Secondo il World Urbanization Prospect 2018 entro il 2050 oltre 2,5 miliardi di persone potrebbero migrare dalle aree rurali e marginali del Pianeta verso le grandi città, andandosi ad aggiungere ai già 4 miliardi di individui. In America Meridionale e Settentrionale oltre l’80% degli abitanti vive in città, in Europa il 74,5%. In particolare, a destare grande interesse è l’Asia Orientale, che presenta il tasso di crescita più elevato, con una migrazione di oltre 200 milioni di persone verso le aree urbane tra il 2000 e il 2010. Entro il 2050 le città indiane, cinesi e nigeriane vedranno un incremento demografico pari a circa il 35% di quanto si verificherà in tutto il globo. Il National Bureau of Statistics of China, ha registrato nel 2019 un tasso di urbanizzazione del 60,6%, ossia 848 milioni di persone (circa 17 milioni in più rispetto al 2018).
L’urbanizzazione contemporanea: le città oltre i confini
Le connotazioni delle città contemporanee sfuggono a criteri analitici. I mutamenti emersi nelle città con l’affermarsi del post-fordismo hanno una natura multidimensionale e complessa: a essi concorrono l’intensificazione e la ramificazione dei flussi materiali (pendolarismo, migrazioni, mobilità delle merci, ecc.) e immateriali (comunicazioni, informazioni, ecc.), l’estensione e l’ispessimento della copertura antropica del suolo, la densificazione delle relazioni economiche e sociali. Le città contribuiscono in maniera significativa al riscaldamento globale, dal momento che le attività che vi si svolgono costituiscono circa il 70% delle emissioni globali di gas serra legate all’energia, ai rifiuti e agli sprechi alimentari.
Pandemia: una questione urbana
La pandemia ha aggravato le condizioni già precarie delle popolazioni che vivono in aree urbane marginali, le periferie e gli insediamenti come gli slum, ponendo al contempo diversi interrogativi su quale sarà la forma urbana nel futuro prossimo e come muterà lo stile di vita urbano. D’altronde, gli effetti della pandemia sono una questione innanzitutto urbana. Più del 90% dei casi di Coronavirus si sono concentrati nelle principali città: Wuhan, Milano, Madrid, New York tra le principali e le più esposte (World City Report, 2020). Occorre considerare che così come nelle città si concentra circa l’80% del Pil globale, esse costituiranno anche i territori ove più impattante sarà la recessione economica conseguente alla pandemia e alle restrizioni resesi necessarie. Si stima una contrazione delle risorse finanziarie in dotazione alle Amministrazioni locali tra il 15% e il 25%, con perdite maggiori nelle aree metropolitane.
Dalle città alle nuove frontiere della polarizzazione Nord-Sud
La frattura territoriale da sempre esistente fra Nord e Sud Italia è tornata paradossalmente a ricucirsi con la pandemia: i dati mostrano come la ripartizione dove la povertà assoluta è cresciuta maggiormente è il Nord del Paese (dal 5,8% del 2019 al 7,6% del 2020) ma è il Mezzogiorno che continua ad essere l’area dove la povertà assoluta è più elevata, interessando il 9,3% delle famiglie contro il 5,5% del Centro (Istat, 2020). Complessivamente, nelle stime preliminari relative al 2020, la povertà assoluta raggiunge i valori più elevati dal 2005. Le condizioni di disagio economico sono direttamente proporzionali anche ai deficit infrastrutturali e di investimenti nel settore dei trasporti. Buoni livelli di accessibilità sono una delle componenti necessarie per il miglioramento della qualità della vita, consentendo un ottimale svolgimento delle attività economiche e sociali, un funzionamento efficiente delle filiere produttive e delle supply chain. I dati Istat relativi alla soddisfazione degli utenti di autobus, filobus e tram indicano una forte polarizzazione geografica tra Nord, Sud e Isole. Il 30% in meno rispetto agli utenti residenti nel Nord si dice soddisfatto dei mezzi di trasporto pubblico nelle regioni del Mezzogiorno.
Riconfigurare la territorialità per sostenere la ripresa del Mezzogiorno
Alla luce dei dati, è ancora più evidente che la ripresa post pandemica potrebbe acuire gli esistenti squilibri geografici. La ripresa post Covid-19 non può che partire da politiche bottom-up che tengano conto delle particolarità e peculiarità geografiche, dalle quali partire per approntare modelli di sviluppo che permettano di cogliere anche nuove opportunità, soprattutto alla luce di una nuova centralità del Mediterraneo sulla scorta del compimento dell’ambizioso progetto euro-asiatico per la realizzazione della “Nuova via della Seta”. Ripartire dai territori rappresenta un’opportunità per superare la storica dicotomia Nord-Sud.