubblicità, tra le stories – eppure sempre più difficile da trovare, ma ancora di più da tenere. L’aumento esponenziale delle possibilità non si traduce in relazioni più solide: al contrario, genera un senso diffuso di precarietà affettiva. L’accesso immediato svuota la profondità emotiva, la sostituibilità dell’altro ne erode la presenza, mentre le connessioni si moltiplicano senza radicarsi davvero. In questa apparente abbondanza, cresce il paradosso di una solitudine affollata, fatta di contatti ma non di legami. Cosa si è perso, allora, nel passaggio da un amore costruito nel tempo a uno scorribile con il pollice?

Ciò che è cambiato è proprio la struttura dell’amore stesso: da sentimento da coltivare a oggetto da consumare.

L’amore come consumo

Con l’avvento del capitalismo avanzato, anche l’amore ha smesso di essere un territorio separato dall’economia, finendo per assumere le logiche della razionalità strumentale: si calcola, si valuta, si ottimizza. Le relazioni affettive, fondate un tempo sull’imprevedibilità, diventano operazioni gestite come scelte di consumo. Nelle dinamiche dell’amore contemporaneo riecheggia la stessa logica che si sperimenta nella scelta di un film in streaming o di fronte a uno scaffale pieno di prodotti: ci si ritrova a confrontare opzioni, soppesare caratteristiche, rimandare la scelta. Non per scarsità di offerta, ma per eccesso.

Amore: il paradosso della troppa scelta

L’abbondanza, anziché facilitare, paralizza. È il paradosso della troppa scelta: più opzioni si accumulano, più il desiderio si frammenta e la decisione si svuota di senso. L’altro diventa una possibilità tra molte, un profilo da valutare, confrontare, scartare. In questo scenario, le aspettative romantiche entrano in conflitto con le logiche del consumo: un conflitto di valori che mina la fiducia e riduce la stabilità delle relazioni (Minina et al., 2022). Così, il desiderio resta sospeso, l’incontro sfuma, e la promessa dell’amore si dissolve nella compulsione alla ricerca.

L’amore come parte integrante dell’economia simbolica

Eva Illouz, tra le voci più acute su questo tema, descrive come le relazioni affettive siano oggi parte integrante dell’economia simbolica: si investe su un legame, si gestisce la propria emotività come un portfolio, si seleziona il partner come fosse un bene simbolico da valutare in termini di ritorno affettivo, estetico e sociale. L’altro non è più una presenza da scoprire, ma un asset relazionale da posizionare.

Swipe, scorri, dimentica: il meccanismo delle app di dating cambiano il concetto stesso di amore

Nel cuore della cultura del matching si annida una logica industriale della selezione affettiva. Le app di dating non si limitano a facilitare l’incontro: lo gestiscono, lo velocizzano, lo ottimizzano fino a renderlo un automatismo. Lo swipe – gesto meccanico e disimpegnato – diventa l’emblema un desiderio trasformato in operazione: un movimento laterale che seleziona, scarta, filtra. Ogni profilo è un contenuto da consumare, ogni notifica una promessa da inseguire. Come osserva Paché (2025), le app funzionano come sistemi logistici del desiderio: organizzano l’affettività in flussi gestibili, la frammentano in unità discrete da catalogare, confrontare, archiviare.

L’amore trasformato in un’esperienza da progettare

Non si tratta solo di interfacce o di funzionalità: le piattaforme modellano l’amore stesso come esperienza da progettare, esibire e monetizzare. Le emozioni, smaterializzate, si convertono in dati: ogni match è una microtransazione affettiva, ogni like un frammento di attenzione, ogni conversazione un indicatore di performance. È ciò che Illouz e Kotliar (2022) definiscono techno-emodities: sentimenti trasformati in oggetti scambiabili attraverso la mediazione digitale.

Un’interazione compulsiva guida la “nonscelta

Dal punto di vista neuropsicologico, il funzionamento delle app ricalca quello delle slot machine: lo swipe attiva il circuito della ricompensa, rilasciando dopamina a ogni match e rafforzando il comportamento. In una prima fase, le piattaforme offrono abbinamenti frequenti e gratificanti per fidelizzare l’utente; successivamente, rallentano l’erogazione dei match mantenendo viva nell’utente l’aspettativa del piacere iniziale (Thomas et al., 2023). Il sistema privilegia feedback positivi o neutralità, eliminando la possibilità di un rifiuto esplicito. Il risultato è un’interazione compulsiva, governata da meccanismi di rinforzo che agiscono ben oltre la volontà consapevole.

Non è tanto il tempo trascorso sulle app a generare dipendenza, quanto la natura stessa dell’interazione: la navigazione dei profili è l’attività più strettamente connessa all’uso problematico, con un effetto diretto sull’eccesso di engagement e sull’evitamento dell’incontro reale (Thomas et al., 2023). Anche quando l’incontro sembra possibile, l’utente preferisce continuare a cercare tra le centinaia di opzioni, perdendosi in un consumo affettivo che resta confinato all’esperienza digitale.

La logica di mercato si intensifica attraverso il principio della massimizzazione: anche davanti a una persona “sufficientemente adatta”, si prosegue nella ricerca, guidati dall’illusione che altrove ci sia qualcosa di meglio. L’incontro viene posticipato, il desiderio diluito, l’intimità sostituita da una tensione continua all’ottimizzazione. 

