Nel 2030, come è noto, la Cina supererà la prima economia mondiale. Accentuerà la sua spinta verso una economia di mercato trainata dai consumi interni soprattutto grazie alla forte crescita della sua classe media, che raggiungerà oltre 700 milioni di persone entro il 2028. Nel 2030 si stima che la Cina supererà gli Stati Uniti per il valore del commercio al dettaglio con una previsione di oltre 12mila miliardi di dollari, laddove la classe media è molto attratta dal consumo di prodotti stranieri. Fra l’altro, è un mondo molto “digitale” e oltre 800 milioni di Cinesi usano abitualmente internet.
La classe media cinese raggiungerà gli oltre 700 milioni di persone entro il 2028
In questo quadro il governo cinese ha annunciato un grande piano di investimenti strutturali in nuove tecnologie con particolare sostegno allo sviluppo delle medie e piccole province e città. I settori di più immediato interesse per le potenzialità delle aziende italiane sono nel campo della protezione ambientale e soprattutto della transizione energetica. In particolare, per lo sfruttamento del gas nei pozzi in esaurimento o esauriti, per la produzione di gas industriali, per gli impianti di riscaldamento e raffreddamento, per il riciclo ed il recupero degli olii industriali, nelle tecnologie dei rifiuti e in pratica in tutto quanto attiene a quello che oggi viene definita economia circolare. C’è anche molto spazio nel settore delle costruzioni, vista la tendenza della Cina al “recupero” degli edifici e alla loro efficienza energetica. Si pensi ai nuovi materiali isolanti e all’utilizzo di materiali innovativi nei settori industriali emergenti. La Cina è diventato il paese con il maggior volume di trasporto ferroviario, con un sistema ferroviario che migliora costantemente. Mi riferisco ai progressi nel settore dell’Alta velocità. Su tutte le tecnologie in questo ambito l’Italia è competitiva, e lo ha già dimostro in Cina, attraverso una buona presenza di medie aziende ad alta tecnologia nel campo dei sistemi di segnalazione e sicurezza.
Il perno dell’export italiano resta l’industria meccanica, mentre il food e il mondo del fashion non coprono più del 15% delle esportazioni
Dopo l’uscita dell’Italia dalla BRI (ovvero la cosiddetta Via della Seta), l’accordo di cui il nostro Paese non aveva purtroppo saputo sfruttare le grandi opportunità, la collaborazione è stata rilanciata con la riattivazione del cosiddetto Partenariato Strategico Bilaterale che dovrebbe essere concentrato, in particolare, sulle nuove tecnologie, sull’automazione, sull’aerospazio, sull’innovazione abitativa, nel mondo dell’urbanizzazione e nel settore dell’ambiente. Il perno dell’export italiano resta ancora l’industria meccanica, mentre il food e il mondo del fashion non coprono più del 15% del totale delle nostre esportazioni. Purtroppo non siamo riusciti a sviluppare le enormi potenzialità, anche geografiche, dei nostri porti e la scelta del porto del Pireo da parte cinese rappresenta tutt’ora una importante occasione persa da parte del nostro Sistema Portuale. L’Italia è entrata ufficialmente fin dal 2016 nella Asian Infrastructure Investment Bank ma non ha ancora sfruttato al meglio questa opportunità, benché abbia sottoscritto con circa 2,57 miliardi di dollari il 2,66% del capitale con lo status di membro fondatore.
La Banca Centrale di Pechino è presente nel capitale di Leonardo, Enel, Eni
Inoltre, seppure con le difficoltà nei rapporti politici degli ultimi anni, la Cina continua ad avere la necessità dei Mercati europei, malgrado gli importanti accordi che hanno stipulato in Asia e in Africa. Del resto la Cina continua ad essere ben presente nel nostro sistema Pubblico, Industriale e Finanziario. La Banca Centrale di Pechino è presente nel capitale di Leonardo (ex Finmeccanica), nel capitale di Enel, di Eni. La State Grid of China possiede il 35% di CDP Reti che controlla Terna, Snam e Italgas, cioè i gestori delle reti elettriche e gas italiani con propri rappresentanti nei Consigli di Amministrazione. Questi sono solo alcuni esempi delle presenza di capitale cinese in aziende pubbliche ma ovviamente c’è ben altro (come Pirelli o Autostrade SpA). Ciò dimostra quanto i rapporti siano ormai strutturali tra Cina e Italia, e per questo rivestono particolare importanza i recenti viaggi del Presidente Meloni e del Presidente Mattarella. Si spera che questo porti ad un progressivo riequilibrio della presenza industriale italiana e dei nostri reciproci interscambi.
Le esportazioni cinesi verso l’Italia superano i 60 miliardi di euro ma le esportazioni italiane in Cina sono intorno ai 20 miliardi
Le esportazioni cinesi verso l’Italia superano i 60 miliardi di euro ma le esportazioni italiane in Cina sono intorno ai 20 miliardi. In questo quadro è di particolare importanza per le nostre aziende il prosieguo del dialogo bilaterale delle nostre Autorità per la tutela della proprietà intellettuale, con particolare attenzione alle esigenze delle nostre piccole e medie imprese. Il rischio di violazione della proprietà intellettuale in materia di marchi, la paura della contraffazione sono ancora dei freni per le nostre imprese e in cosiddetto “Italian Sounding” è tutt’ora molto diffuso. Certamente questo periodo di forte instabilità politica con l’Occidente non aiuta a rafforzare l’intraprendenza dei nostri potenziali investitori, ma occorre avere il coraggio di guardare oltre l’immediato e cogliere tutte le opportunità di collaborazione.
*Luca Danese, Coordinatore Osservatorio Infrastrutture, Trasporti e Logistica dell’Eurispes.
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