Il contesto italiano: tra diffusione e disincanto

In Italia, le app di dating sono ormai parte del paesaggio affettivo digitale, ma la loro presenza non coincide con un entusiasmo diffuso. Al contrario, cresce una disillusione silenziosa, fatta di esperienze frammentarie, contatti effimeri, aspettative disattese. Tra i più giovani, il coinvolgimento è tutt’altro che universale: secondo l’Osservatorio San Valentino di Skuola.net, che ha coinvolto 2.500 ragazzi tra i 14 e i 25 anni, quasi nove su dieci non hanno mai usato un’app di incontri, e solo il 3% delle relazioni attuali è nato online. L’amore, per molti, nasce ancora tra i banchi, nei luoghi di socializzazione o nel passaparola tra amici.

Tra chi le utilizza, l’esperienza è spesso marginale. Un’indagine di ACMakers per Altroconsumo su 1.020 partecipanti evidenzia che solo 469 dichiarano di aver usato app di dating, e tra questi, oltre la metà lo fa per meno di 10 minuti al giorno. L’incidenza maggiore si concentra nella fascia 26-35 anni, mentre il coinvolgimento cala drasticamente tra gli over 45. Un’indagine dell’Eurispes (2025) realizzata su un campione di soli uomini ha evidenziato che le piattaforme online per incontri sono utilizzate nel 33,7% dei casi. L’uso di app di incontri risulta molto diffuso tra i giovani: le frequenta il 51,8% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni.

Per molti, l’interazione si risolve in pochi minuti di scorrimento distratto: un gesto meccanico che alimenta l’attesa, ma raramente conduce a un incontro reale. Alla base di questo disincanto si trova una percezione diffusa di inefficacia e superficialità. Un giovane su due considera le app poco utili per trovare l’amore, e quasi uno su tre le ritiene pericolose. Le ragazze, in particolare, affrontano un doppio stigma: sociale e di genere. 

Incontri a pagamento 

Il mercato resta vivace e frammentato: Tinder, Badoo, Meetic, Bumble, Hinge, Lovoo, Happn – ciascuna con le sue sfumature – promettono esperienze differenti, dal flirt occasionale alla costruzione di relazioni durature. Ma dietro la varietà si cela un meccanismo comune: il modello freemium. L’accesso è gratuito, ma l’incontro reale si paga. Il desiderio si monetizza, l’interazione si ottimizza, la connessione diventa una prestazione a pagamento. L’utente, nel tentativo di ampliare le opportunità, si moltiplica a sua volta: si iscrive a più piattaforme, alterna identità, esplora opzioni, ma raramente incontra.

Dall’amore all’esaurimento emotivo

Ciò che si moltiplica, in effetti, non sono i legami, ma le micro-delusioni. Si avverte una stanchezza relazionale sempre più diffusa: l’esperienza dell’incontro si traduce spesso in un’esposizione ripetuta a conversazioni interrotte, profili costruiti per piacere più che per comunicare, illusioni che evaporano prima ancora di prendere forma. Soprattutto tra i più giovani, si diffonde una forma silenziosa di esaurimento emotivo: si investe, si spera, si scorre ma sempre più spesso senza riscontro, senza radicamento. E il desiderio, anziché accendersi, si consuma.

Addio all’imprevisto: l’amore viene codificato nel tentativo di ottimizzare lincontro

In questo scenario, la tecnologia non si limita solo a facilitare l’incontro, lo ricodifica. Trasforma il desiderio in prestazione, l’intimità in consumo, la vulnerabilità in un difetto da nascondere. L’algoritmo non contempla l’errore, l’attesa, il rischio: seleziona per affinità, filtra per convenienza, ottimizza per efficienza. Ma l’amore, per esistere, ha bisogno proprio di ciò che il sistema cerca di eliminare: l’imprevisto, la frizione, l’esposizione.

La tecnologia non è il nemico, ma un filtro potente che ridefinisce ciò che consideriamo desiderabile o accettabile. E così, nell’illusione di poter avere tutto, si finisce per non scegliere nessuno. Perché l’amore è un salto nel vuoto, un’esposizione senza garanzie, un’interruzione del calcolo. Forse, allora, il vero cambiamento non sta nel moltiplicare le possibilità, ma nel sottrarsi alla logica dell’efficienza emotiva. Swipe dopo swipe, magari basterebbe fermarsi, rischiare, avere coraggio.

*Rosa Romano, Ricercatrice dell’Eurispes – PhD Student Marketing Sapienza Università di Roma.

 

Fonti

Altroconsumo (2025). App di incontri: il test sulle 8 più utilizzate e consigli per l’uso. Recuperato da: https://www.altroconsumo.it/hi-tech/smartphone/speciali/app-di-dating

Illouz, E. (1997). Front Matter. In Consuming the Romantic Utopia: Love and the Cultural Contradictions of Capitalism (1st ed., pp. i–viii). University of California Press. https://doi.org/10.2307/jj.2711559.1

Illouz, E., & Kotliar, D. M. (2022). Capitalist Subjectivity, Tinder, and the Emotionalization of the Web. In R. Belk & R. Llamas, The Routledge Handbook of Digital Consumption (2a ed., pp. 229–240). Routledge. https://doi.org/10.4324/9781003317524-22

Minina, A., Masè, S., & Smith, J. (2022). Commodifying love: Value conflict in online dating. Journal of Marketing Management, 38(1–2), 98–126. https://doi.org/10.1080/0267257X.2022.2033815

Pachè, G. (2025). Dating apps: A “logistics of desire”. Journal of Science for Policy Implications, 13, 1-8.

Skuola.net (2025). La Gen Z molla le app di dating: 9 su 10 trovano l’amore di persona. Recuperato da: https://www.skuola.net/school-love/genz-molla-app-dating-9-su-10-amore-di-persona.html.

 Thomas, M. F., Binder, A., Stevic, A., & Matthes, J. (2023). 99 + matches but a spark ain’t one: Adverse psychological effects of excessive swiping on dating apps. Telematics and Informatics, 78, 101949. https://doi.org/10.1016/j.tele.2023.101949

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